Dal redditometro al carcere si prova la stretta sull’evasione

Sul tavolo anche il concordato.  Più poteri ai Comuni, ma sanzioni se non centrano i target.  Da un anno girano task force per scovare chi non paga. Risultati? Prossimi allo zero 

Sul tavolo anche il concordato.  Più poteri ai Comuni, ma sanzioni se non centrano i target.  Da un anno girano task force per scovare chi non paga. Risultati? Prossimi allo zero 

ROMA – Raddrizzare l´albero storto della manovra inasprendo la lotta all´evasione. Come questo possa tamponare i buchi via via prodotti da misure cancellate (supertassa), proposte ritirate (riscatto di militare e laurea), soluzioni negate (Iva), è ancora un mistero nelle mani dei tecnici di Tesoro, Ragioneria, Agenzia delle entrate, Inps. Impegnati in queste ore a far tornare conti impazziti. Anche perché la nuova legge sulla contabilità pubblica impedisce di “cifrare” le misure anti-evasione cioè assegnare loro un gettito preciso, perché considerate poste in divenire. Per questo, accanto all´ipotesi di un redditometro più severo e all´abbassamento ulteriore della soglia per la tracciabilità, si affaccia ora l´intenzione di colpire chi evade anche con il carcere. E, per far cassa, riprende quota l´idea un concordato o condono fiscale tombale, come previsto dall´emendamento a firma Laboccetta-Mazzocchi, deputati Pdl, applicato a 4 anni fiscali (2006-2009), per ricavare 35 miliardi da «due milioni di commercianti, artigiani e professionisti che si trovano in contenzioso col fisco o in posizione di evasione parziale o totale».
E´ proprio dal nocciolo duro leghista, sostenuto da Tremonti, che parte l´idea della stretta fiscale, legata a doppio filo all´idea di soccorrere gli enti locali in grossa difficoltà. Lo “sconto” di due miliardi (su 9,2 totali), che diventano tre con le risorse fornite dalla Robin tax, è ancora poco perché i sindaci arrabbiati della marcia su Milano di martedì non siano costretti a sacrificare i servizi essenziali. Poco e non coperto da altre risorse. Ecco allora che i Comuni potranno tenere il 100% di quanto recuperato (percentuale limitata, finora, al 50% se l´evasione è totale, 30% se parziale). Il gettito evaso vale 25 miliardi: una torta (relativa al 2010) che comprende, però, tutti i tipi di evasione (anche quella contributiva, pari l´anno scorso a 6,4 miliardi, che possono salire a 7 nel 2011). Anche solo una fetta, però, fa gola. «Apprezzabile. Ma quali funzioni dare ai Comuni? Se dobbiamo fare i delatori, non ci stiamo», commenta Osvaldo Napoli, presidente Anci. La pubblicazione online delle dichiarazioni dei redditi dei cittadini, una delle ipotesi, viene considerata un´arma spuntata. «E´ da un anno che nelle nostre città girano le task force anti-evasione. Risultati? Prossimi allo zero. Perché non abbiamo gli strumenti. Senza accesso alle banche dati per gli incroci fiscali è solo un proclama», ribatte Graziano Delrio, vicepresidente Anci.
La devoluzione ai Comuni dei ricavi dell´evasione è considerata dalla Lega un´anticipazione del federalismo, condito sul modello “americano”, quello del fisco a tre livelli (federale, statale, municipale). La linea, anticipata dal quotidiano La Padania di ieri, è chiara: equiparare l´evasione al furto con destrezza, prevedere il sequestro preventivo e cautelativo dei beni, tracciare una mappa dell´evasione endemica (nel Meridione, dicono), addirittura sciogliere e commissariare i consigli comunali che non ottengono risultati plausibili. Il bastone e la carota. Infine, formare un “organismo interministeriale” guidato da Tremoni e Maroni a sorvegliare il tutto. Di concreto, per ora, c´è solo l´emendamento Garavaglia, senatore della Lega, sulla nuova “imposta anti-evasione” al 10% che colpirebbe individui e società, anche non residenti, proprietari di ville, castelli, barche, auto potenti, aerei, elicotteri, cavalli, opere d´arte. Una traduzione della annunciata stretta sulle società di comodo a cui intestare i beni di lusso per eludere il fisco.

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