Il neoliberismo non è più un dogma

LONDON CALLING
I sociologi predicano da sempre consumo e competizione. Ora dicono che i rivoltosi non hanno ideali

LONDON CALLING
I sociologi predicano da sempre consumo e competizione. Ora dicono che i rivoltosi non hanno ideali

 Ero a Liverpool il 26 ottobre 2010, quando John Osborne Ministro dell’economia del governo conservatore inglese tenne il discorso nel quale si dichiarava l’intenzione di devastare la società, o meglio quel che della società è rimasto dopo trent’anni di politiche neoliberiste thatcheriane e blairiane. «Cinquecentomila dipendenti pubblici saranno licenziati entro tre anni, la spesa per la sanità pubblica sarà ridotta drasticamente, le tasse universitarie saranno moltiplicate per tre» dichiarava quel giovanotto col sorriso sulle labbra. E così via.

Ascoltandolo provai una sensazione molto netta: questi quarantenni che con la ridicola formula big society spacciano il neoliberismo agonizzante come se fosse un dogma indiscutibile, sono semplicemente degli ignoranti: dilettanti allo sbaraglio. Cresciuti come polli d’allevamento nelle loro scuole d’élite non sanno nulla del mondo e pensano che sia composto di numeri, indici e listini. Quando compaiono sulla scena degli esseri umani sanno dire solo che sono criminali e chiamano l’esercito.
Almeno la signora Thatcher aveva dovuto scontrarsi con i rabbiosi minatori di Arthur Scargill, e quando dichiarava che la società è una cosa che non esiste, la figlia del droghiere sapeva che quell’affermazione provocatoria corrispondeva a una dichiarazione di guerra. Condusse la sua guerra contro la società e la vinse. Oggi la metropoli inglese è un inferno di macerie sociali, nonostante i lustrini che Blair ha cinicamente chiamato Cool Britannia. Un inferno di precariato, sfruttamento e miseria.
In quel discorso del 26 ottobre Osborne non si chiedeva se è possibile comprimere ulteriormente la vita di milioni di giovani costretti in condizioni già insopportabili. Si trattava di prendere decisioni amministrative e aspettare che la società (che tanto non esiste) si adattasse. Quella stessa sera tenni una conferenza alla Biennale di Liverpool davanti a un pubblico di artisti di strada, insegnanti sottopagati, studenti che fanno lavori precari. Dissi che a mio parere l’Europa stava morendo perché non era in grado di emanciparsi dal dogma monetarista e che entro un anno la Gran Bretagna sarebbe esplosa. E’ accaduto con qualche mese di anticipo, e so per certo che è solo l’inizio.
L’inizio dell’insurrezione europea.
Dopo aver predicato per venti anni competizione e consumo, degli ipocriti vestiti da sociologi dicono che questi rivoltosi non hanno ideali se non fare la spesa senza pagare. Non è chiaro di quali ideali stia parlando Anthony Giddens, ma è meglio si metta il cuore in pace: la generazione precaria è stata espropriata di tutto, anche del suo futuro. Ora inizia facendo la spesa senza pagare. Ma è anche la generazione del lavoro cognitivo. Tra i razziatori d’agosto ci sono gli studenti che il 14 dicembre occuparono il centro della city per protestare contro il governo che triplica i costi dell’università, e nei mesi di primavera occuparono le banche per tenervi lezioni di microbiologia e letteratura francese, dato che le banche hanno razziato tutto e alla scuola non sono rimasti neppure gli occhi per piangere.
Chi accusa i ribelli d’agosto di essere dei violenti è in mala fede. Prima di tutto Mark Duggan è stato ucciso dai poliziotti e l’inchiesta ha dimostrato che non aveva sparato né intendeva fuggire. In secondo luogo la violenza è quella di una classe dirigente che impedisce ai giovani di studiare. La generazione cognitiva precaria comincia la sua rivolta afferrando quel che le occorre senza chiedere permesso. Ma la rivolta non si ferma qui, perché il lavoro precario è anche lavoro ad alto contenuto intellettuale. Ora ci solleviamo, perché è l’unico modo per riconquistare il nostro territorio di esistenza. Poi ricostruiremo tutto secondo scienza e coscienza. perché soltanto noi, i ribelli precari e cognitivi, liberi dal dogma neoliberista, saremo in grado di farlo.
Con rapidità impressionante il castello del capitalismo finanziario sta crollando, e la civiltà sociale costruita dal lavoro e dalla scienza nei secoli della modernità, rischia di rimanere sotto le sue macerie. Solo l’autonomia del lavoro cognitivo potrà salvare quell’eredità, e questo è il compito politico, scientifico, e poetico che siamo chiamati a svolgere. Questo passaggio straordinario si sta svolgendo per così dire senza parole. Il pensiero fa scena muta. Assorbiti dal dogmatismo servile gli intellettuali non pensano, non sanno immaginare oltre la presente apocalisse. Ma qualcuno deve assumersi questo compito. Inizia un decennio di conflitto insurrezionale che si dispiegherà su tutto il territorio europeo. L’Europa è il luogo in cui è in gioco l’eredità dell’umanesimo dell’illuminismo e del socialismo. Ma la recessione occidentale potrà aprire alla rivolta degli operai indiani e cinesi quando le merci da loro prodotte non troveranno più acquirenti nell’occidente impoverito. Mai come ora la rivoluzione mondiale fu all’ordine del giorno. La follia volontarista del comunismo isterico novecentesco si è conclusa, come doveva, tragicamente, lasciando alle sue spalle cinismo e paralisi del pensiero.
Ma il collasso d’Europa riporta il dramma della lotta fra le classi nel punto in cui Marx lo descrisse: Londra è in fiamme.

0 comments

Leave a Reply

Time limit is exhausted. Please reload CAPTCHA.

Sign In

Reset Your Password