L’insorto del vicino…

Fateci caso, ma gli insorti che abbiamo in sorte vanno bene solo se stanno o dall’altra parte del Continente europeo, oppure sull’altra sponda del Mediterraneo, o anche appena al dilà  delle improvvisate e fragili frontiere del grande Medio Oriente.

Fateci caso, ma gli insorti che abbiamo in sorte vanno bene solo se stanno o dall’altra parte del Continente europeo, oppure sull’altra sponda del Mediterraneo, o anche appena al dilà  delle improvvisate e fragili frontiere del grande Medio Oriente.
Infatti il Qatar, petromonarchia araba che a migliaia di chilometri è intervenuta – con i suoi bombardieri e consiglieri militari, e televisivamente con Al Jazeera, la tv dell’emiro qatariota – per la vittoria degli insorti libici, ha represso a giugno nel sangue alla sua frontiera gli insorti del Bahrein con l’aiuto della «democratica» Arabia saudita; il presidente francese Sarkozy, sodale dell’ex presidente tunisino Ben Ali, si è fatto perdonare con l’intervento armato in Libia, ma nel 2005 come ministro degli interni ha schiacciato con violenza i giovani – che lui chiamava «racaille» (feccia) – in rivolta nelle banlieue parigine, e poi, a scopo elettorale, ha cacciato nel 2010 i «ribelli» zingari dalle città francesi rimpatriandoli con voli di stato; il premier britannico Cameron, anche lui «liberatore» della Libia, ha da poco finito di reprimere violentemente e processare gli insorti delle riots di Londra e delle città inglesi; il ministro degli esteri turco Duvatoglu si straccia le vesti per la vittoria dei ribelli in Libia e denuncia i massacri del siriano Assad contro i manifestanti, ma solo tre giorni fa l’aviazione di Ankara ha massacrato, nel silenzio generale, più di cento ribelli del Pkk alla frontiera irachena; il leader iraniano Ahmadi Nejad invita il Cnt di Bengasi a Tehran ed esalta la «rivoluzione a Tripoli», ma provate a scendere in piazza contro di lui. Infine Israele scalpita per risolvere la crisi siriana, pensando di bombardare. Come del resto fa con i «ribelli» palestinesi ogni giorno a Gaza e con l’occupazione della Palestina da più di sessanta anni.
Non c’è che dire: l’insorto del vicino è sempre più verde.

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