Inedito di Ballard sulla guerra globale agli Usa

«Forse la sua riluttanza a andare a cercare elogi nei circoli letterari lo faceva sembrare più riservato di quanto fosse in realtà . Ma sapeva esattamente quel che faceva; si rendeva conto di aver influenzato generazioni di scrittori, registi cinematografici, artisti. Qualcuno, specie nel Regno Unito, non lo capì fino in fondo? Non gli importava» . Nell’aprile del 2009, subito dopo la morte di J. G. Ballard, la sua editor e amica Clare Rehill spiegò così, al «Corriere» , uno dei tanti paradossi della vita e della carriera dell’autore di Crash.

«Forse la sua riluttanza a andare a cercare elogi nei circoli letterari lo faceva sembrare più riservato di quanto fosse in realtà . Ma sapeva esattamente quel che faceva; si rendeva conto di aver influenzato generazioni di scrittori, registi cinematografici, artisti. Qualcuno, specie nel Regno Unito, non lo capì fino in fondo? Non gli importava» . Nell’aprile del 2009, subito dopo la morte di J. G. Ballard, la sua editor e amica Clare Rehill spiegò così, al «Corriere» , uno dei tanti paradossi della vita e della carriera dell’autore di Crash. Che, allergico ai rituali dell’accademia, ripeteva di buttare nel cestino le varie stesure dei suoi romanzi e di non conservare archivi che facessero la fine, sorrideva, «del fazzoletto nel quale Graham Greene si soffiò il naso nel 1957» . Ma in realtà Ballard— che immaginava scenari inquietanti e distopie da fantascienza — guardava al futuro lavorando con una macchina per scrivere, mai al computer. E conservò le stesure — corrette e ricorrette — dei suoi libri (distrusse invece quasi tutti i suoi taccuini, una sorta di diario della lavorazione dei suoi libri del quale restano pochi esemplari). Tutto materiale di ricerca letteraria senza prezzo che grazie alla vedova dello scrittore, Claire Walsh, la compagna degli ultimi 40 anni, è stato perfettamente conservato e donato alla British Library (secondo la signora Claire i taccuini furono distrutti «perché Jimmy non voleva far vedere il cantiere aperto dei suoi libri» ). Da lunedì scorso è finalmente disponibile al pubblico l’Archivio Ballard, già visionato in primavera da Chris Hall, il suo biografo che ieri sul «Guardian» grazie all’oggettivo vantaggio temporale sugli altri ricercatori — al lavoro soltanto da tre giorni — ha pubblicato una bella analisi di quello che contiene la collezione. Hall ha subito curiosato tra le pagine del progetto — al quale Ballard lavorò tra il 2006 e il 2008, già condannato dal tumore alla prostata e alle ossa che lo uccise — di un romanzo che non ha mai visto la luce: An Immodest Proposal or How the World Declared War on America («Un’immodesta proposta o Come il mondo dichiarò guerra all’America » ) nel quale una coalizione globale scatena una guerra preventiva contro gli Stati Uniti. Contenuto in cinque taccuini (da 80 centesimi di sterlina l’uno, c’è ancora l’etichetta di una libreria non lontano da Casa Ballard a Shepperton). Tra le revisioni — abbondanti, è evidente dai documenti che Ballard lavorava per accumulo, non per sintesi— ai suoi testi famosi c’è un curioso punto esclamativo piazzato dopo il titolo Crash. Ma per quanto faccia molto pop art, è molto probabilmente meglio che la versione del titolo di quello che diventò il suo libro più famoso non sia passata alla storia come Crash!. Ma chi l’ha conosciuto garantisce che il nostro scavare negli archivi non gli sarebbe importato granché: come a ogni giocatore che si rispetti, a Ballard interessava sempre la prossima mano, mai quella appena giocata: «Quello di cui m’importa sono i prossimi cinque minuti» .

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