Cinque domande sulla Tav

GRANDI OPERE
  Siamo tra i sottoscrittori dell’appello finalizzato ad evitare, in Val Susa, soluzioni militari contro il movimento No Tav. L’appello non è stato accolto e ha vinto, momentaneamente, la forza. Hanno vinto il partito degli affari, un governo agonizzante e la lobby del cemento del Partito democratico torinese. Ma la partita non finisce qui. Anzi, l’improvvido intervento di polizia avrà  un effetto boomerang determinando ulteriori mobilitazioni (come dimostrano le adesioni al nostro appello).

GRANDI OPERE
  Siamo tra i sottoscrittori dell’appello finalizzato ad evitare, in Val Susa, soluzioni militari contro il movimento No Tav. L’appello non è stato accolto e ha vinto, momentaneamente, la forza. Hanno vinto il partito degli affari, un governo agonizzante e la lobby del cemento del Partito democratico torinese. Ma la partita non finisce qui. Anzi, l’improvvido intervento di polizia avrà  un effetto boomerang determinando ulteriori mobilitazioni (come dimostrano le adesioni al nostro appello).
Il movimento No Tav continuerà – non ci sono dubbi – a fare la sua parte con la costanza e l’intelligenza politica che lo hanno caratterizzato in oltre venti anni. Ma crescerà, al suo fianco, l’impegno delle donne e degli uomini che, costruendo il successo referendario, hanno affermato la centralità del bene comune contro gli interessi di pochi.
Da oggi incalzeremo, in tutte le sedi possibili, i sostenitori della nuova linea ferroviaria con alcune domande, sfidandoli a quel confronto pubblico con il movimento No Tav che hanno sempre evitato (nascondendosi dietro slogan e luoghi comuni). Le domande sono queste:
1. La linea ferroviaria ad alta capacità Torino-Lione servirà – si dice – ad assicurare che l’Italia non sia tagliata fuori dall’Europa nel trasporto delle merci. Ora, è vero o non è vero che l’attuale linea internazionale a doppio binario, che corre nella valle utilizzando il traforo del Frejus, è tuttora perfettamente operativa e utilizzata al di sotto del 30% delle sue potenzialità? Ed è vero o non è vero che negli ultimi anni il traffico merci lungo l’asse Francia-Italia è in calo costante? In forza di quali previsioni si ritiene che questo trend sia destinato a subire una inversione nei prossimi anni? E perché non potenziare la linea esistente (la cui minore velocità non è certo decisiva per il trasporto di merci), rinegoziando, come altri Paesi hanno fatto, i possibili contributi europei?
2. I costi della nuova linea ferroviaria sono stimati in 16-17 miliardi di euro, da impiegare nei prossimi dieci anni, e il famoso contributo europeo è una parte minima. Ora, anche a prescindere dal fatto che non c’è grande opera nel nostro Paese i cui costi non siano lievitati strada facendo, la questione è ineludibile: in tempi di grave crisi economica dove si pensa di trovare quei fondi? Forse con ulteriori tagli a scuola, salute, assistenza? Impiegare gli attuali finanziamenti europei per un cunicolo preparatorio (di oltre 7 chilometri: sic!) non è irresponsabile se non si hanno certezze in ordine all’opera finale?
3. La linea ferroviaria ad alta capacità consentirà – si afferma – uno spostamento del traffico merci dalla gomma alla rotaia, notoriamente meno inquinante. Il confronto tra trasporto stradale e trasporto ferroviario è, in astratto, condivisibile, ma vale tra reti già esistenti o di agevole costruzione. Siamo proprio sicuri, invece che la realizzazione un’opera colossale, con oltre 70 chilometri complessivi di gallerie, dieci anni (se va bene) di lavori e di cantieri, un numero incalcolabile di viaggi di camion, enormi materiali di scavo (ricchi di uranio e di altre sostanze nocive) da smaltire e il corrispondente consumo di energia non finirebbero per vanificare i vantaggi del trasferimento (per di più ipotetico) dal trasporto stradale a quello ferroviario?
4. La costruzione della «grande opera» – si continua – darà lavoro e benessere alla valle e a tutta l’area circostante. Ma ne siamo davvero sicuri? Non si era detto altrettanto per l’Olimpiade invernale del 2006 che ha interessato la stessa valle? Non dubitiamo della necessità di interventi diretti a incentivare l’occupazione, ma non sarebbe più utile cominciare dal risanamento del territorio, dalla messa a punto delle risorse idriche, dalla tutela del patrimonio artistico? E siamo certi che progetti del genere non avrebbero adeguato sostegno a livello europeo?
5. Da quando si è cominciato a parlare della ferrovia ampi settori della popolazione locale (e i loro rappresentanti, i sindaci) hanno chiesto confronti pubblici e predisposto, con l’aiuto di tecnici di livello internazionale, proposte alternative. Ora, è vero o non è vero che questo confronto è stato eluso e che si è accettato di discutere solo sul come realizzare l’opera e non anche sulla sua effettiva utilità? È questo il modello di partecipazione praticato da chi parla quotidianamente di democrazia e di legalità (modello che ha come suggello finale l’uso della forza contro chi, non essendo stato ascoltato e coinvolto, si oppone)?
Su queste domande continueremo a chiedere un confronto pubblico e trasparente. E, in assenza di risposte convincenti, ad opporci al Tav sul piano della iniziativa politica, del diritto, della informazione. Non si illuda chi ha sgomberato il presidio della Maddalena: la linea ferroviaria Torino-Lione è ancora di là da venire.

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