Il No Tav rampante scende dall’albero dopo più di 50 ore

  Convinto da don Ciotti: “Opera giusta? Non so”   

  Convinto da don Ciotti: “Opera giusta? Non so”   

Chiomonte. Tende la mano a don Ciotti, un abbraccio a 30 metri di altezza, ma Turi Vaccaro, pacifista da tre giorni in sciopero della fame e della sete, decide di non approfittare del passaggio sul cestello dei vigili del fuoco: scende con le sue gambe. Ramo per ramo. Non si “consegna” alla polizia, ma fugge lungo il muretto sulla Dora, da dove giovedì pomeriggio era riuscito a evitare gli occhi delle forze dell´ordine, salendo sull´abete. E corre ad abbracciare sul ponte i militanti che hanno vegliato su di lui notte e giorno. E´ una festa. Mancano pochi minuti alle 19, don Luigi Ciotti, accolto dagli applausi No-Tav, è volato da Palermo per convincere l´amico di vecchia data e pacifista a lasciare l´albero vicino alla centrale elettrica di Chiomonte, dentro il sito presidiato della Maddalena.
«Turi, scendi giù», dice salutandolo da terra. «Sono venuto qui per te». Entra nel cantiere. Indossa il casco e sale con un vigile. Turi è pronto ad abbandonare l´albero dopo 50 ore e mezza.
Sul ponte della centrale, dopo esser sceso dal cesto, arriva anche don Ciotti che lo accarezza sulla fronte: «Ma cosa mi combini Turi». E poi l´abbraccio. «Ero alla commemorazione del procuratore Costa, che ha fatto il partigiano in Val di Susa – dice il fondatore di Libera – sono qui per Turi e per quanti lottano per quello che ritengono giusto». E aggiunge: «Non so se la Tav vada bene o sia sbagliata, non sono un tecnico. So però che ci sono dei criteri fondamentali che vanno considerati, delle priorità: il rispetto per la persona, per la gente e per l´ambiente. E poi c´è una grande questione in questa fase: le politiche sociali per il Paese». Insomma, la Tav non è la prima questione da affrontare in un momento di crisi. Don Ciotti lo dice chiaramente, parlando al megafono davanti ad un centinaio di militanti: «L´Italia è sulla soglia della bancarotta, mentre l´Europa arranca. Non ci sono i soldi per chi ha bisogno. Perché spenderne per avvicinare due punti se poi si allungano le distanze sociali. Non so che farmene di un treno veloce se poi i regionali sono in condizioni pessime. Si investa nelle fasce più deboli, un atto di giustizia».
Il fondatore di Libera accetta l´invito a visitare il sito della Maddalena. Insieme a lui entrano anche Alberto Perino, uno dei leader dei No-Tav, e lo stesso Turi: «Continuerò il digiuno fino a quando la Valle non sarà libera». Anche Stefano e Nicola, altri attivisti No-Tav, continueranno lo sciopero. Turi racconta la sua storia, il suo incontro con Ciotti negli anni ‘80, quando lavorava in Fiat, poi lasciata perché produceva «strumenti di guerra. Sono andato da don Gigi, all´epoca non si doveva fare tanta anticamera come oggi, e gli ho chiesto di fare obiezione di coscienza. E´ stato uno dei miei ispiratori. Mi ha accolto a braccia aperte e ho lavorato nel centro storico di Torino con i bambini». Perché salire sull´albero? «Quando sono entrato dentro i carabinieri hanno cercato di fermarmi, mi hanno fatto male». Indica i segni sul braccio. «Così ho avuto l´ispirazione di fargliela pagare e di andare sull´abete. E´ stata dura, è stata difficile, in molti momenti ho pensato di non farcela».
Turi racconta poi di Comiso, dove è andato non solo per aiutare i terremotati, ma per bloccare per tre giorni la base militare e manifestare. E poi il blitz in Olanda, quando ha disarmato due F-16. Azione che gli è costata qualche mesi di carcere. Ed ora la Tav. La corsa contro la benna armato di aglio durante lo sgombero della Maddalena è una delle immagini del 27 giugno. Poi la salita sull´abete No-Tav della centrale, mettendo in scacco le forze dell´ordine. E la lotta continua. Oggi i No-Tav si ritroveranno a Giaglione, dopo aver ricevuto una lettera dal commissario ai Trasporti e vicepresidente della Ue, Siim Kallas. «L´Unione Europea ci riconosce come interlocutori – dicono i vertici del movimento – e titolari del diritto di opposizione».

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