Torture, stragi e fosse comuni in un video gli orrori di Gheddafi

Documento di Report: così i fedelissimi del raìs cacciano i ribelli. Un generale ordina al suo cameraman personale di riprendere tutto per mostrare le immagini al colonnello

Documento di Report: così i fedelissimi del raìs cacciano i ribelli. Un generale ordina al suo cameraman personale di riprendere tutto per mostrare le immagini al colonnello

ROMA – Cosa sarebbe accaduto se dal 19 marzo i caccia della Nato non avessero fermato le truppe di Gheddafi in avanzata verso Bengasi? Se i Mirage francesi e i Tornado britannici non avessero bombardato i carri armati e i pick-up dei miliziani di Gheddafi pronti a fare terra bruciata di ogni città e villaggio in mano ai ribelli? Un documento televisivo davvero essenziale per capire la guerra di Libia verrà messo in onda questa sera da Report (Rai 3, ore 21). Sono immagini e foto catturate dalla mini-telecamera affidata a un uomo della scorta di un generale di Gheddafi, un fedelissimo che per giorni ha combattuto ordinando al suo cameraman personale di riprendere tutto, per mostrare al colonnello la sua totale fedeltà. Un filmato che documenta il lavoro sporco dei gheddafiani, i rastrellamenti, le fosse comuni, le uccisioni.
La telecamera della guardia del corpo del generale Jubran el Warfalli è stata ritrovata dai ribelli che hanno perquisito le auto della colonna del generale, colpite il 22 marzo mentre fuggivano sotto il fuoco dei caccia della Nato. El Warfalli è morto prima di riuscire a consegnare le prove dei suoi omicidi, della sua efficienza, al colonnello Gheddafi. E quei 10 minuti di filmato montati da Report sono solo una goccia tra le ore di girato che Report è riuscita ad ottenere dalla Libia, arrivate in Italia grazie al lavoro di dissidenti anti-regime.
L´esordio del servizio è destinato a lui, il generale el Warfalli: “Jubran, sei un fiore appena sbocciato”, lo esalta uno dei suoi uomini salutandolo mentre quello nel deserto si arrampica su uno dei fuoristrada della colonna militare pronta a fare terra bruciata dei ribelli a Ben Jawad. Siamo a metà marzo, poco prima del giorno 19, quando la Nato inizierà a combattere per difendere i ribelli. El Warfalli sta guidando l´offensiva strategica per riconquistare le città che, da Bengasi andando verso Ovest, verso la Sirte, si sono ribellate a Gheddafi. Sono battaglie che hanno devastato città come Ben Jawad, Ras Lanuf, Adjedabia, che hanno portato i gheddafiani alle porte di Bengasi, fino a infiltrarsi nella periferia della capitale dei ribelli.
Mentre la colonna di fuoristrada si muove, ecco arrivare un´altra pattuglia: sono i mercenari, «arrivano i negri» dicono i gheddafiani. L´uomo del generale Warfalli ne ferma uno: il governo di Gheddafi ha stampato le “carte d´identità” del mercenario, con nome, cognome e stato di provenienza. Questo viene dalla Nigeria.
Le immagini passano a Ben Jawad, a documentare un rastrellamento casa per casa: tutti quelli che non sono della città diventano automaticamente colpevoli, identificati come ribelli. Vengono fatti sedere per strada, interrogati, presi a calci, picchiati e poi uccisi sommariamente, seppelliti in una fossa comune sulla spiaggia «verso il mare» in cui dai cassoni dei camion vengono riversati prigionieri già morti ma anche uomini soltanto feriti, ancora vivi. A un ferito abbandonato sull´asfalto un uomo di Gheddafi chiede di inneggiare al colonnello, al “fatah”, la rivoluzione gheddafiana. Quello inneggia ad Allah, e il militare decide di sparare, tre colpi di kalashnikov e il ferito è morto: «Chiama due o tre uomini per portare via questo cane», dice il killer ai suoi complici.
Sigfrido Ranucci, l´autore del servizio che ha rivisto e verificato scena per scena il filmato, a un certo punto commenta che «per uccidere a volte non è neppure necessario sparare». Si vede il corpo di un ribelle nel deserto. Fuggiva a piedi, e i gheddafiani si dicono fra loro “l´ha preso con la macchina!”. L´uomo è stato inseguito e investito da un Land Cruiser, schiacciato nel deserto come un animale.
Nelle scene successive la presenza del generale Warfalli aumenta: evidentemente il capo militare chiede alla sua guardia di riprenderlo in ogni momento, per preparare un bel reportage da presentare a Tripoli al colonnello. Le immagini passano a riprendere i corpi di una ventina di uomini assassinati con le mani legate dietro le spalle. Sono in guardiani di un deposito di petrolio o della raffineria di Zawiya; si erano rifiutati di passare a combattere con i gheddafiani e sono stati tutti assassinati.
Ancora immagini da un´altra battaglia, quella attorno a Marsa el Brega, altro centro petrolifero in Cirenaica, non molto lontano da Bengasi. Le colonne gheddafiane avanzano, gli autisti parlano fra loro dei rifornimenti di munizioni e carburanti che sono in arrivo. Poi si entra dentro Brega, i soldati del generale Warfalli cancellano le bandiere dei ribelli e le scritte disegnate sui muri. Pochi secondi per una visita al fronte di uno dei figli di Gheddafi: il cameraman infila la mano con la telecamerina fin dentro i Land Cruiser su cui viaggia Motassim, uno dei figli più duri di Gheddafi. In tuta mimetica, un turbante a ripararlo dalla sabbia, Motassim saluta gli uomini di Warfalli, li incita, stringe mani, sorride, scherza con i massacratori.
Sono le ultime ore prima della fine: le immagini riprendono il portale d´ingresso di Ajdabya, città conquistata e persa a ripetizione dai gheddafiani e dai ribelli. Poche ore ancora, e poi Warfalli sarà costretto a invertire la rotta, a fuggire verso Tripoli, dove la sua colonna verrà intercettata e distrutta dalla Nato. Altri come lui, altri capibastone della cricca gheddafiana stanno continuando a combattere: forse filmano ancora le loro gesta per offrirle all´approvazione del capo.

 

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