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E nel vertice nella baita i falchi del movimento scelgono la linea morbida

Cambia la strategia: no allo scontro frontale, meglio temporeggiare.  “Oggi abbiamo scontentato tutti quelli che gufavano e volevano le botte” 

Cambia la strategia: no allo scontro frontale, meglio temporeggiare.  “Oggi abbiamo scontentato tutti quelli che gufavano e volevano le botte” 

CHIOMONTE – Un capannello nel bosco, a lato della baita del movimento, nel cuore della zona rossa, a un centinaio di metri dalle reti del cantiere. Alla discussione partecipano i capi del comitati No tav e i leader dei centri sociali. Sono le 14,30. È quel capannello, il quarto d´ora di riunione di quelle dieci persone, che decide la sorte della giornata. Al bivio tra attaccare i cordoni di polizia, scatenando una caccia all´uomo tra i boschi, e tornare indietro per ripresentarsi al cantiere tra quindici giorni, i leader scelgono la seconda strada. Prevale la strategia di Quinto Fabio Massimo, il condottiero romano che punzecchiava il nemico sfiancandolo poco per volta. La strategia dei temporeggiatori. Così poco prima delle 15 Alberto Perino, portavoce dei No Tav, grida nel megafono: «Abbiamo raggiunto i nostri obiettivi. Possiamo dirci soddisfatti. Torneremo. Abbiamo scontentato tutti quelli che gufavano, che volevano le botte. La partita continua, è lunga ma la vinceremo». L´assemblea applaude e lentamente rifluisce sui sentieri verso Giaglione, tre chilometri più a monte, dove tutto era cominciato alle 10 del mattino.
Dunque, si può. Si può organizzare una manifestazione contro il supertreno senza prendere a sassate chi lavora nel cantiere e la polizia che lo protegge. Si può fare un corteo contro un progetto che si contesta senza scatenare la guerriglia sotto i viadotti autostradali com´è accaduto il 3 luglio scorso. «Abbiamo scontentato tutti quelli che gufavano e che volevano le botte», dice il leader dei No Tav. Ma da ieri la domanda è: perché quelli che prevedevano le botte non sono stati scontentati quest´estate, quando settimanalmente il cantiere veniva attaccato e scoppiavano tafferugli nei boschi? La giornata dimostra che il movimento sa essere pacifico quando decide di diventarlo. Ieri, insomma, serviva essere pacifici. La faccia cattiva avrebbe solo complicato le cose. Ma può sempre essere rispolverata, se necessario.
Già alle 11 si capisce che la giornata potrebbe andare liscia. Perché improvvisamente, tre curve di strada sterrata oltre l´ultima frazione di Giaglione, compare a sbarrare il passo una rete metallica che sabato sera non c´era. Una rete spuntata nella notte, come un fungo, messa a tre chilometri di sentiero dalle reti vere, quelle che circondano il cantiere. Una rete che sembra piazzata lì apposta per essere tagliata. Quando ci arriva il corteo, il muro di fotografi e telecamere è già pronto: il set è perfetto. La folla si apre per lasciare spazio a un´anziana valsusina che con le pinze attacca il fil di ferro. Tutti gridano «giù le mani dalla Valsusa», le telecamere della Digos riprendono i manifestanti, i manifestanti riprendono la Digos. Ognuno, in serata, guarderà i suoi filmati. La rete cede presto. Una parte consistente del corteo prosegue nei boschi. Arriveranno in tremila alla baita lungo il torrente Clarea, a ridosso delle reti vere, che trascorreranno indenni la giornata.
«Abbiamo raggiunto i nostri obiettivi», dice Perino. E si capisce perché ascoltando i commenti della folla che partecipa all´assemblea. Una nuova giornata di scontri, dopo quel che è accaduto a Roma, avrebbe finito per alienare molte simpatie al movimento. Aggravando la posizione di chi è rimasto coinvolto negli scontri di luglio intorno al cantiere di Chiomonte. Inoltre decidere di prendere tempo significa impegnare a fondo le forze di polizia con un considerevole aumento dei costi. «La Tav non conviene, non ci sono i soldi», è scritto su un cartello appoggiato alla baita. In tempi di crisi economica la speranza del movimento è che lo Stato si stufi di pagare il kerosene che sta consumando dalla mattina l´elicottero piazzato sulla verticale del viadotto autostradale a filmare un corteo che saluta di tanto in tanto con grida di scherno. Così l´assemblea sceglie la strategia di lungo periodo, temporeggiare per poter tornare nelle prossime settimane. Per far aumentare i costi dell´apparato di sicurezza. Ma anche il gioco lungo ha una controindicazione: «Dobbiamo farle in fretta queste manifestazioni», dice a sera un ragazzo dei centri sociali sulla strada del ritorno verso Giaglione. Perché ieri, per gran parte della giornata, l´autostrada per Bardonecchia è stata chiusa. Ma da dicembre, quando comincerà la stagione dello sci, le località dell´alta valle non accetteranno mai di chiudere gli impianti in nome della causa No Tav. Il generale inverno, in questo caso, giocherà contro il movimento.

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