“In Italia non ci volevano”. La scuola del massacro rinasce a Bucarest. Si gira in Romania il film sui fatti di Genova del 2001 diretto da Daniele Vicari e prodotto dalla Fandango di Procacci. Nel cast Elio Germano e Santamaria Intitolato “Don’t clean up this blood”, è tratto dagli atti processuali. Il produttore: “Nessuno degli interlocutori italiani mi ha mai risposto”
“In Italia non ci volevano”. La scuola del massacro rinasce a Bucarest. Si gira in Romania il film sui fatti di Genova del 2001 diretto da Daniele Vicari e prodotto dalla Fandango di Procacci. Nel cast Elio Germano e Santamaria Intitolato “Don’t clean up this blood”, è tratto dagli atti processuali. Il produttore: “Nessuno degli interlocutori italiani mi ha mai risposto”
BUCAREST. Sul pavimento della palestra sono sparsi mucchi di sacchi a pelo, qualcuno squartato, materassini e coperte, qualche felpa, zainetti, radio, macchine fotografiche, bottiglie di plastica accartocciate, piccole telecamere, telefonini, libri, scarpe da tennis scompagnate, pezzi di carta ovunque. Sono i resti della notte di violenza insensata del 21 luglio di dieci anni fa nella scuola Diaz, i segni della brutalità sono le strisce rosse sui termosifoni alle pareti. Anche se è la ricostruzione del cinema e la palestra è quella di una scuola di Bucarest, il richiamo alle immagini della realtà di quei giorni è impressionante. Ed è impressionante la sequenza che si gira nel corridoio del primo piano della scuola, con un ragazzo rincorso da tre, quattro poliziotti in tenuta antisommossa che lo spingono a terra e lo picchiano con i manganelli con furore impietoso.
A Bucarest si gira Diaz, don´t clean up this blood, il film scritto da Daniele Vicari e Laura Paolucci sulla base degli atti dei processi, prodotto dalla Fandango di Domenico Procacci con la Romania (Mandragora Movies) e la Francia (Pacte). È un film complesso, che impegna più di 130 attori e 8700 comparse, oltre all´impiego di una trentina di auto delle forze dell´ordine, centinaia di uniformi, quasi impossibile da girare in Italia, dove sono previste un paio di settimane di riprese di esterni a Genova e una al Brennero. «In Italia avevo parlato del progetto con diversi interlocutori. Non mi hanno mai risposto né sì né no», dice Procacci, che ha deciso per la ricostruzione di parti di Genova a Bucarest. Nella periferia della città ad esempio in quella che era una campagna brulla è “sorto” piazzale Kennedy, la scuola Pascoli, il Social Forum, il dormitorio, Bolzaneto, la facciata della Diaz, dove poco prima di mezzanotte più di 200 uomini delle forze dell´ordine fecero irruzione, arrestarono e picchiarono 93 persone, studenti, giornalisti, musicisti, giovani e meno giovani, italiani, tedeschi, spagnoli, francesi, 63 feriti, 28 ricoverati con fratture alla testa, alle gambe, alle braccia. Il sospetto era che fossero black bloc e nascondessero armi, poi venne fuori che era solo un pretesto.
Diaz «è un film coinvolgente, sia per i fatti accaduti sia per il film stesso. Durante le sequenze della palestra per qualche momento ho perso la testa, ho dovuto interrompere, è la prima volta che mi succede», dice il regista. Che agli attori ha chiesto «di lasciarsi andare, di partecipare emotivamente come se i fatti stessero accadendo realmente. Qui l´eco del G8 è arrivato tardi, la Romania nel 2001 aveva altri problemi, perciò per i rumeni ho montato un promo con immagini di repertorio. La reazione è stata di grande stupore: possibile che sia accaduto in Italia?».
Nella preparazione Vicari ha incontrato alcuni di quelli che c´erano, da una parte e dall´altra, «ma il film non ha indulgenze, a me interessa che poliziotti e manifestanti siano credibili. Anche se il mio punto di vista c´è, il mio compito non è attribuire responsabilità ma fare un buon film, perché la gente lo veda e rifletta sul perché è accaduto proprio in Italia. Racconto qualcosa che non avrebbe dovuto accadere e tempo che possa succedere ancora, perché nessuno delle istituzioni ha avuto il coraggio non dico di chiedere scusa ma almeno di fare davvero chiarezza sui fatti. Osservando le tante immagini della realtà, mi hanno colpito alcuni dettagli, l´accanimento contro le donne per esempio, che forse appartiene al dna del maschio italiano. E mi ha colpito lo sguardo dei ragazzi appena usciti, non di rabbia o di furore, ma incredulo. Ed è il sentimento dell´incredulità che cerco di ricreare nel film».
Come Procacci, Vicari sa che «Diaz è un film che crea imbarazzo, ci sono state polemiche prima delle riprese e ce ne saranno dopo. Conosco il mio paese, è un paese che divora i propri figli, i fatti di Genova hanno portato al silenzio i movimenti, che forse solo ora stanno ritrovando voce. Ma io devo sentirmi libero di raccontare».
È un film corale, senza protagonisti, gli attori hanno aderito senza esitare, e sono tanti, che, con nomi inventati, interpretano persone note. Claudio Santamaria è Max Flamini (il comandante Fournier), Elio Germano è Luca Gualtieri, che, dice l´attore «è il giornalista Guadagnucci che alla Diaz c´era e faccio fatica a parlare di un fatto animale che va oltre il razionale. Non a caso due ragazze, comparse durante la scena del pestaggio, hanno pianto a lungo». Rolando Ravello è Serpieri: «Rappresenta Sgalla, il capo della comunicazione della polizia, che spiegò alla stampa che quelli che uscivano dalla Diaz erano solo persone che si erano ferite durante gli scontri e non erano andate a farsi medicare», dice Ravello. Per Ignazio Oliva l´esperienza forse è più dolorosa «perché a Genova c´ero, facevo l´operatore con Francesca Comencini, tante immagini restano per sempre nella mente e qui, sul set, ogni tanto l´emozione mi blocca. Ma mi piace il personaggio, sono un avvocato del Social Forum che accompagna dal magistrato una ragazza tedesca massacrata di botte: è la prima richiesta di giustizia, un lieve barlume di speranza».
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