Cavie nel cortile di casa

GUATEMALA Almeno 83 persone vittime di esperimenti Usa negli anni ’40

GUATEMALA Almeno 83 persone vittime di esperimenti Usa negli anni ’40

Negli anni ’40, almeno 83 persone morirono, in Guatemala, vittime degli esperimenti sulla sifilide compiuti dagli Stati uniti con l’acquiescenza del governo locale. Lo ha constatato la commissione d’inchiesta creata dalla Casa Bianca subito dopo la scoperta compiuta da una docente universitaria americana, nell’ottobre 2010.
Negli archivi dell’università di Pittsburg, Susan Reverby, professoressa di storia al Wellesley College, scoprì che, dal 1946 al ’48, medici dell’U.S. Public Health Service, il servizio pubblico sanitario statunitense, inocularono il virus della sifilide e della gonorrea a circa 1.500 prostitute, detenuti, pazienti di ospedali psichiatrici e militari, per sperimentare l’efficacia della penicillina.
In un primo tempo, i ricercatori usarono come cavie delle prostitute, spingendole poi ad avere rapporti sessuali con militari e detenuti. In una seconda fase, i test vennero effettuati in modo diretto su ignari soldati, sui prigionieri o sui malati mentali ai quali veniva poi somministrata la penicillina per studiarne gli effetti. Ma non sempre. Un programma finanziato dal servizio pubblico sanitario, dall’Ufficio panamericano delle questioni sanitarie e dal governo guatemalteco, e guidato da John Cutler, dei servizi federali per la salute pubblica (Phs).
In seguito, Cutler (morto nel 2003) fu responsabile di un analogo progetto, compiuto però negli Stati Uniti: a Tuskegee, tra il 1932 e il 1972, molti esponenti della comunità afroamericana lasciati senza cure per la sifilide ne fecero le spese. Susan Reverby stava facendo ricerche proprio sugli esperimenti di Tuskegee, quando ha incrociato i documenti inerenti il programma, tenuto segreto, condotto in America Centrale.
«Anche se gli avvenimenti si sono verificati oltre 64 anni fa – dichiarò la segretaria di stato nordamericana Hillary Clinton nel 2010 – siamo indignati che simili riprovevoli ricerche abbiano potuto essere condotte per conto della sanità pubblica. Ci dispiace profondamente per quel che è successo, rivolgiamo le nostre scuse a tutti coloro che sono stati infettati da simili pratiche odiose».
In Guatemala, il presidente Alvaro Colom parlò di un «crimine contro l’umanità» da portare alla Corte penale internazionale. In ogni caso, annunciò «un’indagine approfondita» (auspicabile – disse – nei due paesi) per rintracciare eventuali superstiti e risarcirli.
Fra i sopravvissuti, venne rintracciato l’ottantacinquenne Manuel Gudiel Garcia al quale venne iniettato il virus mentre svolgeva il servizio militare. Disse che i medici gli facevano iniezioni senza motivo per otto giorni di seguito e che poi si sentiva male. Un altro sopravvissuto venne infettato a sei anni, in orfanotrofio. Da adulto trasmise la malattia alla moglie e nacque una bambina paralitica. In Guatemala non esiste una norma specifica per punire l’uso di esseri umani negli esperimenti medici. Per istruire il processo contro gli Usa, gli avvocati guatemaltechi potrebbero basarsi su un’antica legge del 1789, la Alien Tort Statute, che è servita d’appoggio in altri procedimenti relativi a violazioni dei diritti umani commessi dagli Usa in territorio straniero. Una norma utilizzata in origine per perseguire atti di pirateria commessi in acque internazionali.
«Speriamo che questa indagine consenta di far luce anche su altre violazioni dei diritti umani commessi nel nostro paese e in altri del Terzo mondo», hanno auspicato le organizzazioni umanitarie guatemalteche. Nel ’75, l’agenzia cattolica di notizie Noticias aliadas denunciò programmi di sterilizzazione forzata su ignare donne indigene, attirate con l’inganno negli ospedali pubblici e finanziate dagli Usa. Nell’84, il vescovo guatamalteco Gerardo Flores rese pubblica una denuncia analoga circa la contaminazione di alimenti con sostanze che provocavano la sterilità, e disse che gli aiuti «erano stati mandati dagli Usa per essere distribuiti fra la popolazione più povera».
Negli Stati uniti, la commissione d’inchiesta istituita da Barack Obama nel novembre del 2010, ha ora stabilito che su circa 1.300 persone infettate, solo «700 hanno ricevuto un trattamento» contro il virus. E almeno 83 sono morte. «E chi sapeva ha preferito mantenere il segreto per evitare lo scandalo», ha detto ieri Amy Gutman, presidente della commissione di bioetica, presentando i risultati dell’indagine.

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