Che l’ormai ex vicesindaco Riccardo De Corato tornasse alla carica, proprio in campagna elettorale, per richiedere la rimozione della lapide dedicata a Giuseppe Pinelli in piazza Fontana, con su scritto “ucciso”, non desta meraviglia. Ci eravamo ormai abituati alle sue minacce e al suo straparlare su questo e altri argomenti. Sconcerta, e non poco, invece la dichiarazione del candidato sindaco Giuliano Pisapia sul Corriere della Sera del 10 maggio scorso. “è da tutti ormai riconosciuto” – queste le sue parole – “il fatto che Luigi Calabresi è un servitore dello Stato e ha fatto il suo dovere senza avere responsabilità sulla morte di Pinelli come di fatto ha ricostruito con estrema correttezza il magistrato D’Ambrosio che non a caso è al mio fianco in questo impegno comune per il cambiamento di Milano”.
Che l’ormai ex vicesindaco Riccardo De Corato tornasse alla carica, proprio in campagna elettorale, per richiedere la rimozione della lapide dedicata a Giuseppe Pinelli in piazza Fontana, con su scritto “ucciso”, non desta meraviglia. Ci eravamo ormai abituati alle sue minacce e al suo straparlare su questo e altri argomenti. Sconcerta, e non poco, invece la dichiarazione del candidato sindaco Giuliano Pisapia sul Corriere della Sera del 10 maggio scorso. “è da tutti ormai riconosciuto” – queste le sue parole – “il fatto che Luigi Calabresi è un servitore dello Stato e ha fatto il suo dovere senza avere responsabilità sulla morte di Pinelli come di fatto ha ricostruito con estrema correttezza il magistrato D’Ambrosio che non a caso è al mio fianco in questo impegno comune per il cambiamento di Milano”. Non sappiamo bene che cosa intenda Giuliano Pisapia con la frase “Calabresi ha fatto il suo dovere”, visto che a Milano i fascisti mettevano le bombe e il commissario arrestava gli anarchici, accusando per altro esplicitamente Pietro Valpreda della strage, solo poche ore dopo, urlando il suo nome nei corridoi della Questura a diversi giornalisti presenti, tra gli altri Giampaolo Pansa, che riportò la cosa in un articolo su La Stampa. Episodio (qualcuno se lo dovrebbe ricordare) al centro di un’interrogazione parlamentare dell’allora deputato socialista Eugenio Scalfari.
Forse andrebbe anche ricordato allo stesso Pisapia che il suo amico Gerardo D’Ambrosio è lo stesso giudice che si inventò, per archiviare l’accusa nei confronti di poliziotti e carabinieri responsabili dell’omicidio di Giuseppe Pinelli, la tesi del “malore attivo” e dell’avvenuta “alterazione del baricentro”, per sostenere l’auto-defenestramento (con un balzo) dell’anarchico, scontrandosi con le più elementari leggi della fisica e della medicina legale. Un fatto, quello del “malore attivo” mai più verificatosi in Italia e in nessuna altra parte del mondo, ma accertato una volta sola, la notte tra il 15 e il 16 dicembre, in Questura a Milano, nell’ufficio di Calabresi, vittima un anarchico innocente e trattenuto illegalmente proprio dallo stesso commissario.
Qui non stiamo disquisendo di garantismo, ma della manipolazione grossolana dei fatti. Stiamo parlando della subordinazione di un giudice al potere politico per garantire l’impunità ad appartenenti a forze dell’ordine. Che stessero anche loro facendo il “proprio dovere”?
Non ci interessa sapere se l’uscita di Giuliano Pisapia faccia parte di una raffinata strategia elettorale di ammiccamento al centro moderato. Affar suo. Sappia comunque che se anche a lui venisse in mente, da Sindaco o meno, di rimuovere la lapide a Giuseppe Pinelli, ci troverà tra coloro che la rimetteranno al suo posto.
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