PIAZZE IN MOVIMENTO Negli ultimi mesi le strade, le piazze e i ponti di tutte le città del Cile si sono trasformate in arterie in cui scorrono cortei di migliaia di studenti e cittadini che manifestano chiedendo un cambiamento strutturale del sistema educativo, e una trasformazione del paradigma economico, della natura e del ruolo dello Stato e quindi nell’insieme un rinnovamento del patto sociale e costituzionale del paese.
PIAZZE IN MOVIMENTO Negli ultimi mesi le strade, le piazze e i ponti di tutte le città del Cile si sono trasformate in arterie in cui scorrono cortei di migliaia di studenti e cittadini che manifestano chiedendo un cambiamento strutturale del sistema educativo, e una trasformazione del paradigma economico, della natura e del ruolo dello Stato e quindi nell’insieme un rinnovamento del patto sociale e costituzionale del paese. Ormai le mobilitazioni proseguono da mesi, recuperando e adattando parole d’ordine di un tempo, mentre se ne lanciano di nuove che puntano dritto al cuore dell’attuale modello economico, sociale e finanziario, mettendo in discussione i suoi assetti principali: il mercato, il credito, il debito, il profitto e la disuguaglianza sociale ed educativa.
Una partita aperta
Se all’inizio sembrava giunta l’ora storica annunciata da Allende nel suo ultimo discorso e che si fossero ormai riaperte le alamedas, lo sviluppo degli eventi con la recrudescenza della repressione poliziesca, le minacce e le intimidazioni ai dirigenti studenteschi da parte di rappresentanti del governo e le provocazioni di agenti infiltrati e poliziotti incappucciati ci hanno ricordato che siamo pur sempre in un regime politico guidato dalla destra cilena, erede delle pratiche di una dittatura militare che ha fondato quel regime neoliberista che ora si cerca di conservare. Se ancora non è arrivata l’ora delle alamedas, è però sbocciata con forza la volontà di potere di questa nuova generazione.
Per noi che di mestiere facciamo gli storici è naturale interrogarci sul carattere di questo movimento e sul significato della sua irruzione storica. Si tratta di una fase ulteriore del movimento studentesco postdittatura? Le sue rivendicazioni rispondono a interessi puramente di parte? Qual è il modo di fare politica di questo movimento? Che relazione ha questo movimento con la storia del Cile e la frattura provocata dal golpe armato del 1973? In che misura si articola con la storia passata del Cile? L’irruzione degli studenti nelle strade e i loro discorsi, quale memoria civile sociale e politica hanno riattivato?
Anche se è un azzardo cercare una risposta a queste domande quando la partita è ancora aperta, noi che firmiamo questo documento lo facciamo nella convinzione che sia necessario portare il nostro contributo in un momento della storia nazionale in cui è indispensabile prendere posizione, unire la nostra voce a quella di tutti gli altri, alle dichiarazioni che arrivano tutti i giorni da numerosi fronti istituzionali, associativi e civili.
Riteniamo, anzitutto, di trovarci di fronte a un movimento rivoluzionario e antineoliberista. Le rivendicazioni degli studenti scaturiscono senza dubbio dalla particolare situazione del sistema educativo del paese, fondato sul principio della disuguaglianza sociale. Ma chiedere la trasformazione di questo sistema, ovviamente significa esigere una trasformazione sistemica del modello neoliberista, che fa del principio della disuguaglianza (fondato sulla mercificazione di ogni aspetto della vita e quindi sulle diverse capacità di spesa di ognuno) la chiave di volta delle relazioni sociali e del patto sociale.
Trappole inefficaci
A questo principio regolativo corrisponde la figura politica dello Stato neoliberista che si delinea come un apparato di mediazione, neutralizzatore e garante, attraverso le sue politiche sociali, di tale principio di disuguaglianza. Una struttura economico-politica ribadita dallo stesso testo della carta Costituzionale che di fatto legittima questo principio. Non deve quindi sorprendere che questo movimento studentesco possa contare su un larghissimo sostegno della cittadinanza. A trovarsi nella categoria di «debitori» rispetto a un gruppo legalmente abusivo e corrotto di «creditori» è la maggior parte della popolazione cilena, che grida in piazza e cacerola in sostegno degli studenti.
Questo movimento ha restituito la Politica alla società civile, mettendo in crisi la logica della politica di Palazzo e quindi quel modello di pseudo-democrazia e legalità caratteristico di quella lunga transizione cilena che non ha mai tagliato il cordone ombelicale con la dittatura. Il movimento costruisce il potere collettivo dal basso e lo esercita sulla scena pubblica con l’appoggio delle reti comunicative, premendo per una trasformazione strutturale. Questo modo di agire rappresenta un rinnovamento dei principi stessi della lotta politica, mette in discussione la logica verticale e la rappresentanza – presupposti della politica moderna – attivando pratiche di democrazia diretta e decentralizzata.
La novità di questo movimento consiste nella «politica aperta», la «politica nelle strade» che permette al movimento di mantenere il controllo del territorio e diffondere in modo trasparente i propri discorsi, i propri testi e le proprie pratiche, pubblicamente di fronte a tutta la cittadinanza. La politica classica di concertazione e invito al dialogo è ormai una trappola inefficace.
Questa nuova politica trova la sua espressione in una protesta sociale che rompe sia con gli schemi imposti dalla dittatura e la sua cultura del terrore, sia con quelli della lunga transizione e la sua politica del «bene superiore». Attraverso un’incessante riappropriazione dello spazio pubblico e, in generale, pratiche di non violenza attiva, il movimento ha generato una molteplicità di pratiche culturali dal linguaggio ricco, plastico, inclusivo e audace che rompono l’assedio della repressione poliziesca e dei mezzi di comunicazione che criminalizzano il movimento.
I semi di una scommessa
Anche se questo movimento corrisponde certamente a una fase nuova della politica e della storia sociale postdittatura, per comprenderne la portata è indispensabile inquadrarlo nella prospettiva più ampia della storia cilena del ventesimo secolo. Nel corso del Novecento, l’uguaglianza educativa e la regolamentazione imposta al capitalismo selvaggio avevano raggiunto una maturazione strutturale negli anni Sessanta e Settanta, per poi essere interrotte dal colpo di Stato del ’73. L’attuale movimento studentesco è espressione della volontà di recuperare e riannodare i fili interrotti di questa nostra storia, è il germoglio di quel seme spezzato dalla dittatura e dal neoliberismo.
In effetti, il patto sociale-educativo conquistato negli anni Sessanta e Settanta era stato il frutto di una lunga serie di lotte portate avanti da molte generazioni a partire dalla metà del XIX secolo. Una lotta centrata sulla crescente volontà politica di strappare i bambini proletarizzati dal mercato del lavoro avviandoli alla scolarizzazione, strumento principale di una società più giusta e chiave di volta per l’emancipazione sociale e culturale.
I semi di questa scommessa, che ha coinvolto tutta la società, iniziarono a dare i loro frutti negli anni Sessanta e Settanta, ed è quello stesso progetto che oggi riemerge nei discorsi e nelle pratiche del movimento studentesco, voce di una generazione che non accetta di essere merce di scambio in un mercato dove l’unico destino è quello di essere proletarizzati, a causa del debito o di un’istruzione di cattiva qualità. In questo sta la densità del movimento, nella sua capacità di far irrompere una memoria storica nel seno della cittadinanza: la memoria dei padri e dei nonni che marciano e cacerolean il loro appoggio a una nuova generazione che ha raccolto e a suo modo riannoda i fili della nostra storia.
Così, in questo suo triplice carattere – carica rivoluzionaria antineoliberista, restituzione della politica alla società civile e riconnessione con la storicità profonda dei movimenti popolari -, l’attuale movimento sociale, capeggiato con forza dagli studenti, raccoglie e recupera le sfide più importanti sacrificate dalla frustrata transizione cilena alla democrazia.
Processi in corso
Attraverso le nostre brevi riflessioni questo gruppo di storiche e storici cileni, con l’appoggio di molti altri, saluta il movimento degli studenti e condivide le rivendicazioni fondamentali che sono state messe al centro della politica cilena. Aderiamo alla richiesta di un’Assemblea Costituente, e allo stesso tempo invitiamo a non leggere l’esistenza di questo movimento solo in rapporto alla specifica congiuntura di questo governo di destra, ma a prendere coscienza che si tratta di un processo storico in corso, il cui principale frutto sarà senza dubbio quello di affermare definitivamente la necessità di una riforma strutturale del neoliberismo, come irrinunciabile volontà di potere della cittadinanza e come agenda indispensabile dei progetti politici immediati e futuri.
Comitato promotore: K. Alfaro Monsalve, F. Almonacid Zapata, P. Artaza Barrios, M. Garcés Durán, S. Grez Toso, M. A. Illanes Oliva, A. Meza Sánchez, R. Molina Verdejo, J. Pinto Vallejos, G.Salazar Vergara, V. Valdivia Ortiz de Zárate.
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