Il censimento boicottato dalle paure dei tedeschi

I ricordi del nazismo e della Stasi frenano la conta

I ricordi del nazismo e della Stasi frenano la conta

BERLINO — Quanti sono i tedeschi? Lo sapremo con certezza nel novembre dell’anno prossimo. Intanto dobbiamo prendere per buona la cifra di 81,8 milioni, un dato che secondo gli esperti di statistica potrebbe essere superiore alla realtà. Le ragioni di questo mistero stanno nel fatto che nella Germania riunificata non è stato mai realizzato un censimento: i più recenti furono fatti a Ovest nel 1987 e a Est nel 1981. Adesso è arrivato il momento. Lo stabiliscono tra l’altro i regolamenti dell’Unione Europea e la Germania è stato l’unico Paese, con la Svezia, a non unirsi agli altri membri nei rilevamenti della popolazione compiuti dieci anni fa. «Ci potrebbero essere molte sorprese» , ha dichiarato Sabine Bechtold, capo dell’ufficio statistico. I questionari (molto dettagliati, quarantasei domande) devono arrivare a destinazione entro la scadenza prevista, il 31 luglio.
 Attualmente, ha scritto la Tageszeitung, sono tra l’ 80 e il 90 per cento quelli che sono stati riconsegnati, rispediti o compilati on-line, tranne nel Brandeburgo, dove alcuni giorni fa erano fermi al 65 per cento. Le multe per coloro che non hanno fatto il proprio dovere partono da un minimo di 300 euro. Anche se l’ufficio statistico federale ha assicurato fin dall’inizio che avrebbe fatto ogni sforzo per proteggere la riservatezza e ha escluso che i dati raccolti possano venire utilizzati da altre agenzie governative, il censimento non è stato però una tranquilla formalità.
Anzi, ha provocato non poche resistenze in alcuni settori della popolazione, come dimostra tra l’altro la nascita di organizzazioni come «Aktion Gruppe Ak Zensus» che fornisce assistenza a tutti coloro che hanno perplessità o dubbi sull’intera operazione. Le ragioni di questo malessere vanno ricercate proprio nella storia, recente o meno recente della Germania. Secondo il Wall Street Journal non può essere dimenticato in primo luogo come il regime nazista abbia utilizzato i dati dei censimenti per rintracciare gli appartenenti alla comunità ebraica o ad altre minoranze.
Nella Germania Est, inoltre, l’ossessione di reprimere qualsiasi forma di dissenso aveva portato alla creazione di sterminati archivi per la schedatura dei cittadini. Non è un caso quindi che, proprio tenendo conto di queste tristi eredità, in Germania esistano regole molto restrittive sulla protezione delle informazioni personali. Si arrivò al punto che la Corte costituzionale bloccò nel 1983 un censimento (quello che si effettuò quattro anni dopo) proprio per la mancanza di adeguate garanzie legate alla tutela dei dati. Che le tragiche esperienze del secolo scorso abbiano ancora una parte importante nel modo di pensare dei tedeschi lo dimostra una recente polemica che ha coinvolto il ministro-presidente cristianodemocratico della Sassonia Anhalt.
Quando il Land di Berlino ha annunciato la decisione di mettere targhette di identificazione obbligatorie sulle divise degli agenti di polizia, Rainer Haseloff ha espresso senza mezze misure la sua contrarietà: «Considerata la storia tedesca, è inaccettabile che si obblighi qualcuno a portare un segno di riconoscimento» . Sono state così tante le critiche, soprattutto provenienti da coloro che hanno visto in queste frasi un accenno alle stelle gialle naziste per gli ebrei, che il governatore è intervenuto ieri nuovamente precisando che si riferiva agli anni bui delle schedature nella Ddr. Gli anni, insomma, delle «vite degli altri» . È un Paese, questo, che non dimentica mai il suo passato.

0 comments

Leave a Reply

Time limit is exhausted. Please reload CAPTCHA.

Sign In

Reset Your Password