“Ma adesso la verità  può emergere da quella sera il mondo è cambiato”

Il giudice Rosario Priore racconta la lunga stagione di omertà  e depistaggi

“Il sottosegretario del Pdl parla di ordigno, magari libico: lo fa a nome dell’esecutivo?”

Il giudice Rosario Priore racconta la lunga stagione di omertà  e depistaggi

“Il sottosegretario del Pdl parla di ordigno, magari libico: lo fa a nome dell’esecutivo?” ROMA – «È assurdo, grottesco. Mi sembra una palese contraddizione». Scuote la testa il giudice Rosario Priore, da 30 anni in prima linea sui casi più scottanti di terrorismo internazionale, mentre si affanna alla ricerca di un taxi. Deve correre in Vaticano. Lo aspetta una cerimonia importante, il ricordo di una persona scomparsa. Questa polemica sulle cause dell´abbattimento del Dc9 dell´Itavia il 27 giugno del 1980 con 81 persone a bordo, su cui ha indagato per oltre dieci anni, non riesce proprio a capirla. Ed è disponibile a parlarne. Si ferma un attimo e riflette: «Ma come si fa a sostenere che l´aereo è esploso a causa di una bomba piazzata nella toilette interna, magari dai libici, e poi appoggiare la richiesta di rogatoria avanzata dai pm romani alla Francia e agli Usa, nella quale si chiedono notizie sul movimento dei loro aerei la notte della tragedia?».

Il sottosegretario Carlo Giovanardi dice di parlare a nome del governo. «La gravità è proprio questa. Vuol dire che l´esecutivo, oggi in ottimi rapporti con Tripoli, sostiene la stessa tesi. I francesi resteranno quanto meno interdetti».
Perché questa volta – la prima dal 1980 – c´è la disponibilità della Francia a chiarire un dettaglio fondamentale sulle cause della strage di Ustica. Si può “piazzare una bandierina” sul missile che ha centrato il velivolo dell´Itavia in volo da Bologna a Palermo. Questione di volontà politica. Tre anni fa l´ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga ha aperto un importante squarcio sul velo di omissioni e di silenzi che circondano tutta la vicenda. Ha detto che ad abbattere il Dc9 fu un missile. È stato anche più preciso. Ha parlato di missile, “a risonanza non ad impatto”, lanciato da un aereo della marina militare francese.
«Se lo dice un uomo politico come Cossiga che all´epoca dei fatti era presidente del Consiglio», ragiona Priore, «significa che ha tutti gli elementi di conoscenza a disposizione. Noi, come magistrati, abbiamo sempre sostenuto la stessa tesi. Ma non siamo riusciti a raggiungere una verità processuale». Perché? «Perché le verità processuali sono spesso diverse dalla verità storiche. Bisogna trovare prove che accertino i reati che portino alla condanna per le singole responsabilità».
Lei parla di “verità indicibili”. Il Dc9 di Ustica rientra in questa categoria? L´uomo che ha indagato a lungo sulle Br, sull´omicidio Moro, sull´attentato a Giovanni Paolo II, scuote la testa. «Lo è stata a lungo. Ma oggi potrebbe non esserlo più». Lo chiede anche il presidente Giorgio Napolitano. «La Francia ha accolto la richiesta italiana». In passato non ha mai risposto in modo chiaro, perché dovrebbe farlo oggi? «Perché sono cambiati i contesti. Quando parlo di verità indicibili intendo verità che non ho mai potuto scrivere in una sentenza. Se la Francia avesse ammesso che un suo aereo aveva centrato, ovviamente per sbaglio, un velivolo civile con 81 persone a bordo, ci sarebbe stata una gravissima crisi internazionale, un intero emisfero di alleanze e di rapporti sarebbe stato sconvolto».
Il sottosegretario Carlo Giovanardi sostiene che la magistratura ha scartato la tesi del missile. Insiste con l´ipotesi della bomba a bordo. «Le due ultime sentenze, quella della corte d´Assise d´appello e della Cassazione», ricorda il giudice, «hanno prosciolto i due imputati rimasti alla sbarra senza chiarire quali fossero state le cause del disastro. Ma nel primo processo si è parlato chiaramente di missile e si è esclusa la bomba a bordo. La stessa tesi è stata sostenuta dall´accusa sia in Appello sia in Cassazione. Tutti, dall´allora ministro della Difesa Attilio Ruffini, allo Stato maggiore, ai servizi di intelligence, sapevano cosa era accaduto».
Rosario Priore non lo dice. Ma la tesi emersa dietro quello che venne efficacemente definito il “muro di gomma” eretto a difesa del grande segreto di Ustica è la presenza di un Mig 23 libico sotto la pancia del Dc9 in volo verso Palermo. Il caccia, assieme ad un altro, scorta l´aereo del colonnello Gheddafi in volo verso Belgrado dove incontrerà l´allora presidente della Jugoslavia, il maresciallo Tito. Entrambi devono contrastare l´attività di due Mig, sempre libici, partiti da una base in Sardegna dove si addestrano, che hanno il compito di colpire Gheddafi. Due caccia (“francesi”, sostiene Cossiga) decollano da una portaerei che incrocia al largo di Tolone per intercettare i Mig di scorta all´aereo del colonnello. Tra Ponza e Ustica avviene una vera battaglia aerea. Un missile lanciato da uno dei caccia esplode, a brevissima distanza, dal Dc9 dell´Itavia. Il velivolo precipita e cerca di ammarare in acqua. I resti saranno raccolti per decine di miglia. Il secondo Mig viene inseguito e colpito: si schianterà sulla Sila dove verrà ritrovato.
«La Corte d´Assise d´appello», ricorda ancora Priore, «definì questa tesi priva di fondamento. Parlò di giallo, respinse tutte le argomentazioni dell´accusa». Perché era una verità indicibile? «Le verità sulle grandi stragi italiane appaiono sempre indicibili». Ha fiducia sulla risposta francese e Usa? «Voglio esserlo. Ci sono tutti i presupposti. Per quelle 81 vittime, per la verità storica e finalmente processuale».

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