«Sogno la libertà , pubblico poesie»

Esule italiano in Grecia, rivoluzionario, esule greco in Italia «Ho scoperto Pascoli a 11 anni, ho iniziato con Erotica di Ritsos»

Esule italiano in Grecia, rivoluzionario, esule greco in Italia «Ho scoperto Pascoli a 11 anni, ho iniziato con Erotica di Ritsos»

  Erano tutti distratti dalla partita che si stava giocando ad Atene, quel sabato 4 marzo 1972, e il risultato finale, Grecia-Italia 2 a 1, fu un risultato perfetto. Nicola Crocetti, ricercato dalla polizia ellenica perché oppositore della dittatura instaurata dai colonnelli golpisti nel 1967 fino al 1974, poté fingersi giornalista al seguito della Nazionale di calcio e compiere la sua «missione impossibile» .
Per conto del Fronte nazionale di liberazione greco, Crocetti doveva tornare in Grecia e accertare se il poeta Ghiannis Ritsos fosse morto, o se invece si trattasse di una notizia falsa messa in circolazione per fiaccare lo spirito degli esuli del regime scampati in Italia. Ritsos era uno dei più grandi poeti greci viventi — già accostato a Ghiorgos Seferis e a Odisseas Elitis (entrambi premi Nobel, nel 1963 e nel 1979)— ed era anche uno dei più rappresentativi oppositori del regime dei colonnelli, che infatti si premurarono di spedirlo prima in carcere e poi al confino, nell’isola di Samo. Crocetti era solo un giovane intellettuale greco di Patrasso con l’idea fissa della poesia, un’idea che coincideva con la sua voglia infinita di libertà, anche perché aveva conosciuto l’esilio già a cinque anni, prima ancora del golpe dei colonnelli, quando la sua famiglia dovette abbandonare la Grecia e riparare in Italia. «La mia famiglia — racconta Crocetti — apparteneva alla folta comunità pugliese che nella seconda metà dell’Ottocento emigrò in Grecia in cerca di terre da coltivare e si stabilì a Patrasso. I miei nonni, i miei zii e i miei genitori erano greci, per nascita e per lingua, come me, ma non erano “cittadini greci”perché per diventarlo bisognava abbracciare la religione ortodossa. Nel 1935 mio padre Spyros, a differenza dei suoi sei fratelli, che si fecero ortodossi e acquisirono la cittadinanza greca, decise di restare cattolico. Così, quando il 30 ottobre 1940 Mussolini attacca la Grecia, mio padre diventa “nemico”dei greci e finisce in campo di concentramento. Poi, nel 1945, il governo greco confisca tutti i beni degli italiani e li caccia via, rimandandoli in patria. E così, all’improvviso, mio padre, mia madre Aristea, io e mia sorella Beba scopriamo di essere diventati “italiani”per i greci, mentre quando approdiamo in Italia, a Firenze, scopriamo di essere greci per gli italiani» .
 Sono anni terribili, di povertà nera, Nicola e Beba vengono tirati su dalle suore, in un collegio per orfani e bimbi indigenti. «Mangiare, pipì, suora. Queste erano le sole tre parole italiane che conoscevo» , dice Crocetti. Che però impara presto, prestissimo. Tanto che a undici anni, «quando mi regalarono un libro di poesie di Giovanni Pascoli» , decide cosa farà da grande: si occuperà di poesia: «Che non vuol dire necessariamente scrivere poesie, ma leggere e far leggere poesia» . E Ritsos, che abbiamo lasciato sull’isola di Samo? Quando Crocetti va a trovarlo, è il poeta in persona che gli apre la porta e senza chiedergli nulla lo afferra per un braccio e lo tira dentro casa. Ritsos era malato, ma non aveva il cancro, come avevano diagnosticato, sbagliando, i medici militari greci. Mentre Crocetti, lì, stava rischiando la pelle, perché la polizia greca pur di incastrarlo non aveva esitato a torturare, invano, suo cugino e Alekos Panagulis — un’icona dell’opposizione al regime —, affinché facessero il suo nome. Poesia e libertà sono ormai il programma di vita di Nicola Crocetti. Che, già che c’è, va a trovare anche Nana Kalianesi, la mitologica fondatrice della prestigiosa casa editrice Kedros. E Nana coglie l’occasione per far pervenire a tutti i detenuti politici, tra i quali Ritsos, un messaggio — un «pizzino» diremmo oggi— con il quale li invita a scrivere un testo: una poesia, un racconto, una riflessione. In diciotto rispondono all’appello e la Kedros pubblica un volume intitolato 18 testi, che ha un successo straordinario e, naturalmente, porta all’arresto di Nana Kalianesi. «Nana restò in carcere sei mesi — ricorda, sorridendo, Crocetti —. Ma quando uscì replicò l’operazione-pizzino e pubblicò un altro libro. Titolo: 18 nuovi testi. Ovviamente, la arrestarono di nuovo» . Due anni dopo, caduto il regime dei colonnelli, Crocetti potè ritornare in Grecia, dove cominciò a dar vita al suo sogno — una casa editrice di libri di poesia —, ancora una volta grazie all’incontro con Ghiannis Ritsos, che gli regalò una raccolta di poesie d’amore inedite. «Quando me le diede, mi disse: “Prendile, sono ancora calde della mia mano”. In realtà erano ancora calde del suo cuore» . Con il titolo Erotica quelle poesie nel 1981 inaugurarono le pubblicazioni della Crocetti Editore, in Milano. Da allora, la «folle utopia» di Crocetti non è mai morta, ma ha partorito la rivista «Poesia» , nel 1988, e illuminato decine di autori di grandissimo valore. Senza mai ricevere un euro di finanziamento pubblico, come molti altri editori grandi e piccoli, né il sostegno di mecenati spesso attentissimi a starlet e calciatori, ma «distratti» con la cultura (con la poesia, poi, non ne parliamo).
 In Grecia invece i poeti sono venerati come rockstar. «L’ho visto fare con Ritsos, ma anche con poeti minori o sconosciuti — dice Crocetti —, lì la gente si inginocchia davanti ai poeti» . E cita Elitis: «Chi sono i poeti? Gli inconsolabili consolatori del mondo» . E poi declama una fulminante poesia di Ritsos— «Vita/Una ferita/Nell’inesistenza» — del quale, per i trent’anni della casa editrice, ha pubblicato il poema Il capolavoro mostruoso.
Un’impresa ancora più grande però, di cui tutti dovrebbero essergli grati, Crocetti l’ha fatta traducendo direttamente dal greco (finora, l’unica traduzione in italiano era quella da un’edizione inglese del 1952) il capolavoro di Nikos Kazantzakis, Zorba il greco, da cui il regista Michail Cacoyannis trasse l’omonimo film vincitore di tre premi Oscar nel 1964, con un Anthony Quinn che più greco non si potrebbe, una Irene Papas dalla seduzione mortale come il morso di un cobra e la magica musica, diventata poi colonna sonora «nazionale» , di Mikis Theodorakis. Appena ha saputo dell’uscita di Zorba in italiano, Cacoyannis ha invitato Crocetti a presentare il libro ad Atene. Ma non ce l’ha fatta. L’età e la malattia, lunedì scorso, hanno sconfitto il grande regista cipriota. «E allora ho pensato che il miglior modo per onorare la sua memoria e quella dell’autore di Zorba — dice Crocetti — fosse riprendere in mano la traduzione in italiano dell’Odissea di Kazantzakis» . Si tratta di un poema di 33.333 versi, «continuazione» dell’Odissea di Omero, che è considerato un altro capolavoro ed è stato tradotto in inglese, francese, spagnolo, tedesco e svedese. Ma non in italiano. Sempre per lo stesso motivo, i soldi: per la poesia, non li tira fuori nessuno.
«In verità, qualche anno fa — dice Crocetti — Silvio Berlusconi ha donato centomila euro per la traduzione in inglese dello Zibaldone di Giacomo Leopardi» . E oggi? Ci sarà in giro qualche mecenate a cui piace Kazantzakis, o qualche ente pubblico, o magari una banca, attento alla Grecia non solo per ragioni finanziarie? «Non lo so — risponde Crocetti —, ma so che non è vero che la poesia non interessi a nessuno. È una fiammella che però va mantenuta viva e un greco ha il dovere di tenerla viva più di chiunque altro, perché parla la stessa lingua di Omero, di Saffo, dei grandi tragediografi e ha nel proprio dna un patrimonio di cultura senza eguali al mondo Insomma, come dico sempre anche a me stesso: non puoi essere greco impunemente» . E se non sei greco, c’è Elitis: «È solo Poesia/Quello che resta. Poesia» .

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