La protesta degli «indignati»: «Ci rivediamo a Montecitorio»

Piazza Navona/ CORI, UOVA E FUMOGENI DAVANTI AL SENATO

Piazza Navona/ CORI, UOVA E FUMOGENI DAVANTI AL SENATO   ROMA. «La mobilitazione contro la manovra non finirà in in questa piazza». È questa la consapevolezza che ieri sera, dopo una giornata passata a presidiare Palazzo Madama, si è diffusa tra i manifestanti accampati in Piazza Navona. Dalla tendopoli montata martedì scorso al termine del corteo indetto dai sindacati di base, sono molte le bandiere e gli striscioni aggiunti ad arricchire il presidio: a sovrastare le tende, il gazebo del Forum dei movimenti per l’acqua che, per protestare contro la manovra, ha indetto fin dalle 11 di ieri una lunga giornata di mobilitazione in Piazza Navona in attesa del voto, con appuntamenti in una decina di città italiane ad accompagnare la protesta. «Con questa manovra il governo italiano sta aggirando la volontà popolare espressa con il voto referendario, riproponendo la privatizzazione dei servizi pubblici locali e assumendosi il rischio di incostituzionalità che noi oggi denunciamo» spiega Paolo Carsetti del Forum. Perché «con il voto referendario le persone hanno indicato chiaramente una nuova stagione che metta al centro i beni comuni e non le agenzie di rating e la speculazione finanziaria». Come il popolo “dell’acqua”, anche i lavoratori dei trasporti locali si dicono convinti che la manovra porterà ad un’inevitabile privatizzazione dei servizi pubblici: «I tagli agli enti locali, oltre a rendere scadenti i servizi a danno dei cittadini e a mettere a rischio molti posti di lavoro, impediscono di fatto una gestione pubblica dei servizi e ne accelerano la privatizzazione» spiega Alessio Bartolani, lavoratore dell’Atac e delegato dell’Usb trasporti.
Mentre i turisti, incuriositi, immortalano la particolarità di una tendopoli sorta nel bel mezzo di Piazza Navona, dall’amplificazione allestita su un furgone dell’Usb si propagano nella piazza le voci dell’assemblea con la quale movimenti, sindacati di base, studenti e forze politiche (Fds, Sc, Pcl) decideranno come proseguire con la protesta una volta che la manovra sbarcherà alla Camera. C’è chi lancia l’idea di un corteo per le strade della città non appena la votazione al Senato sarà conclusa. Chi si dice convinto della necessità di spostare la tendopoli sotto Montecitorio. Per tutti, però, è il 15 ottobre, la giornata dell’indignazione europea, la data centrale di una mobilitazione che dovrà essere permanente e sempre più larga. «Il dato sconcertante è che stiamo assistendo ad un golpe dei principi fondamentali della democrazia e dei suoi diritti avallato dall’inadeguatezza delle forze di opposizione che hanno lasciato soli comitati e cittadini» denuncia Giuseppe De Marzo della rete Rigas. Così «il tentativo di intrecciare le varie vertenze, dai beni comuni al mondo del lavoro e della conoscenza, può prospettare un’uscita dalla crisi che garantisca i diritti e non li distrugga come invece sta avvenendo con l’approvazione di questa manovra» denuncia Giovanna Cavallo di Uniti contro la crisi. Le voci si alternano. Più si avvicina l’ora del voto più la piazza si concentra su come proseguire la protesta.
Al termine dell’assemblea sono quasi le otto. Dentro al «Palazzo» inizia la votazione della fiducia e i manifestanti gridando «vergogna» indirizzano la loro protesta e alcuni fumogeni contro il Senato, protetto da transenne e dai blindati delle forze dell’ordine. In pochi minuti il presidio si trasforma in corteo. Dietro allo striscione «Basta macelleria sociale, basta diktat dell’Unione Europea» il gruppo di manifestanti si dirige verso Corso Vittorio Emanuele II con l’obiettivo di raggiungere Montecitorio dove, dopo la fiducia in Senato, è attesa la manovra. Il corteo prosegue compatto fino a Palazzo Grazioli, difeso da un cordone delle forze dell’ordine che non permette ai manifestanti di proseguire. Vola qualche petardo. Quindi alla volta del Pantheon e da lì dritti a Piazza Montecitorio dove inizia un’altra assemblea per discutere come continuare la protesta. Alla fine, si decide di smontare le tende e di darsi appuntamento a domani mattina alle 9, quando la manovra sarà discussa alla Camera.

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