Mentre prosegue in Siria l'offensiva militare contro le roccaforti sunnite delle proteste – da domenica è il turno della regione di Homs – si apre oggi ad Antalia nel sud della Turchia la conferenza “Per il cambiamento in Siria” a cui partecipano oppositori in esilio provenienti da Europa e Nordamerica, rappresentanti all'estero dei comitati organizzatori della mobilitazione anti-regime, intellettuali dissidenti che diranno la loro a titolo personale. In veste non ufficiale, anche rappresentanti dei Fratelli musulmani (formazione illegale nel Paese dal 1980) sono presenti alla convention di Antalia.

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Convention dell’opposizione siriana

Convention dell'opposizione siriana 

Mentre prosegue in Siria l’offensiva militare contro le roccaforti sunnite delle proteste – da domenica è il turno della regione di Homs – si apre oggi ad Antalia nel sud della Turchia la conferenza “Per il cambiamento in Siria” a cui partecipano oppositori in esilio provenienti da Europa e Nordamerica, rappresentanti all’estero dei comitati organizzatori della mobilitazione anti-regime, intellettuali dissidenti che diranno la loro a titolo personale. In veste non ufficiale, anche rappresentanti dei Fratelli musulmani (formazione illegale nel Paese dal 1980) sono presenti alla convention di Antalia.

Convention dell'opposizione siriana 

Mentre prosegue in Siria l’offensiva militare contro le roccaforti sunnite delle proteste – da domenica è il turno della regione di Homs – si apre oggi ad Antalia nel sud della Turchia la conferenza “Per il cambiamento in Siria” a cui partecipano oppositori in esilio provenienti da Europa e Nordamerica, rappresentanti all’estero dei comitati organizzatori della mobilitazione anti-regime, intellettuali dissidenti che diranno la loro a titolo personale. In veste non ufficiale, anche rappresentanti dei Fratelli musulmani (formazione illegale nel Paese dal 1980) sono presenti alla convention di Antalia.

Il fronte del dissenso è però frantumato e le posizioni sono diverse e sfumate. Tra i promotori della conferenza figurano i firmatati dell’Iniziativa nazionale per il cambiamento, piattaforma di oppositori siriani “liberal” creata dal giovane attivista Radwan Ziadeh, 35 anni, dal 2007 negli Stati Uniti e attualmente ricercatore alla George Washington University. Attorno a Ziadeh figurano circa 150 attivisti e dissidenti, molti dei quali in Siria ma i più noti negli Usa, come il politologo Najib Ghadbian e sua moglie Muhja Kahf entrambi professori all’università dell’Arkansas, e Usama Qadi, co-fondatore e presidente del Centro siriano di studi politici e strategici basato a Washingto. A loro si è unito anche Usama Munajjed, rappresentante del Movimento per la giustizia e lo sviluppo di Londra, che secondo recenti documenti diplomatici americani diffusi da Wikileaks avrebbe ricevuto dal 2006 al 2009 circa sei milioni di dollari da Washington. Il fronte di Ziadeh – vicino in quanto a programma a quello di Ammar Abdel Hamid, ennesimo attivista siriano che opera dagli States – esclude ogni possibile negoziato con il regime di Bashar al-Assad e preme perché sia l’esercito ad abbandonare il raìs, magari tramite i buoni uffici dell’attuale ministro della difesa Ali Habib, che guidò a fianco degli Usa le forze armate di Damasco nella Coalizione dei Trenta contro Saddam Hussein nella Guerra del Golfo.

Ben diverso il parere di quei dissidenti siriani in patria che nelle settimane precedenti hanno cercato di tenere aperto il canale di dialogo con le autorità di Damasco. Tra questi spicca Michel Kilo, cristiano di Latakia, che preferisce una “soluzione politica” piuttosto che una “sanguinosa opzione rivoluzionaria”. Dello stesso parere è l’alawita Luay Hussayn, uno dei quattro oppositori che ad aprile hanno incontrato personalmente il consigliere presidenziale Buthayna Shaaban nell’ambito del “dialogo nazionale”. Dentro e fuori la Siria ci sono comunque esponenti del fronte di coloro che in un primo tempo chiedevano “riforme” ma che, dopo i massacri di Daraa e di Banias, invocano ormai esplicitamente “la caduta del regime”. Tra questi emergono le figure di due donne, Suhayr Atassi e Razan Zaytune.

Diviso anche il fronte curdo, specialmente tra quei partiti che partecipano ad Antalia e quelli che invece hanno rifiutato di inviare una delegazione in un Paese “nemico della causa curda”. A dare il senso delle tensioni interne alla nebulosa dell’opposizione siriana sono però le parole di Burhan Ghalioun, 65 anni, stimato docente di sociologia politica alla Sorbona di Parigi e da anni esponente di spicco del dissenso. Ghalioun non è andato ad Antalia e ha definito la conferenza una “riunione di personaggi che vogliono trarre vantaggio e sfruttare la rivoluzione per scopi privati, tra cui quelli stranieri”. Ghalioun e l’attivista Haytham Manaa, un altro “francese” siriano,  si erano ritirati dai lavori della conferenza di Istanbul il 25 aprile scorso in segno di dissenso con la decisione delle autorità turche, principali partner commerciali e politici di Damasco, di dare di fatto ampio risalto alle posizioni dei Fratelli musulmani.

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