La Rete che sfugge ai controlli L’utopia dei 20 hacker convertiti

Il capo del team viene da Indymedia. Finanziati dal Dipartimento di Stato

Il capo del team viene da Indymedia. Finanziati dal Dipartimento di Stato

NEW YORK — Un «pensatoio» progressista, la «New America Foundation», animato da intellettuali come Fareed Zakaria, Francis Fukuyama e Peter Beinart, che, sotto la guida del presidente di Google, Eric Schmidt, diventa anche laboratorio digitale che, nel bel mezzo della Washington «ufficiale» dei ministeri, lavora con discrezione ma senza grande segretezza allo sviluppo di una tecnologia delicatissima e strategica: il «software» col quale dar vita a una rete di comunicazioni informatiche alternativa a Internet, un «web» impermeabile a ogni tentativo di controllo o intercettazione.
Un’impresa audace e spettacolare nelle quale sono impegnati giovani geni della cultura digitale, «hacker convertiti» e perfino ex collaboratori di WikiLeaks che, dopo essere stati la spina nel fianco del Dipartimento di Stato Usa (un anno fa, quando l’organizzazione di Julian Assange pubblicò i cablogrammi della diplomazia Usa), ora lavorano utilizzando proprio i finanziamenti del ministero degli Esteri americano.
Oltre alla fondazione privata, infatti, l’iniziativa ha come protagonista anche il governo degli Stati Uniti (che la finanzia con 2 milioni di dollari), interessato a sviluppare tecnologie di comunicazione non intercettabili da offrire ai dissidenti che cercano di organizzare movimenti politici democratici in molti Paesi retti da dittature. Attivisti che oggi, quando usano Twitter, Facebook o YouTube, spesso vengono intercettati e colpiti dalla polizia informatica di questi regimi oppressivi.
Il Segretario di Stato Hillary Clinton, che quasi un anno fa si impegnò solennemente non solo a sostenere questi movimenti democratici, ma anche a fornire loro un aiuto materiale fatto attraverso le nuove tecnologie informatiche, ha già fatto seguire alle parole i fatti. Anche a costo di «reclutare» qualche ex nemico di WikiLeaks. Come Jacob Appelbaum, creatore di TOR, un sistema di criptaggio scelto per garantire la sicurezza e l’impermeabilità di Commotion, la rete alternativa a Internet sviluppata da un gruppo di una ventina di esperti che, sotto la guida di Sascha Meinrath, e con Josh King responsabile tecnico, fanno transitare le comunicazioni da un terminale all’altro (telefonini, «router», eccetera) attraverso collegamenti «wireless», senza transitare per Internet né altre reti di telecomunicazione.
Quella dell’«hacker» che, dopo aver violato i sistemi di sicurezza più sofisticati, si pente e si mette a lavorare per banche o per imprese della sicurezza informatica, è una figura abbastanza comune. Ma il 37enne Meinrath, il promotore di Commotion, è qualcosa di più: ribelle internettiano della prima ora, animatore del collettivo di giornalisti «online» Indymedia, da qualche tempo è approdato alla New America Foundation dove il suo progetto viene finanziato attraverso l’Open Technology Initiative. Quando, poi, alla fine del 2010, la Clinton lanciò il nuovo programma, Meinrath decise di cogliere un’occasione che considerò straordinaria.
Il suo progetto è stato selezionato, approvato e finanziato a tempo di record. Il «software» di «Commotion» è stato già sviluppato e viene richiesto a gran voce, dalla Siria allo Yemen, dai militanti della «primavera araba». Ma i ragazzi della fondazione non intendono mettere in circolazione il loro prodotto finché non sarà stato adeguatamente testato, verificando la sua effettiva «tenuta stagna». Un dispositivo di sicurezza affidato soprattutto a TOR, un sistema di criptaggio inventato da un gruppo di «hacker» tedeschi e americani che è stato collaudato per la prima volta proprio dal sito WikiLeaks (e proprio contro il Dipartimento di Stato). Il paradosso non sfugge a Meinrath che, però, parlando col quotidiano francese Le Monde, se la cava accusando di schizofrenia il governo federale che, secondo lui, è diviso tra vecchi personaggi che ragionano ancora con la logica della «guerra fredda» e leader come Obama e la Clinton «partigiani, invece, della trasparenza e della libertà d’espressione».
Gli animatori del progetto nelle prossime settimane collauderanno la nuova tecnologia attivando reti locali nelle città di Washington e Detroit e in una riserva indiana in California. Ma già a luglio un gruppo di «hacker» che ha montato il sistema su vari veicoli in movimento in un’area nel raggio di 60 chilometri dai confini tra Austria, Croazia e Slovenia, ha dimostrato la sua capacità di funzionare attraverso le frontiere senza bisogno di strutture fisse in alcuno di questi Paesi.
Il direttore del programma promette riservatezza anche rispetto al governo Usa, ma la realtà è che le autorità americane avranno sempre accesso ai codici di criptaggio utilizzati per proteggere i dissidenti dall’occhio delle dittature.
Del resto, dagli attentati dell’11 settembre di dieci anni fa in poi, gli imprenditori della Silicon Valley hanno sempre considerato patriottico collaborare col governo e anche con la Cia quando maneggiano tecnologie di sicurezza informatica potenzialmente utilizzabili dai terroristi.

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