Cesare Donnauser, rosso (verde) ed esperto

Ci sono molti modi per imparare l’inglese senza una lira in tasca, Cesare aveva scelto il più avventuroso: si era imbarcato come mozzo su una petroliera per parecchi mesi. Era appena diplomato: l’inglese in mezzo ai marinai di dieci nazionalità  non l’aveva imparato benissimo, ma aveva girato il mondo. Una passione conservata per tutta la vita. Purtroppo breve: è morto ieri notte poche ore dopo una operazione al cuore.

Ci sono molti modi per imparare l’inglese senza una lira in tasca, Cesare aveva scelto il più avventuroso: si era imbarcato come mozzo su una petroliera per parecchi mesi. Era appena diplomato: l’inglese in mezzo ai marinai di dieci nazionalità  non l’aveva imparato benissimo, ma aveva girato il mondo. Una passione conservata per tutta la vita. Purtroppo breve: è morto ieri notte poche ore dopo una operazione al cuore.
La mia amicizia con Cesare Donnhaueser inizia 45 anni fa nella facoltà di Economia a Roma: stesse lotte, stessa passione politica che poi travasò nell’esperienza del manifesto. Nel 1972 abbiamo fatto insieme la campagna elettorale, quella che iniziava immancabilmente con la voce registrata su nastro (a Regina Coeli) di Pietro Valpreda. Ci vedevamo anche sul lavoro: eravamo stati assunti come ricercatori dall’Ispe. L’attività politica correva parallela: io scrivevo per il quotidiano; lui era impegnato nel Cmcm, una struttura del manifesto che faceva lavoro politico tra i militari. Nel «Cmcm» con Cesare c’era un bel gruppo di compagni che molti impareranno a conoscere negli anni successivi: Sandro Medici e Loris Campetti, per citarne un paio.
Poi successe una cosa strana: Cesare fu espulso dal Pdup nel 1976 con tutto il gruppo di Praxis che faceva capo al bravissimo Mario Mineo con l’accusa – la solita – di frazionismo. Ma con Cesare non ci separammo: scherzavamo sul fatto che anche nel Pdup ci fossero «pidocchi sulla criniera del cavallo di razza». Facevamo molti viaggi insieme. In Turchia dove finimmo nelle mani di un gruppo armato marxista-leninista che non sapeva nulla di Gramsci e ci disprezzava come «ricchi occidentali».
A metà degli anni Settanta Cesare cominciò a occuparsi di agricoltura curando un rapporto annuale. E a parlare di pericolosità dei pesticidi, lotta integrata, coltivazioni biologiche. Un ambientalista di prima generazione. Aveva iniziato una carriera politico-professionale di rilievo dando un ricco contributo a Legambiente. È stato presidente di un parco e membro di commissioni scientifiche. Saltuariamente pubblicava articoli sul manifesto.
L’ho sentito l’ultima volta lunedì sera: in vista dell’operazione si stava tagliando la barba: «Dopo 42 anni senza non mi riconosco più, ma forse sarò più bello nella bara». «Vaffanculo», gli avevo risposto con affetto e per scaramanzia. Ma aveva ragione Cesare: le paure (non della morte, perché questa non l’aveva) le aveva confessate a una comune amica una quindicina di giorni fa.
Con Cesare se ne va un compagno vero, «rosso ed esperto». Da tutta la redazione un abbraccio alla sua compagna Emilia e al figlio Adriano. Per salutare Cesare, l’appuntamento è per oggi (dalle 14 alle 19) alla camera mortuaria del San Filippo Neri e domani mattina alla «Sala del commiato» del cimitero di Prima Porta dove – per sua volontà – sarà cremato.

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