«Noi indignados siamo gli eredi dei no global»

Gli indignati europei di oggi sono gli altermondialisti di dieci anni fa? Parla una protagonista delle proteste spagnole. Laureata, senza casa, senza lavoro, non avrà  una pensione
«Ci siamo spostati nei quartieri e tentiamo di evitare gli sfratti. In Spagna è un’emergenza» «Siamo qui per costruire reti di solidarietà  tra i giovani colpiti dagli effetti della crisi»

Gli indignati europei di oggi sono gli altermondialisti di dieci anni fa? Parla una protagonista delle proteste spagnole. Laureata, senza casa, senza lavoro, non avrà  una pensione
«Ci siamo spostati nei quartieri e tentiamo di evitare gli sfratti. In Spagna è un’emergenza» «Siamo qui per costruire reti di solidarietà  tra i giovani colpiti dagli effetti della crisi»

 GENOVA.Precaria da quattro anni. Con un titolo di studio universitario: quello di scienze politiche. «Faccio parte di quei 5 milioni di disoccupati spagnoli – dice Sara Porras, madrilena, 27 anni, del movimento spagnolo “Generazione senza futuro”, a Genova come portavoce degli indignados – il bello del movimento degli indignados è che siamo un movimento popolare dove ognuno si ritrova nei problemi e nelle emergenze dell’altro. Io sono laureata, non ho casa, non ho pensione, non ho lavoro».

Perché è a Genova?
Perché penso che sia necessario costruire reti di solidarietà tra la gente e la gioventù che è colpita direttamente dagli effetti di questa crisi. Mi sembra importante anche ricordare pubblicamente che cosa è successo dieci anni fa. Le lotte per i diritti del 2001 sono quasi le stesse di oggi.
I mass media vogliono far credere che la crisi avrà una ripresa, negando che è dettata dalla globalizzazione dei mercati e dal predominio del capitale, sempre più onnivoro. Parlate anche di questo a Madrid?
Siamo stanchi di tutti gli attacchi che abbiamo subito. Ci vuole una risposta sociale da parte non solo delle istituzioni, ma anche dei partiti della sinistra. Madrid, Barcellona e Parigi hanno dimostrato che è importante scendere in strada, conquistare le piazze, non smettere di porsi delle domande e trovare delle soluzioni, insomma applicare un programma. Non dobbiamo più chiedere ma ottenere i diritti che ci vengono negati.
Che cosa sta succedendo a Madrid?
Inizialmente eravamo in piazza, ora abbiamo scelto di sparpagliarci nei quartieri perché pensiamo che sia più importante lavorare direttamente sui conflitti e creare delle reti di solidarietà tra la gente che condivide lo stesso spazio o lo stesso problema. Perciò ci stiamo organizzando in commissioni, per esempio a Madrid ci sono migliaia di persone nei quartieri, impegnate tutta la settimana a costruire e lavorare per rendere visibile il conflitto.
Dove si tengono gli incontri?
Per la strada. Individuiamo la piazza principale del quartiere e lì tutti i fine settimana, al sabato o alla domenica alla sera, ci riuniamo. È importante stare per strada, non in un locale o in un posto dove la gente non ci vede. Così siamo in un posto aperto e tutti possono venire.
Quanto utilizzate la rete?
Facebook, i social network, Twitter e altri siti sono dei mezzi che usiamo per allargare la protesta e informare. Molti di noi sanno trasmettere in streaming un’assemblea ma vanno anche per strada a parlare con i vicini di casa. Tutti sanno dove siamo perché lavoriamo dove avvengono i conflitti. Ad esempio in Spagna abbiamo 300 mila famiglie, soprattutto a Madrid, Barcellona, Murcia, Valencia, che hanno acceso dei mutui per acquistare degli appartamenti di proprietà delle banche e ora non essendo più in grado di pagare vengono sfrattati dalle loro case. In pratica le banche li hanno truffati aumentando i tassi di interesse e le famiglie non riescono a pagare, anche perché sono senza lavoro. Ad esempio abbiamo scoperto che una famiglia dovrebbe pagare 300 mila euro per un appartamento di 25 metri quadri. Una cifra spropositata! Così il movimento sta manifestando per impedire gli sfratti e la gente capisce che è utile partecipare alle nostre proteste perché trovano una soluzione al loro problema. Purtroppo molti non denunciano le ipoteche e gli sfratti esecutivi perché si vergognano di non aver pagato. Noi spieghiamo che non è colpa loro, che è un problema sociale ed economico e che va affrontato con l’organizzazione e la lotta. Quindi secondo noi quelle 300 mila famiglia sono molte di più.
Non è assurdo che si parli di un’emergenza casa e della necessità di abbassare i valori del mercato immobiliare fino al 40 per cento, e che intanto migliaia di case costruite durante il boom edilizio rimangano vuote?
Esatto, abbiamo un milione di case vuote! Ma noi denunciamo soprattutto il fatto che le banche hanno ingannato la gente, hanno conferito prestiti a gente che non era in grado di pagare e per un costo finale molto più alto del costo reale del bene. Insomma è stato un furto. Ora la gente si sta rendendo conto. Bisogna anche denunciare che il governo ha permesso questo, non ha esercitato i dovuti controlli sulle banche e non ha pensato a costruire alloggi popolari. Per tanti anni in Spagna non c’è stato nessun movimento politico, finalmente siamo tornati in strada. Io non ho paura di niente perché non ho niente. L’unica cosa che mi resta è organizzarmi e lottare.

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