Gli Usa tra “Tea Party” e proteste a Wall Street indignados d’AMERICA

La diffidenza del cittadino qualsiasi, ingenuo e onesto contro i signori di Washington fa parte dell’immaginario collettivo dalle origini degli States. Si manifesta nei vecchi film come nella rabbia di oggi verso i banchieri   

La diffidenza del cittadino qualsiasi, ingenuo e onesto contro i signori di Washington fa parte dell’immaginario collettivo dalle origini degli States. Si manifesta nei vecchi film come nella rabbia di oggi verso i banchieri   

Nata dalla più classica delle rivolte popolari contro la politica nella sua espressione più odiosa – le tasse – la Repubblica Americana porta dal 1773 il germe dell´antipolitica nel proprio corpo. Non c´è parola d´ordine più rilanciata nei due secoli di storia civica americana, dalla destra come dalla sinistra, dai Roosevelt agli Obama passando per i Reagan i e Bush, che la promessa di ripulire la infetta Washington ladrona e restituire la patria a “the people”, il popolo.
La inestirpabile diffidenza verso i signori in panciotto e cilindro e più tardi in completo blu scuro che di volta in volta governano la nazione non è l´eccezione, ma la norma nel rapporto fra i cittadini e chi è delegato a rappresentarlo. Un sentimento che la Costituzione stessa scolpisce in meccanismi elettorali e istituzionali studiati nel calendario che impone una elezione legislativa o presidenziale ogni due anni e l´autonomia della magistratura. Il mazzo del potere deve essere continuamente rimescolato e sparigliato, per stanare i bari.
Ma neppure questa complicata ingegneria ideata dai Padri Fondatori ha impedito che la “political class”, i professionisti del potere pubblico, si abbarbicasse periodicamente alle poltrone e ai corridoi marmorei dei palazzi, soprattutto attraverso la complicità fra la politica e il business, ben consci del famoso detto secondo il quale «il danaro è il latte materno della politica». Per interrompere questo empio allattamento, o almeno per inacidire il latte, ecco che periodicamente l´anima populista, ribellista, anti-politica si risveglia e grida.
Quando abbastanza cittadini si rendono conto che i bonificatori ufficiali non hanno bonificato niente – Reagan lasciò la capitale dopo otto anni avendo aumentato di 36 mila persone quella classe di “burocrati parassiti” che aveva giurato di sterminare – si alza il Mr. Smith del celebre film di Frank Capra, il cittadino qualsiasi spedito a Washington per ripulire l´aria. Riaffiora il “folk hero” alla Davy Crockett che rifiuta l´autorità costituita.
Scoppiettano i focolai di “milizie armate” che si preparano alla resistenza finale contro la politica, arrivando a tragedie terroristiche come l´attentato al palazzo del governo a Oklahoma City, espressione ultima e tragica dell´antipolitica a mano armata. La superstiziosa fede nel possesso individuale di armi è una manifestazione indiretta ma chiara dell´antipolitica latente.
E quando il senso di tradimento, l´ansia e lo scontento si allargano, l´antipolitica si coagula in grandi movimenti continentali, informi, senza partito, spesso senza leader, ma possenti. Deflagra nell´opposizione alla guerra in Vietnam. Sfonda le barriere dei partiti con il Women´s Lib, il femminismo militante. Trova nell´odio per Obama la miccia che innesca il Tea Party e fa eleggere stuoli di parlamentari antistatalisti e antigoverno nel 2010, ma subisce poi la stessa sorte del proprio bersaglio: il Parlamento americano ha un “rating favorevole” di appena il 10%. E oggi tenta di rivivere in quei falò di ribellione al nuovo impero del Male, quella Borsa di Wall Street alimentata dai salvataggi del governo. Dunque dalla politica. Tutto, nella storia americana, puntualmente si allarga e poi si placa nel grande bacino alluvionale di una politica così abilmente camaleontica da sapersi trasformare in antipolitica per assorbire l´esondazione della rabbia.
Perché il limite finora invalicabile e invalicato dall´antipolitica è nel suo rischiare di apparire antiamericana e antipatriottica. Certamente, il patriottismo è l´ultimo rifugio del mascalzoni, ma finora il bunker ha retto benissimo alle periodiche bombe dell´antipolitica.

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