DOCUMENTARI
Il combattente antifascista e antifranchista in un ritratto di Giancarlo Bocchi
DOCUMENTARI
Il combattente antifascista e antifranchista in un ritratto di Giancarlo Bocchi
IL RIBELLE, GUIDO PICELLI UN EROE SCOMODO DI GIANCARLO BOCCHI, ITALIA 2011
In tempi bui di politica e religione-spettacolo, squadracce razziste, leggi eccezionali, minacce al 1° maggio e delinquenti comuni che si avvalgono dell’immunità parlamentare, è bene ricordare un ragazzo del secolo scorso, l’attore e militante Picelli, che combatté senza tregua e con ogni mezzo necessario contro un clerico-fascismo peggiore, ma sempre antioperaio. E che si fece 5 anni di confino, sfuggendo a pallottole, attentati e sequestri, perseguitato perché «delinquente comunista»… Non solo un documentario, Il ribelle, nonostante il titolo (ma perché non Il rivoluzionario?) è piuttosto un monumento al milite «ignoto» comunista. E non scambiate la solennità di tono del film, e un eccesso di musica che deraglia a volte sul testo, con la Retorica. Perché le azioni di cui si parla sono a prova di «macchina della verità», frasi fatte nessuna. È un drappo rosso, invece, tessuto da immagini sanguinanti, inni di lotta e concentrate voci recitanti, quelle di Valerio Mastandrea (il narratore) e Francesco Pannofino (Guido Picelli). È il ritratto in forma di oratorio, di 72′, pieni di rarissimi e toccanti materiali d’archivio (lettere, foto, telegrammi, dispacci segreti e viscidi, perfino togliattiani) di Guido Picelli (1889-1937), sottufficiale e reduce di guerra, grande combattente antifranchista, ucciso sul monte San Cristobal da un misterioso colpo alla schiena, perché, come successe a Durruti, dava filo da torcere ai falangisti (la vittoria di Mirabueno) ed era troppo amico del Poum e del trotzkista Julian Gorkin… Socialista e poi comunista (quando queste parole profumavano) di origini proletarie, mai dogmatico, fondatore e organizzatore militare, prima e dopo la dittatura, della «Guardia Rossa», degli «Arditi del Popolo» e, tra il ’24 e il ’26, dei gruppi clandestini armati, fautore, prima del Comintern, dei Fronti popolari antifascisti, dell’unità della classe operaia e contadina indipendentemente da idee politiche o convinzioni spirituali, Picelli era un politico (e parlamentare, finchè fu possibile) di schietto e indomito coraggio, capace di organizzare gli emigrati italiani di Marsiglia e i minatori del Borinage, sventolare il vessillo rosso sul balcone di Montecitorio già fascistizzato e sfidare a Mosca gli inquisitori stalinisti, scatenati e impauriti dopo la strana morte di Kirov nel 1934, mentre allestiva per gli operai Gramsci in carcere e Parma ’22. In realtà Picelli tanto ignoto non è mai stato, semmai rimosso progressivamente – da una sorta di preoccupante automaccartismo virale – anche se col suo nome si chiamarono battaglioni e brigate partigiane e molte sezioni del Pci. Il film sarà in «prima italiana» a Reggio Emilia, lunedì 26 settembre, dopo l’anteprima del 2 giugno scorso alla Filmoteca spagnola di Madrid. «Per protesta contro i malversatori della mia città, il sindaco e la giunta di destra» invece Parma, dove Picelli nacque, non lo vedrà. Parola del regista, Giancarlo Bocchi, che ha scritto spesso, e anche di Picelli, sul manifesto, ed è un prestigioso e pluripremiato documentarista (Mille giorni di Sarajevo, 1996; Sarajevo terzo millennio, 1996; Morte di un pacifista, 1998; Fuga dal Kosovo, 1999; Nemaproblema, 2004, Kosovo, nascita e morte di una nazione, 2006…). «Ex orologiaio, poi attore di teatro (con Ermete Zacconi) e di cinema (sui set di Torino), Picelli con i suoi 300 e mal armati «Arditi del Popolo» cacciò in 5 giorni da Parma nell’agosto 1922 oltre 10mila «arditi d’Italia e di Cristo» capitanati da Italo Balbo, benedetti meno da Padre Pio, in quei 5 giorni poco in vena di miracoli, e più da polizia e carabinieri (si legga l’elenco impressionante di agguati e vili assassinii fascisti compilato da Luigi Salvatorelli sul biennio rosso per capire quanto fu nero). Frutto di molti anni di lavoro, ricerca e scoperte negli archivi (anche audiovisivi) il Ribelle è dunque la prima biografia sul Che Guevara che terrorizzò Mussolini.
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