Salva un libro, uccidi un editore

Il settore librario è in crisi. Troppi i titoli stampati, pochi quelli venduti. E c’è chi punta il dito contro le piccole sigle, ree di non sfornare best-seller…

Il settore librario è in crisi. Troppi i titoli stampati, pochi quelli venduti. E c’è chi punta il dito contro le piccole sigle, ree di non sfornare best-seller…

Puntuale come un monsone, tra una medusa assassina e l’allarme meteoriti, ricompare anche quest’anno tra i privilegiati argomenti di intrattenimento estivo, l’eterno dibattito sull’editoria. L’estate 2010 è stata l’anno della rivoluzione digitale, della fine dei libri di carta, della guerra tra apple e amazon su formati e attrezzi vari da lettura, degli editori che si affrettano a trasformarsi in esperti informatici. L’estate 2011 è quella di una crisi del settore librario che si consuma per eccesso di produzione: in Italia di libri ce ne sono troppi. Se ne stampano troppi, pochi se ne vendono.
A denunciare un’ipertrofia che porta ogni anno più o meno 60.000 nuovi titoli a ingombrare inutilmente gli scaffali delle librerie è, per paradosso, il presidente dell’associazione librai italiani, Paolo Pisanti, su «Repubblica» del 19 luglio. In realtà, come ogni tema estivo, non è lui ad aver dato il là a un dibattito che ha già visto in merito gli interventi di Giuliano Vigini sull’«Avvenire» o dell’editore Marco Cassini sul blog della casa editrice minimum fax (con contenuti diversi, va detto). Ma è Pisanti a osare formulare un precetto finora mai espresso: ad affollare le librerie non sono i volumi dei grandi editori bensì «quelli dei piccoli, poche copie moltiplicate per moltissimi marchi». Ad affollare le librerie di libri definiti «inutili» non sono i «grandi» editori dei best-seller, degli Harry Potter, della Parodi in cucina, delle decine e decine di autori noir scandinavi… ad affollare le librerie di libri «inutili» sono tutti quei piccoli editori che si ostinano a pubblicare libri che non vendono, libri che nessuno vuole comprare né leggere.
Allora cosa vogliamo farci con 60.000 nuovi titoli l’anno? è il leitmotiv dell’estate 2011. Non sarebbe meglio toglierne un po’? Magari proprio quelli che non vendono. Magari proprio quelli dei piccoli editori che non hanno capito che potrebbero fare i soldi pubblicando solo un paio di titoli l’anno, ma si ostinano a pubblicare migliaia e migliaia di libri che non vendono.
Dalla risposta a questi quesiti nasce la campagna, ideata da chi scrive e diffusa sul web, «salva un libro, uccidi un editore». La prima campagna di vera ecologia libraria, altro che carta riciclata non lavata col cloro. 60.000 titoli l’anno corrispondono a: inquinamento da traffico, perché i libri «inutili» in libreria ci vanno coi camion; sperpero delle risorse, perché i libri «inutili» li stampano con le foreste; inquinamento morale, perché i libri «inutili» confondono i lettori che arrivano in libreria e tra 60.000 libri non sanno più cosa comprare e magari finisce che non comprano niente; inquinamento civile, perché i libri «inutili» fanno passare per scrittori degli sfigati qualunque che invece non legge nessuno; inquinamento commerciale, perché i libri «inutili» sono come una bolla speculativa per il mercato immobiliare.
Meglio quindi eliminare i 59.800 libri di troppo e lasciare nelle librerie quei 200 titoli che davvero i lettori vogliono comprare. Facciamola finita con la «bibliodiversità», con i classici in diversi edizioni e le troppe traduzioni disponibili, con i generi letterari e gli stili che si moltiplicano, con tutte queste lingue tradotte, senza parlare poi delle copertine, dei formati, delle bandelle. Meglio trovare un format che funziona, un modello-libro-che-si-vende e fare quello. E per fare questi 100-200 libri davvero importanti, questi libri che il pubblico comprerebbe anche se non sapesse leggere, che farebbe qualunque cosa per comprare (persino andare a cercarli in un supermercato!), bastano pochi editori. Sono sufficienti i pochi «grandi» editori di questo paese.
Sui piccoli editori occorre mettere una moratoria. Scremarne un po’. Dargli degli incentivi perché magari tornino all’agricoltura. Penalizzare quelli che si ostinano a pubblicare libri che non vendono. Occorre pensare una politica per limitare questa proliferazione di piccoli editori, al punto che persino stabilirne quanti sono è complicato: c’è chi dice siano oltre 10.000, ma nel 2008 l’Istat ne censisce 1.700 in tutto. Dunque, non solo prolificano i piccoli editori, non solo inquinano, ma sono pure clandestini. Per tutte queste ragioni, la salvezza del mercato librario, la salute delle librerie, il benessere dei lettori, la vera risposta alla «crisi del libro» passa da una sola e unica misura: salva un libro, uccidi un editore!
* Editor DeriveApprodi

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