I sosia. Una seconda vita in America. Le voci sulla vera fine di Turiddu non sono mai mancate
Furono le cronache di Besozzi dalla Sicilia a smascherare le prime versioni dei carabinieri
"Non ho mai saputo come è morto. Ma so che quelli che ho visto sono due cadaveri diversi..." ">

L’ultimo mistero del bandito Giuliano

Per la storia ufficiale e le immagini dell’epoca il “re di Montelepre” venne ucciso il 5 luglio 1950 Ma ora lo studio di altre foto mette in dubbio ogni certezza E c’è chi chiede di riaprire un’indagine che sembrava ormai morta e sepolta

I sosia. Una seconda vita in America. Le voci sulla vera fine di Turiddu non sono mai mancate
Furono le cronache di Besozzi dalla Sicilia a smascherare le prime versioni dei carabinieri
“Non ho mai saputo come è morto. Ma so che quelli che ho visto sono due cadaveri diversi…”

Per la storia ufficiale e le immagini dell’epoca il “re di Montelepre” venne ucciso il 5 luglio 1950 Ma ora lo studio di altre foto mette in dubbio ogni certezza E c’è chi chiede di riaprire un’indagine che sembrava ormai morta e sepolta

I sosia. Una seconda vita in America. Le voci sulla vera fine di Turiddu non sono mai mancate
Furono le cronache di Besozzi dalla Sicilia a smascherare le prime versioni dei carabinieri
“Non ho mai saputo come è morto. Ma so che quelli che ho visto sono due cadaveri diversi…” Di sicuro c´è solo che è morto. Sono passati sessant´anni e la straordinaria cronaca di Tommaso Besozzi sull´uccisione di Salvatore Giuliano – “Di sicuro c´è solo che è morto”, questo era il titolo della copertina de L´Europeo – sta per sprofondare nell´abisso Italia, il Paese dove la storia è sempre fatta di misteri e mai di certezze. Quello che viene ricordato da generazioni di reporter come l´articolo «perfetto», la corrispondenza dalla Sicilia che svelava le menzognere ricostruzioni della sbirraglia del tempo sulla fine del bandito, sembra destinato a scivolare fra le oscurità che ancora accompagnano il destino di uno dei siciliani più famosi del secondo dopoguerra. Oggi qualcuno vorrebbe riscrivere anche quella cronaca, cominciando per esempio così: di sicuro c´è solo che (forse) è morto.

Voci ne sono sempre girate nei paesi polverosi che segnano il confine fra le province di Palermo e Trapani, i territori delle scorrerie del “re di Montelepre”. Sui suoi sosia, usati alla bisogna. Su una sua seconda vita in quell´America che tanto amava. Eroe nell´immaginario popolare, un Robin Hood mediterraneo che «rubava ai ricchi per dare ai poveri», in realtà Salvatore Giuliano, autoproclamatosi colonnello dell´Esercito Volontario per l´Indipendenza della Sicilia, era un avventuriero nelle mani dei mafiosi e al soldo dei fascisti della Decima Mas riparati nell´isola. Latitante sulle colline di Sagana, Turiddu faceva razzie e scriveva al presidente Truman, venerato, invocato, tutti i potenti di Palermo lo volevano al loro fianco per una causa.
Ma alla vigilia di quest´anniversario – il cadavere di Salvatore Giuliano è stato ufficialmente ritrovato all´alba del 5 luglio del 1950 a Castelvetrano, e fu il grande Besozzi a scoprire che era stato ucciso altrove e tradito dal cugino Gaspare Pisciotta – le dicerie hanno preso la forma di una lettera che è finita alla questura di Palermo e poi è stata inoltrata alla procura della Repubblica. Datata 5 maggio 2010, la comunicazione ha come oggetto: “Richiesta di indagini”.
Lo storico Giuseppe Casarrubea, figlio di uno dei tanti sindacalisti assassinati dalla banda Giuliano, e il ricercatore Mario J. Cereghino, hanno invitato la polizia «a intraprendere un´attività conoscitiva per accertare la vera identità della persona uccisa nel cortile dell´avvocato Di Maria (Castelvetrano) rispondente al nome di Salvatore Giuliano, autore di omicidi commessi in Sicilia nel periodo che va dal 2 settembre 1943 e fino al 5 luglio 1950». Il primo nato e vissuto a Partinico e l´altro argentino giramondo – insieme hanno firmato preziosi volumi sulle vicende siciliane degli Anni Quaranta – sono convinti che «vi siano fondati motivi per credere che il cadavere ritratto nel suddetto cortile e nell´obitorio del cimitero di Castelvetrano, non sia la medesima persona ritratta in decine di fotografie e in un filmato del dicembre 1949…». Poche righe per capovolgere una verità che aveva seppellito già tanti inganni («Chi è stato a tradirlo? Dove è stato ucciso? Come? E quando?», scriveva Besozzi) fabbricati dal Comando Forze Repressione Banditismo.
Nel rapporto numero 213/24 del “Gruppo Squadriglie Centro” il colonnello dei carabinieri Ugo Luca ricordava come un confidente aveva portato in quella notte d´estate lui e il suo reparto a Castelvetrano, «e dopo che era sparito velocissimo», i militari avvistarono «alla luce delle lampade stradali il bandito Salvatore Giuliano che si girò con audacia malgrado il fuoco frontale del capitano Perenze, del brigadiere Catalano e del carabiniere Giuffrida…». Il rapporto del colonnello Luca riferiva ogni fase del conflitto a fuoco con Turiddu, una così minuziosa ricostruzione degli spari – dei «colpi singoli» e delle «raffiche» – che però non coincideva con le ferite ritrovate sul corpo del bandito esposto immobile alla vista del mondo intero. Una messinscena per coprire il tradimento di Pisciotta e, soprattutto, una vera e propria esecuzione del bandito in un altro luogo.
Ma sessant´anni dopo c´è ancora l´ultimo dubbio che s´insinua. Racconta Casarrubea: «Prima di inviare la lettera al questore abbiamo raccolto testimonianze verbali e fotografiche». Immagini. Immagini che fanno paura, una vicina all´altra. Quelle ripescate in un libro del 1985 e quelle altre di un filmato girato dal cineoperatore Ivo Meldolesi nel dicembre del 1949. «Due uomini forse spacciati per lo stesso uomo», avverte lo storico di Partinico. Il libro, Storia di Salvatore Giuliano di Montelepre, è stato scritto per le edizioni palermitane Edikronos da Sandro Attanasio attraverso i ricordi di uno dei protagonisti delle sciagure del dopoguerra, Pasquale Pino Sciortino, l´”intelletuale” della banda e cognato di Salvatore Giuliano per averne sposato la sorella Mariannina. Sciortino fuggì dalla Sicilia nel 1947 e si nascose negli Stati Uniti, in Texas, dove intanto era diventato sergente in una base militare di San Antonio. Scovato dall´Fbi, fu estradato in Italia e dopo un quarto di secolo tornò libero. In quel volume c´erano alcune foto, due in particolare, che ritraevano i sosia del bandito. «E poi ci sono altre immagini da valutare e confrontare con la foto di Giuliano morto: sono quelle contenute in Guerra Civile 1943-1945-1948, il libro di Pasquale Chessa scritto per la Mondadori nel 2005», spiega Cereghino che ricorda quando con l´amico Casarrubea cominciarono ad avere i primi sospetti sulla «presunta morte» di Salvatore Giuliano. In una foto a doppia pagina, su Guerra Civile compare un milite della Decima che presenta una «forte somiglianza» con il bandito. E tracce dei rapporti fra Giuliano e i fascisti di Salò, i due studiosi le trovarono anche in numerosi documenti desecretati che avevano recuperato negli archivi nazionali di Washington e Londra.
Perché i carabinieri avrebbero sostituito il cadavere del bandito con quello di un altro uomo? Perché avrebbero simulato l´uccisione di Salvatore Giuliano? Tracce di questi interrogativi si ritrovano nelle testimonianze rese al processo della strage di Portella della Ginestra, prime fra tutte quelle sulle mosse dell´ispettore generale di Pubblica Sicurezza Ciro Verdiani, il capo della polizia in Sicilia che aveva promesso a Giuliano un salvacondotto per farlo emigrare in Usa o sull´isola greca di Milo. Vivo o morto, il bandito oramai sapeva troppe cose: tutti lo volevano lontano dalla Sicilia.
Lo storico Casarrubea e il ricercatore Cereghino hanno presentato la loro richiesta confortati anche dal parere di un esperto. Qualche anno fa, sono stati contattati dal professore Alberto Bellocco, docente di medicina legale all´Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, 869 autopsie segnate nel suo curriculm vitae e una curiosità che l´ha portato ad esaminare cinque foto attribuite al bandito. Una è stata scattata nel cortile Di Maria di Castelvetrano, le altre sono quelle dell´obitorio del cimitero. Il professore ha compilato una relazione e l´ha spedita a Partinico. Le sue conclusioni medico-legali: «In seguito alla visione delle fotografie e riferitemi tutte appartenere al bandito Giuliano, posso affermare che nella foto A e nella foto B non si evidenziano i segni di lesione di arma da fuoco in regione deltoidea destra e a carico dell´avambraccio omolaterale, che sono chiaramente invece apprezzabili nella fotografia del cadavere in obitorio (fotografia C) e nella fotografia scattata prima dell´ingresso in obitorio (fotografia D)…Un´ulteriore considerazione merita l´osservazione del taglio delle basette. Infatti, mentre nel cadavere della foto B, la basetta destra corre lungo l´arcata mascellare ed è nettamente distanziata dall´orecchio, nelle foto C ed E questa appare più corta e tagliata ad angolo acuto. Un altro particolare da segnalare è quello relativo all´attaccatura del lobo dell´orecchio destro…infatti, mentre nella foto dell´obitorio il lobulo dell´orecchio appare nettamente distanziato (Foto C ed E), nella foto che ritrae il cadavere nel piazzale questo appare unito alla cute del viso (Foto B)…». Il suo verdetto: «Da queste sommarie considerazioni si possono sicuramente esprimere seri dubbi sulla possibilità che le foto portatemi in visione possano essere attribuite allo stesso cadavere ed allo stesso evento». Conferma oggi il medico legale: «Io non ho mai saputo come è morto Giuliano, ma quelli che ho visto sono sicuramente due cadaveri diversi».
Come finirà questo affaire sulla morte del bandito di Montepelpre nessuno può dirlo. Se si aprirà formalmente un´inchiesta giudiziaria oppure no, se gli esperti della Scientifica si metteranno all´opera per visionare le immagini o al contrario lasceranno ai posteri la scabrosa pratica (già troppe sono le indagini complicate di Palermo sulle trattative e sui misteri più recenti), di certo è che dopo più di mezzo secolo Turiddu fa sempre venire i brividi. E´ ancora Casarrubea che parla: «Ci sono indizi sufficienti per un´inchiesta e arrivare magari anche ad aprire la sua tomba per eseguire, se mai fosse possibile, un esame del Dna».
Per una nuova indagine la tomba di Salvatore Giuliano sarebbe un buon inizio o forse una brutta fine. Se qualcuno mai deciderà di scoperchiarla, in quest´Italia delle trame chi è disposto oggi a scommettere che là dentro ci siano mai stati i resti di un cadavere?

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