Svastiche, bombe e concerti Larsson fotografa i neonazi

Riprendiamo brani di un’intervista allo scrittore e giornalista Stieg Larsson, pubblicata sul quotidiano Libération nel ’99. Allora, l’autore svedese – costantemente minacciato – era già  un esperto dei movimenti scandinavi di estrema destra , lavorava nell’agenzia stampa TT e aveva fondato la rivista antirazzista Expo

Riprendiamo brani di un’intervista allo scrittore e giornalista Stieg Larsson, pubblicata sul quotidiano Libération nel ’99. Allora, l’autore svedese – costantemente minacciato – era già  un esperto dei movimenti scandinavi di estrema destra , lavorava nell’agenzia stampa TT e aveva fondato la rivista antirazzista Expo

Il compianto Stieg Larsson, giornalista e scrittore svedese, autore di Uomini che odiano le donne , ha pubblicato analisi lucidissime e ancora attuali sull’avanzata del nazifascismo nei paesi nordici. E fino all’ultimo (è morto per un infarto nel 2004) ha vissuto sotto la costante minaccia di attentati da parte dell’estrema destra.
In un’intervista al quotidiano francese Libération del luglio ’99, Larsson individua il punto di non ritorno dei movimenti nazisti: «La strategia dei neonazi è cambiata – afferma allora – Se prima il loro obiettivo erano gli immigrati, ora invece dicono che non sono un problema, che se ne occuperanno nel giro di due giorni quando saranno al potere. Il loro nemico, ormai, è la società, la democrazia e tutti i suoi rappresentanti, giornalisti, poliziotti, insegnanti. Quindi bisogna aspettarsi un aumento esponenziale della violenza». I neonazisti svedesi – dice ancora lo scrittore – passano il Rubicone alla fine di maggio quando tre di loro, dopo una rapina, abbattono due poliziotti e finiscono le vittime con un colpo di pistola alla tempia sparato a bruciapelo. «Non si trattava di uccidere, ma di beffare la democrazia», rileva Larsson, giornalista dell’agenzia stampa TT e fondatore del trimestrale antirazzista Expo . Da allora – spiega -, due autobombe fanno brutalmente salire la tensione. Il primo attentato ferisce un giornalista di Stoccolma. Qualche giorno dopo, due poliziotti di Malmo, attirati da una telefonata anonima che denuncia la presenza di una macchina rubata, vengono a loro volta feriti dall’esplosione dell’automobile.
Per Stieg Larsson, da quel momento i nazi mettono in campo una «resistenza senza leader» modello americano: una strategia di azioni organizzate da individui isolati che agiscono senza riferimenti centralizzati. Protagonisti dell’escalation di violenza e della «svolta», giovani dai capelli rasati con le braccia muscolose ornate di tatuaggi d’ispirazione vichinga: come «Erik», che preferisce l’appellativo di «patriota svedese», parla della natura nordica e delle multinazionali che l’avvelenano. Erik è uno dei responsabili di Nationell Ungdom (Nu – gioventù nazionale), un movimento ultranazionalista così discreto da aver sempre evitato le interviste prima di allora. Aderisce a un’organizzazione «ombrello», il Movimento di resistenza svedese -Nu, e pubblica Folktribunen (la Tribuna del popolo) che predica «un potere reale e autoritario», «l’espulsione degli immigrati» per garantire «la sopravvivenza culturale ed etnica del popolo svedese», e se la prende con gli omosessuali, considerati il nemico principale. L’adesione a Nu implica un allenamento fisico obbligatorio.
Per i tipi come Erik, «La Svezia è diventata una società più dura. Bisogna essere pronti alla violenza per autodifesa». Il militante- tipo di Nu mostra la trasformazione avvenuta in quegli anni in Svezia nella nebulosa neonazista. Finito il tempo degli skinhead alcolizzati. Ora si è in presenza di un’estrema destra più disciplinata, più preparata ideologicamente, violenta sì, ma in maniera più mirata. Gli anni ’80 – spiega Larsson – sono stati teatro di una lotta generazionale. Gli skinhead si ritrovavano nelle due principali componenti estremiste. Bss («Ridiamo la Svezia agli svedesi») ha poi scelto però di evolvere verso un nazismo in giacca e cravatta. Da allora l’organizzazione si è trasformata in un partito meno aggressivo, Sverigedemokraterna (I democratici di Svezia) che ha vinto, con l’aiuto logistico del Fronte nazionale, qualche seggio nei comuni. Gli skin diventano perciò un po’ ingombranti, e stonano. L’altra tendenza, l’Nrp (Partito nazionale nordico) si mette in mostra compiendo attentati contro omossessuali e immigrati: crimini che provocano ondate di arresti fra i giovani. La direzione del partito decide allora di mollare gli skin, che sbattono la porta, finendo per creare una loro organizzazione. Street fight (Lotta di strada), Vit rebell (Ribelle bianco) e poi Storm (Tempesta) saranno le loro riviste-bandiera, che faranno da collante e battistrada. Un altro filone, quello musicale, ha favorito il diffondersi del neonazismo fra i giovani. Fino all’inizio degli anni ’90, Vam (Resistenza ariana bianca) è stato il più noto fra i gruppi musicali del settore. Intanto, in quegli anni, si succedono rapine in banca e ai depositi di armi da fuoco. In quel contesto e per reazione all’intervento della polizia – spiega Larsson -, esplode il fenomeno musicale «potere bianco».
Un oscuro gruppo svedese, Ultima Thule, che si esibiva nei garage, strappa un contratto con Marianne, la casa discografica di Bert Karlsson, un deputato di Ny Demokrati, nuovo movimento poujadista e populista che aveva ottenuto un 6,5% alle legislative del 1991. In qualche mese, nell’autunno 1993, questo gruppo ultra-nazionalista vende 1.50.000 album e si proietta in testa all’hit-parade. Le critiche piovono. Ma tra il ’93 e il ’96, ecco fiorire nel paese una ventina di produttori musicali «potere bianco». I dischi sono venduti per corrispondenza in Europa e negli Usa. Si calcola che nel ’94, in Svezia, siano stati prodotti circa 30.000 dischi razzisti e nazisti, ad opera di una trentina di gruppi come Division Sou Vit aggression. I concerti si moltiplicano. Il successo è tale che provoca anche lotte di potere nel settore. La spunta Combat 18, il gruppo terrorista britannico che ha una sua testa di ponte in Danimarca. Ma, nel frattempo, la moltiplicazione delle aggressioni – otto assassinii razzisti provati nel ’95, oltre 300 aggressioni razziste nel ’98 – spinge le autorità pressate dagli antifascisti – a reagire.
«Ci sono più neonazisti che antirazzisti doc», nota allora con ironia Kurdo Baksi, caporedattore della rivista sull’integrazione Svart Vitt (Nero Bianco) e grande amico di Larsson. E constata che «la serie di aggressioni ha finalmente contribuito a riavvicinare svedesi e immigrati, poiché questa volta ad essere presa di mira è la democrazia svedese». Poi, la musica «potere bianco» diventa meno visibile. I fabbricanti di dischi fanno attenzione. Il governo mette in atto una vasta campagna di informazione sull’Olocausto. Allora, Kurdo Baksi porta al Primo ministro una petizione in cui chiede la creazione di un centro per le vittime di attentati e invita la polizia a prendere sul serio la minaccia neonazista.I

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