STATI GENERALI DELLA PRECARIETà€

Quella in corso da ieri a Bologna è la quarta edizione degli «Stati Generali della Precarietà » e oggi nello Spazio Libero Autogestito, in via Paolo Fabbri 110, presenteremo una «piattaforma precaria» incentrata sul problema del nuovo welfare, il diritto al reddito incondizionato e il diritto all’insolvenza, la precarità  femminile e quella dei migranti. Dopo tre incontri nazionali, varie iniziative e una ridefinizione della MayDay (a 10 anni dalla sua nascita) siamo in grado di fare un primo bilancio di questa scommessa che ci porterà  alla definizione di una «Costituente per lo sciopero precario».

Quella in corso da ieri a Bologna è la quarta edizione degli «Stati Generali della Precarietà » e oggi nello Spazio Libero Autogestito, in via Paolo Fabbri 110, presenteremo una «piattaforma precaria» incentrata sul problema del nuovo welfare, il diritto al reddito incondizionato e il diritto all’insolvenza, la precarità  femminile e quella dei migranti. Dopo tre incontri nazionali, varie iniziative e una ridefinizione della MayDay (a 10 anni dalla sua nascita) siamo in grado di fare un primo bilancio di questa scommessa che ci porterà  alla definizione di una «Costituente per lo sciopero precario».
Parlo di una scommessa perché stiamo affrontando il tema della condizione precaria dal punto di vista degli stessi precari. La nascita dei «Punti San Precario» e poi la pubblicazione dei «Quaderni di San Precario», sono diventati utili strumenti per sedimentare il protagonismo politico e sociale delle nuove soggettività che si muovono, discutono, analizzano e propongono. Alla vigilia della mobilitazione europea e mediterranea del 15 ottobre, possiamo dire che la scommessa è stata vinta e che si è sviluppato un elemento di discontinuità e di innovazione nelle pratiche di lotta. Discontinuità rispetto alle tradizionali forme di organizzazione del movimento in Italia, spesso schiacciato da un eccessivo «politicismo», e innovazione rispetto alle forme di rappresentanza e analisi della condizione precaria.
La precarietà non può essere rappresentata nei modi tradizionali della forma-sindacato (soprattutto se è di categoria) in quanto condizione esistenziale, generalizzata e trasversale ma differenziata a seconda delle soggettività coinvolte. Gli strumenti di lotta ereditati dalla tradizione novecentesca risultano inadeguati. Per superare la precarietà, è in primo luogo necessario operare sulle condizioni di ricattabilità. Garantire un reddito a prescindere dalla tipologia contrattuale e dalla condizione lavorativa è dunque la premessa ineliminabile per ridurre l’incertezza e la subalternità. La proposta di un welfare metropolitano per l’accesso a un reddito incondizionato e ai beni comuni materiali e immateriali che consentono una vita libera si coniuga con il ripristino dei diritti sul lavoro che sono stati sottratti in seguito a interventi legislativi (vedi il Collegato lavoro) e/o a contratti ignobili.
La condizione precaria non definisce ancora una «classe in sé», ma piuttosto una «classe in divenire», che avrà l’opportunità di intervenire sui rapporti di forza, oggi sottoposti al ricatto della crisi, solo se sarà capace di dotarsi di strumenti di lotta in grado di far male ai precarizzatori. Qui nasce la seconda scommessa: lo sciopero precario. Un processo dinamico che, operando sul blocco dei flussi materiali e immateriali, di cose e persone, consenta: di far scioperare i precari (che oggi non possono); di sabotare il processo di valorizzazione della nuova organizzazione d’impresa disseminata sui territori metropolitani e di favorire la riappropriazione di quella cooperazione sociale che oggi sta alla base dei profitti e delle rendite di pochi.
*www.scioperoprecario.org

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