Questo gruppo può servire a far comprendere tutta la potenza sovversiva della musica
Il grande artista torna in Italia con la sua formazione in cui militano musicisti israeliani e palestinesi Suonerà a Milano il 17 maggio e a Roma il 18. In programma musiche di Mahler e Beethoven
“La mia Divan repubblica autonoma più che un’orchestra”
Il nostro supporto è l’Andalusia, terra dove in passato arabi ed ebrei convivevano in piena armonia
Questo gruppo può servire a far comprendere tutta la potenza sovversiva della musica
Il grande artista torna in Italia con la sua formazione in cui militano musicisti israeliani e palestinesi Suonerà a Milano il 17 maggio e a Roma il 18. In programma musiche di Mahler e Beethoven
“La mia Divan repubblica autonoma più che un’orchestra”
Il nostro supporto è l’Andalusia, terra dove in passato arabi ed ebrei convivevano in piena armonia
Daniel Barenboim torna in Italia con la sua West-Eastern Divan Orchestra, tutta composta da musicisti arabi e israeliani. E´ un´orchestra-mito, uno Stato binazionale in nuce «che può far comprendere la potenza sovversiva della musica», sostiene Barenboim, musicista tra i più geniali e celebrati del nostro tempo, anche per ampiezza di interessi e curiosità intellettuale. Ebreo di origini russe nato in Argentina e cresciuto in Israele, oggi investito dalla doppia cittadinanza israeliana e palestinese, Barenboim ha appena diretto la Divan a Gaza e la porterà alla Scala il 17 maggio e il 18 a Roma, al Parco della Musica per Santa Cecilia (in programma l´Adagio della Decima Sinfonia di Mahler e l´Eroica di Beethoven), con ricavato devoluto a favore di Children in Crisis a Milano e di progetti educativi della Divan a Roma. Altre tappe prestigiose, subito dopo questi due concerti italiani, attendono l´orchestra creata nel 1999 da Barenboim assieme al grande uomo di cultura palestinese Edward Said: il Musikverein di Vienna, la Salle Pleyel di Parigi e la Philharmonie di Berlino.
In estate, oltre a un tour in Asia, ci saranno Lucerna e Salisburgo: il meglio del meglio, musicalmente parlando. Merito della qualità raggiunta, in poco più di un decennio, da questa creatura musicale senza confronti, «che vanta ormai un´identità compatta ed eccezionale», afferma giustamente fiero Barenboim. Negli anni Novanta, quando concepì il progetto con Said, non credeva che si sarebbe arrivati a tanto: «Volevamo solo riunire arabi e israeliani in un piccolo forum di musica da camera che stimolasse il dialogo e il reciproco ascolto. Ma quando giunsero duecento richieste dal mondo arabo fu chiaro che avremmo fondato un´orchestra».
Israele è piena di musicisti eccelsi. Come amalgamarli a quelli dei paesi arabi?
«In principio c´era una situazione molto diseguale. La preparazione di alcuni arabi era buona, ma molti, pur avendo talento, mancavano di conoscenza musicale. L´ottanta per cento non aveva mai suonato in un´orchestra e il quaranta non aveva mai ascoltato un´orchestra dal vivo. Eppure, già nel 2007, la Divan poteva eseguire un pezzo come le “Variazioni” di Schoenberg a Salisburgo, e l´estate scorsa a Buenos Aires abbiamo fatto tutte le sinfonie di Beethoven. Oggi è un complesso di omogeneità ineguagliabile».
A cosa si deve tale risultato?
«A un lavoro compiuto di anno in anno, studiando e provando con l´aiuto del governo regionale andaluso e la preziosa collaborazione dei musicisti della Staatskapelle di Berlino che insegnano ai giovani dell´orchestra, dove l´età media è 25-30 anni; ma ci sono anche adolescenti, e per esempio quest´anno c´è un palestinese di Nazareth di soli tredici anni. Prima ci si ritrovava soltanto in estate; poi, dal 2002, abbiamo cominciato a dare borse di studio affinché i musicisti continuassero a farsi seguire dai medesimi docenti durante gli altri mesi. Oggi molti di loro, quando non suonano con la Divan, lavorano nelle migliori orchestre del mondo. Il livello è talmente elevato che quando facciamo audizioni per accogliere nuovi membri non ne troviamo di abbastanza bravi. Per questo ho voluto creare una seconda orchestra, la Divan B, i cui migliori elementi, una volta cresciuti musicalmente, entreranno nella Divan principale».
Come sono suddivise le nazionalità?
«Il quaranta per cento dei musicisti viene da Israele, un altro quaranta da vari paesi arabi e un venti per cento sono spagnoli, essendo il nostro supporto l´Andalusia, luogo di memoria da usare per costruire il futuro, dato che un tempo, in quella terra, arabi ed ebrei convivevano in piena armonia».
Perché è proprio la musica a consentire l´organizzazione e la vitalità di un ensemble arabo-israeliano?
«Perché è un´espressione che entra nei corpi nel modo più diretto e primordiale. L´orecchio è sempre aperto, la musica è fisicità: è questo a imprimerle la sua forza tremenda. Inoltre l´orchestra è una scuola d´ascolto dove nessuno può prevaricare. Il senso della musica è diventare uno».
Vuol dire che non ci sono scontri di opinioni politiche all´interno della Divan?
«Certo che ci sono, e anche terribili! Divan è una repubblica autonoma e sovrana dove chiunque può esprimersi. Spesso le discussioni politiche sono tesissime. Ma se si suona per sei o sette ore insieme, davanti alla stessa partitura, e cercando di ottenere lo stesso vibrato e la stessa dinamica, si stabilisce inevitabilmente una relazione diversa. A volte, affrontando temi roventi, le chiusure sono tali che sembra di stare in mezzo ai sordi. A volte invece avvengono incontri umani profondi e rivelatori. Su una cosa, comunque, tutti sono d´accordo, ed è che non esiste alcuna soluzione militare per il conflitto israeliano-palestinese».
Come giudica l´ondata di sollevazioni nei paesi arabi, a partire dall´Egitto?
«Quella egiziana è una rivoluzione storica senza precedenti: un ribellarsi al regime senza violenza né un programma di opposizione politica, ma per chiedere condizioni di vita migliori. E´ la reazione fresca, giusta e spontanea di un popolo. La situazione è fluida e incandescente. Ma il moto iniziale è stato positivo e salutare».
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