Gramsci, un brand di lusso

 Correva l’estate 2004 e una polemica rovente alimentava la calura torinese. A pochi passi dalla Mole e dal Carignano, in piazza Carlo Emanuele II, conosciuta da tutti come «Carlina», un palazzo storico e malmesso, destinato all’edilizia popolare, sarebbe stato – una volta sfrattati gli inquilini – «convertito» in albergo di lusso provvisto di ogni comfort.

 Correva l’estate 2004 e una polemica rovente alimentava la calura torinese. A pochi passi dalla Mole e dal Carignano, in piazza Carlo Emanuele II, conosciuta da tutti come «Carlina», un palazzo storico e malmesso, destinato all’edilizia popolare, sarebbe stato – una volta sfrattati gli inquilini – «convertito» in albergo di lusso provvisto di ogni comfort. Niente, purtroppo, di così strano se non fosse che in quella casa aveva vissuto, dal 1914 al 1922, il giovane Antonio Gramsci, alloggiato presso la vedova Berra, madre dell’amico Camillo, in via San Massimo 14, con ingresso dal civico 5 (oggi 15) di piazza Carlina. E scoppiò la miccia tra fronti contrapposti della prima giunta Chiamparino: da una parte Pdci e Prc, dall’altra il resto della compagine. Toni forti e lacerazioni. «Giunta colta dal male della pietra» stigmatizzò lo storico Angelo D’Orsi, ricordando che in quel palazzo vissero, oltre all’autore dei «Quaderni del carcere», pure Angelo Tasca e i genitori di Gobetti.
Corre, ora, l’autunno 2011 e, spenti i fuochi della polemica, il cantiere, dopo continui rinvii e altre liti, è aperto da sei mesi. Da pochi giorni le impalcature sono state addobbate con il volto e le frasi del grande intellettuale comunista, che da oggetto di contesa si è trasformato in «brand». Certo, meglio di uno spot a un cellulare performante o a un arrogante suv, ma forse si adombra un po’ di indulgenza mediatica. L’archigrafia è stata inaugurata il 24 ottobre dal sindaco Piero Fassino. La lunga «scenografia» di 46 metri ideata dalla Fondazione Istituto piemontese Gramsci, racconta alcuni momenti legati alla presenza del politico sardo a Torino, dalla formazione del suo pensiero all’eredità lasciata alle generazioni future. Rivestono i teli esterni alcune sue frasi: «Il mondo è grande terribile e complicato» (Avanti!, 1918); «Istruitevi! Avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza» (L’Ordine Nuovo, 1919). E spiccano i volti dei suoi interlocutori: Einaudi, Verga, Gobetti, Pirandello, Croce, Salvemini e Tasca. «Non sarà solo un’opera meramente commemorativa ma vuol diventare – spiega la Fondazione – l’occasione per un discorso ampio sulla cultura italiana, i suoi protagonisti e i suoi luoghi. E soprattutto sul suo valore per il presente e il futuro della città e dell’Italia». Nascerà anche un’area espositiva multimediale.
Prima di Gramsci, il palazzo aveva già una storia antica. Fu costruito nel ‘600 come «Albergo di virtù» per gli orfani, poi, nel ‘900, diventò casa per affitti della comunità ebraica torinese (Gramsci aveva abitato qui – come recita la targa posta sui muri – negli anni delle lotte operaie «contro l’incombente reazione, forgiando il partito comunista, guida decisiva per la libertà e il socialismo»). Poi, l’edificio fu destinato all’Atc (Agenzia Territoriale per la Casa). Nel 2001 il Consiglio comunale di Torino aveva presentato una mozione con la quale si indicava che la destinazione d’uso dell’ immobile dovesse restare edilizia residenziale pubblica. Poco dopo, arrivò l’allettante proposta degli scandinavi Radisson e l’amministrazione Chiamparino cambiò idea. Agli svedesi subentrarono successivamente nel 2006 gli italiani De Giuli e gli spagnoli di Nh, vincitori dell’asta con un rilancio di soli centomila euro, rispetto alla base di 7,14 milioni. Il futuro di Casa Gramsci è un quattro stelle «superior».

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