“Io, Eltsin e la folla in strada” Ecco la verità  sul golpe in Urss

Vent’anni dopo, parla l’ex consigliere del presidente Ruslan Khasbulatov “Boris? Impaurito. Gorbaciov? Lento a decidere. I cospiratori? Matti”     

Vent’anni dopo, parla l’ex consigliere del presidente Ruslan Khasbulatov “Boris? Impaurito. Gorbaciov? Lento a decidere. I cospiratori? Matti”     

MOSCA. Boris Eltsin? «Mezzo sbronzo, impaurito. Voleva fuggire dagli americani». Mikhail Gorbaciov? «Lento nelle decisioni, come sempre. Ma lucido e soprattutto corretto. Non date retta alle dicerie che vennero dopo». I golpisti? «Una banda di matti che aveva previsto tutto tranne una cosa: sparare sulla folla».
Nelle austere stanze della Accademia Plekhanov, il giorno in cui finì l´Unione Sovietica sembra più lontano dei vent´anni segnati sul calendario. Ruslan Imranovic Khasbulatov, 69 anni, abito di lino bianco, docente di Economia Globale, liquida frettolosamente l´assalto di un gruppo di studentesse adoranti e si concentra su quella mattina del 19 agosto 1991 quando l´Urss era ancora in piedi e la sua carica era presidente del Soviet Supremo della Federazione russa. «Come tutti i cittadini capii tutto dalla tv. Davano in continuazione una vecchia versione del Lago dei cigni. Anche la radio metteva i brividi. Niente notiziari, niente di niente. Solo musica di Ciaikovskij».
Bastava per far pensare a un golpe?
«Di sicuro era inquietante. Ero in dacia a venti chilometri da Mosca. Eltsin, il presidente, era nella casa accanto. Ci andai di corsa. Che brutta scena».
Era già stato informato?
«Sì e non voleva alzarsi dal letto. Aveva la barba lunga, l´aria assente, sapeva di vodka rancida. Mormorava: è finita, ci arresteranno tutti».
E poi?
«La radio interruppe Ciaikovskij per un breve comunicato: Gorbaciov che per motivi di salute rimaneva in Crimea. Il potere affidato a un misterioso Comitato di Stato per la Situazione d´Emergenza. Sapeva di tragico ma anche di comico, di qualcosa di dilettantesco».
Eltsin reagì?
“Dovetti scuoterlo, urlare. Boris Nikolaevic, gli dicevo, si tiri su, si vesta. Questo è un golpe di merda, mi creda. Una pugno di pazzi che possiamo sconfiggere, se agiamo subito».
E funzionò?
«Come un automa, ma cominciò a reagire. Convocai i consiglieri della presidenza. Dissi che dovevamo preparare un messaggio alla nazione, che condannasse il golpe e chiedesse l´immediata liberazione di Gorbaciov. Ma non era così facile».
Qualcuno preferiva arrendersi ai golpisti?
«Questo no. Ma ricordo Gennadj Burbulis, consigliere di Eltsin, che diceva: perché mai dobbiamo salvare Gorbaciov? Gli saltai addosso. Gli urlai che c´era in gioco tutto il sistema, che i rancori personali dovevano restare fuori».
Il resto è noto. Trasferimento rapido alla Casa Bianca, il Parlamento russo, e convocazione di tutti deputati.
«La leggenda dice che Eltsin sbaragliò i golpisti da solo. Balle. Il merito va a quei 500 deputati che trasformarono la Casa Bianca nel centro della Resistenza. Questo diede il coraggio ai cittadini di scendere in strada. E i militari che appoggiavano i golpisti ne furono paralizzati».
Erano veramente così teneri d´animo?
«Incontrai uno di loro. Il generale Aleksandr Lebed. Gli feci una sfuriata violenta. Si mise subito a disposizione. Non era pauroso. Ma la sua formazione gli impediva di agire contro le masse».
Eppure la foto di Eltsin sul carro armato resta l´icona del successo personale del presidente.
«Ma se non voleva salire! Mi ammazzano, diceva, non ce la faccio. Salì solo quando gli dissi che a quel punto sarei andato io sul tank e mi sarei preso io l´ovazione della folla».
Non ha una grande stima del personaggio…
«Certo non del suo coraggio. Ma sapete che il secondo giorno di golpe stava per rifugiarsi nell´ambasciata americana? Dovetti fermarlo dentro al garage…».
In ogni modo la resistenza sgretolò il progetto dei golpisti. Tre suicidi, gli altri arrestati. Volevano restaurare il comunismo pre perestrojka, giustificarono la messa fuorilegge del Pcus. Fino allo scioglimento dell´Urss. E all´inizio, in Russia, dell´Era Eltsin. Che bilancio se ne può trarre?
«Mi dispiace che Eltsin non abbia pagato per i suoi crimini. Il golpe lo aiutò a salire ad un´altissima carica dello Stato pur essendo poco amato dalla popolazione».
E Gorbaciov?
«Se non ci avesse aperto la strada della democrazia chissà cosa sarebbe accaduto. Ma il golpe salvò anche lui da un declino ignominioso. La sua miopia sul fronte economico fu devastante. La gente era allo stremo. Mi ricordo una volta che gli dissi di avere più coraggio, di fare qualche apertura verso il capitalismo. Lo aveva fatto, citai, perfino Lenin, il bolscevico numero uno. Ma lui prendeva tempo, esitava. In fondo il golpe cancellò anche questi suoi limiti».
Pochi anni, dopo, nell´ottobre ‘93 proprio lei, insieme al vice presidente Rutskoy, si asserragliò in Parlamento, armi in pugno, contro le riforme costituzionali di Eltsin. Fu anche quello un tentato golpe?
«Fu una legittima reazione ad una decisione assurda e antidemocratica. Eltsin fece quello che i golpisti del ‘91 non ebbero la forza di fare. Mandò le truppe speciali. Cannoneggiò il Parlamento. Non mi pento. Quelle riforme hanno creato la Russia autoritaria di oggi».

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