Il 26 ottobre nelle librerie l’autobiografia del grande musicista indiano. Ecco l’introduzione dell’ex chitarrista dei “Fab Four”: mi insegnò a suonare. “Senza Ravi sarei diventato un vecchio scemo e noioso. La mia esistenza è stata arricchita dalla cultura indiana”. “È sempre stato una guida e una figura paterna, ma allo stesso tempo io penso a lui come un semplice amico, con cui scherzare”
Il 26 ottobre nelle librerie l’autobiografia del grande musicista indiano. Ecco l’introduzione dell’ex chitarrista dei “Fab Four”: mi insegnò a suonare. “Senza Ravi sarei diventato un vecchio scemo e noioso. La mia esistenza è stata arricchita dalla cultura indiana”. “È sempre stato una guida e una figura paterna, ma allo stesso tempo io penso a lui come un semplice amico, con cui scherzare”
Quando incontrai Ravi per la prima volta, notai in lui una qualità a cui ho sempre aspirato. Non ho mai studiato a fondo il mio strumento, non come lui. A dire il vero, non ho mai incontrato nessuno, perlomeno in Occidente, con simili abilità musicali.
Ravi è diventato il ponte fra la mia parte occidentale e quella orientale. Ho sempre pensato a me stesso come a una sorta di quadro elettrico, in cui si connettono idee e persone diverse fra loro. Ravi è stato speciale per me, perché senza di lui non sarei riuscito a entrare così facilmente nell´esperienza indiana. Con lui accanto, ho potuto sperimentare il meglio dell´India, servito su un piatto d´argento. Di recente ho dichiarato in un´intervista che senza Ravi sarei diventato un vecchio scemo e noioso. Alcuni magari pensano lo stesso che io sia un vecchio scemo e noioso, ma almeno la mia esistenza è stata arricchita e resa più profonda dalla conoscenza della millenaria cultura indiana. Ravi è stato la mia porta per quella cultura.
Un´altra cosa che mi è sempre piaciuta di Ravi, fin dal nostro primo incontro, è che pur essendo un grande musicista classico, sapeva divertirsi. Aveva gli occhi aperti sul mondo, sapeva sempre quali film davano in giro, o i libri e le commedie che erano appena usciti. Non mancava mai di coinvolgere chi gli stava intorno. Persino durante un viaggio in macchina, Ravi improvvisava una melodia e la faceva cantare a tutti, oppure ci insegnava una vecchia canzone, o una particolare divisione ritmica che poi ci mostrava come contare. Con Ravi succede sempre qualcosa di interessante, e non mancano mai le risate e la gioia. La musica indiana ha un lato molto serio, ma anche uno più leggero, quasi scherzoso. Ravi è capace di mostrare tutto ciò attraverso la mimica, che ha imparato danzando, e le incredibili espressioni del viso. È sempre stato un guru e una figura paterna, ma allo stesso tempo io penso a lui come un semplice amico, perché tra di noi abbiamo sempre scherzato tutto il tempo. A volte sono io a essere un padre per lui. Altre volte sembra proprio un bambino.
A dispetto della sua curiosità per il mondo, e anche di tutti i problemi materiali che ha avuto, rimane in un certo senso un sannyasi. Ha sempre mantenuto un certo distacco dalle situazioni. Non se la prende mai troppo per un problema. Parlategli di musica, e tutto si risolve. Ravi ha gettato le basi che hanno poi permesso ad altri musicisti indiani di esibirsi in tutto il mondo. Oggi la musica indiana è diffusa e accolta ovunque. Ma non è da tutti rinchiudersi per sette anni, diciotto ore al giorno, a studiare uno strumento sconosciuto in quasi tutto il pianeta, e di cui fuori dall´India c´era ben poca richiesta, per poi spendere il resto della propria vita a cercare di diffonderlo fra la gente.
La musica è la sua vita. Quanti anni di questa vita ha trascorso a studiare e suonare! Lui è la musica, e la musica è lui. Dopo aver suonato in tutto il mondo per più di cinquant´anni, è difficile smettere. La musica lo fa andare avanti. E lui continuerà per la sua strada, ne sono sicuro. Nel 1994 stavamo pensando a qualcosa di speciale per il settantacinquesimo compleanno di Ravi. Chiesi a Brian se gli andava di pubblicare un libro, e mi disse di sì. Anche Ravi fu entusiasta dell´idea, così siamo partiti. Alla fine ci sono voluti più di due anni, ma per me è sempre un bene avere Ravi, la sua musica e i suoi libri, nella mia vita.
Una volta lo stavo accompagnando in macchina a Londra e misi su una cassetta. In quel momento non potei fare a meno di pensare, “Questa musica gli deve sembrare proprio strana”. Mi chiese, “Chi è?” e io risposi, “Oh, si chiama Cab Calloway, non credo che tu lo conosca”. “Come no – fece lui – l´ho visto al Cotton Club nel 1933!”. Sapevo già molto della sua vita: che suo padre era un avvocato, che Ravi era cresciuto a Parigi insieme a suo fratello Uday, che aveva viaggiato in America. Ma ero ancora all´oscuro di tanti dettagli che sono raccontati in questo libro. Una storia strabiliante: Ravi ha avuto – e ha ancora oggi – una vita incredibile.
(Estratto tratto da “Ravi Shankar. Raga Mala. La mia vita, la mia musica” di Ravi Shankar, per gentile concessione di Arcana edizioni).
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