Il manager dello sterminio che amava il suo lavoro

La storia di Odilo Globocnik, il triestino che inventò Treblinka. Il suo ultimo incarico fu di gestire la Risiera di San Sabba, dove furono assassinate e bruciate oltre cinquemila persone. Gestì l’Operazione Reinhardt per arianizzare l’Europa e organizzò lo sterminio di un milione e mezzo di ebrei polacchi

 

La storia di Odilo Globocnik, il triestino che inventò Treblinka. Il suo ultimo incarico fu di gestire la Risiera di San Sabba, dove furono assassinate e bruciate oltre cinquemila persone. Gestì l’Operazione Reinhardt per arianizzare l’Europa e organizzò lo sterminio di un milione e mezzo di ebrei polacchi

 

Odilo Globocnik, nome germanico e cognome slavo, figlio di un impiegato delle poste e di una casalinga, nato a Trieste il 21 aprile 1904 (a quel tempo nell’Impero Austro-Ungarico), è stato una figura colpevolmente sottovalutata all’interno delle gerarchie naziste. Già nel 1922, Globocnik entrò a far parte, in Carinzia, dello Heimatschutz (Difesa della patria), un’organizzazione paramilitare, con tanto di svastica sul berretto, attiva negli scontri per la definizione dei confini tra l’Austria e la nuova Repubblica degli sloveni, dei croati e dei serbi, che confluirà nella Nsdap, il partito nazionalsocialista austriaco, fondato a Vienna nel 1926.
Dopo essersi conquistato un ruolo di rilievo nel gruppo dirigente dei nazisti austriaci, Odilo Globocnik partecipò da protagonista, nel marzo del 1938, agli avvenimenti che portarono all’annessione dell’Austria alla Germania (l’Anschluss). Entrato a far parte della ristretta cerchia di Heinrich Himmler, il capo delle SS, nel maggio dello stesso anno fu nominato Gauleiter (capo regione) di Vienna per decreto di Hitler. Nel suo discorso d’insediamento chiarì subito come avrebbe affrontato, con «l’impiego di mezzi radicali», la questione ebraica. Ciò significò in breve tempo la chiusura di tutti i negozi gestiti da ebrei e la vendita coatta, al di sotto del valore di mercato, delle loro imprese e delle loro abitazioni. Ma anche l’arresto di migliaia di persone di origine ebraica, con quattromila deportati nel campo di concentramento di Dachau. Un violento processo di «arianizzazione», teso, disse, a «elevare il tenore di vita dei membri del popolo». Ma le cose non andarono esattamente in questo modo. La disinvolta gestione finanziaria da parte di Odilo Globocnik degli enormi proventi, frutto delle espropriazioni, fu oggetto di indagini interne e richieste di chiarimento. Vennero impietosamente alla luce conti segreti, elargizioni arbitrarie e arricchimenti improvvisi. La sua destituzione da Gauleiter di Vienna arrivò già alla fine del gennaio 1939.
Protetto ancora una volta da Himmler, Odilo Globocnik, Globus per gli amici, fu aggregato allo stato maggiore del capo supremo delle SS, per l’«adempimento di compiti speciali». Già nel novembre 1939 venne nominato comandante delle SS e della polizia del Distretto di Lublino, che presto assunse nei piani hitleriani una posizione chiave per il riordino razziale in Europa. Prima con lo sfruttamento della popolazione in generale e di quella ebraica in particolare, poi con la deportazione e la germanizzazione del Distretto (i nazionalsocialisti collocavano i polacchi all’estremità inferiore della gerarchia razziale, dunque da decimare e schiavizzare), quindi, a partire dal marzo 1942, con lo sterminio pianificato degli ebrei polacchi con l’Operazione Reinhardt, così chiamata (con la t finale) ispirandosi al nome del comandante dell’Rsha (i servizi di sicurezza delle SS), Reinhard Heydrich, ucciso nel maggio 1942 a Praga da un commando della resistenza ceca.
Per questi compiti serviva un «uomo d’azione», non un burocrate lontano dagli avvenimenti, ma una sorta di manager, presente sulla scena delle operazioni, il cui mestiere fosse quello di sterminare. Fu scelto Globocnik. Incaricato da Himmler dell’assassinio degli ebrei nell’estate del 1941, esattamente nello stesso periodo in cui Rudolf Höss ricevette l’ordine di predisporre Auschwitz, fece entrare in funzione, nel marzo del 1942, il primo campo, quello di Belzec, seguirono poi quelli di Sobibor e di Treblinka tra maggio e luglio. Ciascuno con tre camere a gas. Le esecuzioni avvenivano per mezzo del monossido di carbonio. Non a caso il personale proveniva tutto dall’organizzazione T4 (dall’indirizzo dell’ufficio competente dell’Rsha di Berlino, Tiergartenstrasse 4), responsabile, con questo metodo, della soppressione, tra il 1939 e il 1941, di oltre 70mila tra pazienti psichiatrici e portatori di handicap.
Da qui l’importanza della sua biografia scritta da Siegfried J. Pucher (Il nazista di Trieste. Vita e crimini di Odilo Globocnik, l’uomo che inventò Treblinka, Beit edizioni, pp. 368, euro 18 o 22 con in allegato il dvd La Risiera di San Sabba di Andrea Prandstraller), in origine una tesi di laurea già edita in Austria nel 1997 e ora finalmente tradotta in italiano. Il libro cerca, colmando alcune lacune, di fornire una valutazione più precisa del ruolo di questo triestino (si vantava di conoscere e parlare l’italiano) nel contesto della «soluzione finale». In molti studi a lui non era stata dedicata che qualche riga o brevi biografie.
Odilo Globocnik dichiarò chiusa l’Operazione Reinhardt il 19 ottobre 1943. I campi vennero rasi al suolo, il terreno piantumato e quasi tutti i documenti distrutti. Almeno un milione e mezzo le vittime. La maggior parte degli ebrei polacchi era stata distrutta. La comunicazione, inviata a Himmler, con «un riepilogo conclusivo» e «una documentazione fotografica», fu spedita da Trieste dove Globocnik era giunto per l’ultima missione nelle vesti di comandante delle SS e della polizia dell’Ozak (Zona d’operazioni litorale adriatico). Portò con sé i suoi collaboratori di Lublino. Istituì l’Abteilung R (la squadra R) per le persecuzioni ebraiche e trasformò l’ex stabilimento per la pilatura del riso, la Risiera di San Sabba, in un campo di transito per Auschwitz e di sterminio per partigiani. I prigionieri assassinati, circa cinquemila, furono bruciati in un forno crematorio, l’unico mai esistito in un lager italiano.
Globocnik fu catturato il 31 maggio 1945 da una pattuglia britannica in una malga di montagna nella valle della Drava, in Carinzia. Si suicidò poche ore dopo con una capsula di cianuro. Anni dopo, qualcuno fece circolare la notizia che fosse ancora vivo. Una falsa pista. Saltò fuori la fotografia del suo cadavere. Si uccise davvero forse «sperando di essere cancellato dalla memoria degli uomini». Un privilegio, questo, che «non possiamo concedergli», come scritto nell’ultima di copertina, sotto la foto di una bambina ebrea del piccolo villaggio di Krasnik, in Polonia, una delle sue innumerevoli vittime.

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