L'occasione per riflettere sul futuro economico dell'isola dopo il Congresso del Partito

In occasione del VI Congresso del Partito Comunista di Cuba, chiusosi il 19 aprile, Fidel Castro ha rinunciato alla carica di Segretario, che passa al fratello Raul, come già  era stato per la Presidenza del Consiglio di Stato e del Consiglio dei Ministri.

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Cuba e l’attuazione del suo modello

L’occasione per riflettere sul futuro economico dell’isola dopo il Congresso del Partito

In occasione del VI Congresso del Partito Comunista di Cuba, chiusosi il 19 aprile, Fidel Castro ha rinunciato alla carica di Segretario, che passa al fratello Raul, come già  era stato per la Presidenza del Consiglio di Stato e del Consiglio dei Ministri.

L’occasione per riflettere sul futuro economico dell’isola dopo il Congresso del Partito

In occasione del VI Congresso del Partito Comunista di Cuba, chiusosi il 19 aprile, Fidel Castro ha rinunciato alla carica di Segretario, che passa al fratello Raul, come già  era stato per la Presidenza del Consiglio di Stato e del Consiglio dei Ministri.

Ma il sistema cubano è davvero in grado di superare le difficoltà aggiornandosi? Con quali tempistiche saranno poste in essere le riforme enunciate? Può un gruppo dirigente guidato da persone che erano al potere già nel ’59 essere il fautore del rinnovamento?

L‘obiettivo centrale del Congresso era sanare la grave situazione delle finanze statali. È stata annunciata una forte riduzione dell’impiego statale e l’eliminazione dei sussidi e del rigonfiamento degli organici (è frequente vedere panetterie, ristoranti, bar aperti 24 ore su 24, benché per la maggior parte del tempo nessuno li frequenti) come mezzo per risolvere il problema della piena occupazione. Il principio della pianificazione economica è stato confermato. Dovrà però “tener conto delle tendenze di mercato” ed aprirsi ai rapporti di produzione extra-statali: in particolare al cuentapropismo (lavoro in proprio). È una richiesta che trova largo sostegno popolare. Dall’inizio del período especial (1991) Cuba è un paese socialista in cui ognuno, a modo suo, tenta l’impresa (privata). Persone di tutte le età si inventano qualcosa: vendere pizze dalla finestra di casa che da sulla strada, rum a buon mercato, noccioline dentro coni fatti coi fogli di giornale. Riparare orologi. Aprire un ristorante. Tagliare barba e capelli nel salotto di casa. Di solito senza licenza: finora era molto difficile ottenerne una.

Il salario statale, che è in peso cubano, ha un valore reale minimo. La sussistenza è stato fino ad oggi garantita dalla libreta, il libretto di razionamento (che il Congresso propone di eliminare progressivamente). I beni di “lusso” si comprano in peso convertible (cuc), moneta di fatto accessibile solo agli stranieri. La relazione tra le due monete è tale per cui lo stipendio mensile di un cameriere è inferiore a quanto spende un turista, in cuc, per dormire una notte in una casa particular (affittacamere autorizzati). Per questo, accanto al lavoro statale, molti cercano altri ricavi. Non esistono negozi o botteghe: le attività private trovano spazio nelle case, oppure nelle strade che, non esistendo lo shopping, sono il luogo della socializzazione e dei rapporti tra le persone. Un’appendice dell’ingresso di casa.

Oltre a mancare le vetrine, nelle strade non ci sono cartelloni pubblicitari. Un profondo riposo per gli occhi degli stranieri abituati a continui stimoli all’acquisto. Non ci sono spot in tv e alla radio. Il loro posto è occupato dalla propaganda rivoluzionaria, dai murales che dipingono i volti del Che e di Camilo Cienfuegos, o da messaggi come Leer es crecer, Patria o muerte, 3 días de bloqueo equivalen a los lápices, libretas y demás materiales de un curso escolar (3 giorni di embargo equivalgono alle matite, quaderni e altro materiale necessario per un anno scolastico).

Spesso le entrate più sostanziose per le famiglie cubane vengono dall’estero, dove tutti hanno un parente o un amico che spedisce denaro e beni. Inoltre, le attività private più redditizie sono quelle che permettono di intercettare i soldi dei turisti. Se si possiede una macchina, facendo un paio di viaggi tra l’Havana e il suo aeroporto, in un giorno si guadagna più di quanto percepisca un medico in un mese.

Il Congresso ha dato risalto alle leggi che permetteranno la compravendita di case e automobili, fino ad oggi vietata. La mancanza di un mercato immobiliare ha creato una disuguaglianza “a ribasso”, diversa e meno spiccata rispetto a quella che caratterizza i paesi ad economia di mercato, ma comunque lontana dall’ideale socialista. Guardando agli estremi, ci sono famiglie di dieci persone che vivono in case di tre stanze cadenti e piccole, ed altre che vivono nelle villette degli ex-coloni di Trinidad, che fanno crepare d’invidia i turisti della classe media. Non sono differenze da poco, soprattutto se si considera che affittare una stanza della propria casa ai turisti è una delle attività più redditizie dell’isola. L’impossibilità di comprare una casa viene spesso aggirata con un escamotage. Ne è un esempio la storia di Humberto, un trentenne della provincia di Pinar del Río, tornato da pochi mesi dal Venezuela, dove ha lavorato per due anni all’interno del programma di scambio petrolio-personale sanitario stipulato col governo Chavez. Grazie al programma ha messo da parte i soldi per comprare casa. In teoria, finché non sarà permessa la compravendita, si può soltanto scambiare la propria abitazione con una di pari valore e pari dimensione. Humberto, che vive coi genitori, la nonna, e tre fratelli, riuscirà lo stesso a comprarla: chi gliela vende la farà passare per una donazione. Il problema è che è difficile per un cubano avere i soldi per una casa, che l’acquisto sia permesso dalla legge o meno.

Fino a che punto il modello cubano è fallito? I suoi presupposti erano irrealizzabili? Oppure senza l’embargo e se il resto del mondo non avesse remato in direzione opposta le cose sarebbero andate diversamente?

Fidel è stato al potere per 50 anni. Quando problemi di salute l’hanno costretto a farsi da parte, gli è subentrato il fratello. Come in una saga familiare. In tutte le librerie si vendono sempre gli stessi libri, e l’accesso all’informazione è estremamente limitato. Le ragazze e i ragazzi cubani che si prostituiscono sono sempre di più, così come quelli che tentano o sognano di scappare dall’isola. Il Congresso ha lasciato inalterate le questioni riguardanti le forme di partecipazione dei cittadini alla vita economica e politica del paese.

Dall’altra parte, Cuba è un paese dove non c’è violenza, dove tutti hanno accesso all’educazione (gratuita dalle elementari fino all’università), dove la sanità è gratuita per tutti. Qualcuno che ne avrebbe la possibilità, rinuncia ad andare in Florida perché là la crisi economica ha privato molti latinos anche dei beni basilari, quelli che a Cuba, in qualche modo, fino ad oggi sono sempre stati garantiti. A tutti.

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