Non soltanto i Cobas dietro gli Indignati

ROMA — C’è Chiara. C’è Eracle. C’è Marta. C’è Hector. Tanti nomi. «I cognomi? Meglio di no. Non ci piacciono le personalizzazioni». Ecco gli Indignati di Roma che sognano l’italian revolution, ma senza violenza. Rappresentano una delle tante facce della protesta ai tempi della Grande Crisi. Si sentono un movimento corale. Senza bandiere. E senza capi. «Decide sempre l’assemblea»: hanno stabilito a metà  maggio, quando hanno cominciato a riunirsi dove capitava.

ROMA — C’è Chiara. C’è Eracle. C’è Marta. C’è Hector. Tanti nomi. «I cognomi? Meglio di no. Non ci piacciono le personalizzazioni». Ecco gli Indignati di Roma che sognano l’italian revolution, ma senza violenza. Rappresentano una delle tante facce della protesta ai tempi della Grande Crisi. Si sentono un movimento corale. Senza bandiere. E senza capi. «Decide sempre l’assemblea»: hanno stabilito a metà  maggio, quando hanno cominciato a riunirsi dove capitava.
Sono partiti da piazza di Spagna. Poi si sono spostati al Pincio e dopo aver toccato altri angoli della città hanno trovato casa, negli ultimi giorni di primavera, a piazza San Giovanni, il grande teatro a cielo aperto del tradizionale concerto del Primo Maggio dei sindacati confederali. «Ma noi non solo siamo apartitici, non c’entriamo nulla nemmeno con i Cobas, né tantomeno con i sindacati organizzati. Siamo noi e basta». L’unico legame è con il Popolo Viola. E infatti domani e domenica insieme «occuperanno» l’Agorà per la due giorni di protesta nazionale contro la manovra e contro la Casta. L’iniziativa è stata organizzata dopo un appello firmato da intellettuali e artisti come Andrea Camilleri, Dario Fo, Daniele Silvestri e tanti altri.
Il volto nuovo della protesta è quello di questi (bravi) ragazzi, che promettono di ripulire la piazza al termine della manifestazione. Età media 30-40 anni, reddito inversamente proporzionale al livello culturale: ci sono laureati con master importanti alle spalle e stipendio (precario) da poche centinaia di euro al mese. I giovanissimi? Pochi in realtà, almeno per adesso. «Ma quando riapriranno le scuole, sicuramente avremo con noi anche molti studenti liceali», assicura Marco, ingegnere informatico, collaboratore a progetto a 900 euro al mese lordi.
Gli Indignati di Roma hanno poco o nulla a che vedere con i movimenti antagonisti, con i centri sociali, con la sinistra radicale. «Molti di noi nemmeno simpatizzano per il centrosinistra, ma sono qui perché preoccupati per la deriva del Paese», dice Elena, ricercatrice precaria. Vogliono cambiare l’Italia con una rivoluzione pacifica. A Che Guevara preferiscono Gandhi. Quando parlano di rapporti gerarchici da azzerare, sembrano strizzare l’occhio all’anarchia, ma si sono dati un sistema di rigide regole: niente alcool, niente droghe, niente slogan offensivi. E soprattutto niente violenza. Si decide tutto per alzata di mano a maggioranza. E chi non accetta, viene cortesemente invitato a farsi da parte. Come è successo al movimento Isola dei Cassintegrati: «Hanno rifiutato le nostre dinamiche dimostrandosi poco collaborativi e aggressivi». Respinti. O come i Cobas: «Molti di loro sono precari come molti di noi. Ma abbiamo altri metodi», conclude Elena.

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