La Persefone di Agamben al Valle occupato

La presenza di Giorgio Agambem, filosofo italiano tra i più appartati e significativi, al teatro Valle occupato di Roma è un nuovo riconoscimento per la «rivolta culturale» iniziata dagli intermittenti dello spettacolo il 14 giugno scorso.

La presenza di Giorgio Agambem, filosofo italiano tra i più appartati e significativi, al teatro Valle occupato di Roma è un nuovo riconoscimento per la «rivolta culturale» iniziata dagli intermittenti dello spettacolo il 14 giugno scorso. Alle nove di sabato Agamben parteciperà alla performance teatrale liberamente tratta dal libro realizzato insieme all’artista Monica Ferrando, La ragazza indicibile: mito e mistero di Kore (Electa). L’idea scenica, elaborata dal regista Emiliano Montanari, è particolarmente ambiziosa: confrontare il mito di Kore-Persefone, l’oggetto del libro di Agamben e dei quadri di Monica Ferrando, con la riscrittura realizzata dallo stesso regista. La sintesi così ottenuta verrà intrecciata con i frammenti dell’Enfer, il film incompiuto del regista francese Henri-Georges Clouzot e in particolare con le immagini di Romy Schneider che doveva esserne la protagonista. Un dialogo tra filosofia, pittura e teatro che avrà come oggetto il mito eleusino di Kore, l’emblema dell’indicibilità che non può essere comunicata con le parole del logos e incarna la conoscenza suprema. La lettura del libro di Agamben e Ferrando chiarisce la natura del mito. Kore è una figura che mette in discussione la distinzione tra donna (e madre) e la fanciulla (e vergine). «Vergine» va intesa nel senso primordiale indicato in un’iscrizione di Delos dove le due divinità eleusine, Demetra (la donna) e Kore (la figlia) vengono identificate. La «ragazza indicibile» – che è anche il titolo della performance – è una figura del terzo genere sospesa tra la vergine e la donna. Il mistero eleusino, sostiene Agamben, mette in discussione la stessa partizione tra uomo e donna. Ciò che al filosofo interessa di questo mistero è il rapporto originario, già constatato da Aristotele, tra la conoscenza e il mistero. Questo tema lo si ritrova anche in Platone e ritornerà spesso nella riflessione dei padri della Chiesa, arrivando a Hegel. Nel mistero emerge la profondità di un sentimento indicibile rispetto al quale l’iniziato tiene chiusa la bocca e lo spinge a celebrare il rito che prepara una vita piena di serenità e di gioia. È dunque questo, in fondo, l’«indicibile» al quale prepara l’iniziazione: la vita porta con sé il mistero della gioia. «Vivere la vita come un’iniziazione – scrive Agamben nella conclusione di un breve scritto impaginato con i quadri di Monica Ferrando – Ma a che cosa? Non a una dottrina, ma alla vita stessa e alla sua assenza di mistero. Gli uomini sono dei viventi che, a differenza degli altri animali, devono essere iniziati alla loro vita, evono cioè prima perdersi nell’umano per ritrovarsi nel vivente e viceversa».
La performance al Valle sarà seguita da un incontro con gli autori e il pubblico al quale parteciperanno Andrea Cortellessa e Marco Vallora. Un contributo lo darà anche Enrico Ghezzi.

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