INTERNET Operazione della polizia contro gli hacker
Perquisizioni in tutta Italia e nel Canton Ticino. E il gruppo annuncia altre azioni nei prossimi giorni
INTERNET Operazione della polizia contro gli hacker
Perquisizioni in tutta Italia e nel Canton Ticino. E il gruppo annuncia altre azioni nei prossimi giorni
Colpita la cellula italiana di Anonymous. È questo il titolo che campeggiava ieri in molti siti Internet per dare notizia dell’operazione condotta dalla polizia postale su tutto il territorio nazionale per colpire il gruppo hacker ritenuto responsabile degli «attacchi» compiuti nelle ultime settimane a siti istituzionali e non. Con il passare delle ore si è appreso che nella mattinata erano state compiute 32 perquisizioni in Italia e il sequestro di materiale informatico di alcuni giovani. Inoltre, che la polizia cantonale svizzera del Canton Ticino aveva compiuto una perquisizione nella casa di un giovane, ritenuto dalle autorità italiane il «capo» di Anonymous Italia. Il Centro Nazionale Anticrimine Informatico, che ha gestito l’operazione, coordinata dalla procura della Repubblica di Roma, ha successivamente reso noto che contro 3 persone sono scattate anche denunce per «accesso abusivo e danneggiamento al sistema informatico e interruzione di pubblico servizio». Con grande enfasi è stato inoltre sottolineato il fatto che molti dei giovani coinvolti nell’operazione sono minorenni. Infine, il centro anticrimine informatico ha detto che quella di ieri è solo una prima tappa di una operazione che vuole individuare tutti i componenti italiani di Anonymous.
Al di là dell’enfasi generata dall’operazione vanno registrati anche alcuni elementi che tutto fanno pensare meno a una «cellula» di chissà quale organizzazione. In primo luogo, è la stessa polizia postale a sostenere che la decisione e l’organizzazione degli attacchi sono avvenute in Rete, mettendo così in dubbio che i giovani si conoscevano. Altro elemento, emerso dalla conferenza stampa che si è tenuta ieri a Roma da parte delle autorità giudiziarie e di polizia, è che l’individuazione dei siti da «colpire» avveniva dopo una lunga discussione dove entravano in campo elementi «politici». Altro fattore interessante è che i cosiddetti «attacchi» non sono altro che «DDoS» e che non hanno sottratto dati o danneggiato gli archivi dei siti colpiti.
Un DDoS («Distribute Denial of Service») altro non è che la reiterata richiesta, da uno o più computer, di accedere a un sito Internet. Quando le richieste di connessione superano la soglia di sostenibilità, cioè che possono essere soddisfatte, il sito Internet rimane paralizzato, e dunque irraggiungibile. Dunque nessuna distruzione, sebbene la legislazione italiana prevede pene molto alte per i reati – fino a cinque anni di carcere – di cui sono stati accusati alcuni giovani. Il Centro Anticrimine Informatico, quasi per prevenire critiche all’operazione, ha precisato che dietro l’operazione non c’è nessuna intenzionalità politica e che l’intervento è stato deciso perché era intervenuta una violazione della legge.
Strana argomentazione, visto che Anonymous ha sempre sostenuto che le sue azioni hanno un contenuto politico: mettere cioè in evidenza i rischi per la libertà di informazione derivanti dalle azioni di governi o imprese. Politicità evidente anche nell’azione contro il sito dell’Agcom della scorsa settimana per protestare contro l’annuncio di chiusura di alcuni siti perché diffondevano materiale coperto da copyright. È però necessaria una preliminare opera di informazione su come funziona Anonymous.
Notizie certe su come e quando il gruppo hacker si è formato è cosa quasi impossibile. È certo che ha la sua genealogia nella network culture nordeuropea degli anni Novanta, ma non sono pochi i mediattivisti statunitensi che dichiarano espressamente di rifarsi ai principi ispiratori del gruppo. In primo luogo, quella di Anonymous, è una «cultura di rete» ostile a qualsiasi limitazione nella circolazione dell’informazione, al segreto di stato e che propone la condivisione del sapere e della conoscenza come valore assoluto. Chi decide di farne parte può organizzare una «legione», che definisce in autonomia il proprio piano operativo.
Le prime azioni che hanno fatto conoscere il gruppo hacker al di fuori della Rete sono state quelle a favore di Wikileaks, quando il suo fondatore, Julian Assange, è stato arrestato in Inghilterra. Ma poi, come un virus, Anonymous si è fatto vivo per sostenere le mobilitazioni degli studenti inglesi, degli indignados spagnoli. Segno di riconoscimento al di fuori della Rete: la maschera indossata dal protagonista del film V come vendetta. In Italia Anonymous ha fatto la sua comparsa pubblica solo a maggio, diffondendo un video e un comunicato in cui criticava il governo italiano per le sue azioni e proposte sulla Rete, considerate lesive della libertà di espressione. Nel video e nel comunicato veniva sottolineato il conflitto di interessi tra il presidente del Consiglio, nonché proprietario di Mediaset, ma anche l’ostilità del governo di centrodestra rispetto ai movimenti sociali.
Da allora Anonymous ha colpito siti di Mediaset, del Pdl, della presidenza del consiglio, di TreniItalia, della Camera, del Senato, Governo, dell’Eni, dell’Enel, di Finmeccanica e della Rai. L’azione che lo ha riportato al centro dell’attenzione è il «Denial Of Service» contro Agcom, dopo che l’Authority Garante per le Comunicazioni ha annunciato di volere chiudere i siti Internet responsabili di diffondere in streaming materiali video coperti da diritto d’autore.
Dopo una mattinata e un pomeriggio di silenzio, Anonymous ha diffuso un comunicato sul proprio sito annunciando che l’operazione della polizia non ha certo smantellato la «legione» italiana. E ha promesso altre azioni per i prossimi giorni.
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