Il progetto finanziato dal governo israeliano
In un archivio multimediale l'elenco di oltre mezzo milione di beni ">

Olocausto, in un database online le proprietà  confiscate alle vittime

 

 

 

 

Il progetto finanziato dal governo israeliano
In un archivio multimediale l’elenco di oltre mezzo milione di beni

 

 

 

 

Il progetto finanziato dal governo israeliano
In un archivio multimediale l’elenco di oltre mezzo milione di beni

MILANO – Un database multimediale per restituire i beni confiscati alle vittime dell’Olocausto. Lunedì scorso, nel giorno in cui in Israele si celebrava la giornata della Shoah, è stato lanciato «Project HEART», il primo archivio online che raccoglie l’elenco di oltre mezzo milione di proprietà confiscate agli ebrei o vendute forzatamente. Lo scopo finale del progetto è fare in modo che gli ex proprietari o i loro eredi possano ottenere la restituzione dei beni sottratti con la forza durante il periodo nazista.

CAMPAGNA PUBBLICITARIA – Il progetto, finanziato dal governo israeliano e annunciato durante una conferenza stampa tenutasi domenica scorsa a Gerusalemme, è stato ideato dalla «Jewish Agency for Israel», un’agenzia semigovernativa israeliana che ha appena inaugurato due nuove sedi a Bruxelles e a Milwaukee. L’iniziativa sarà promossa nei prossimi mesi attraverso una campagna pubblicitaria mondiale. Per compilare la lista, gli ideatori hanno spulciato centinaia di archivi europei: il database contiene beni immobili e terreni, oggetti preziosi come opere d’arte e gioielli e anche beni immateriali come azioni, obbligazioni e libretti di risparmio. Molte delle proprietà presenti nell’archivio sono elencate con i nomi dei proprietari originali.

AZIONI LEGALI – Solo in Israele vi sono oggi circa 250.000 sopravvissuti all’Olocausto. Molti tra loro sono anziani che vivono in condizioni di povertà e adesso potranno chiedere la restituzione dei beni iscrivendosi al sito web del progetto che tra l’altro è stato redatto in 13 lingue (italiano incluso). Il primo passo di questo processo – recita il sito web – è individuare le persone che hanno perso delle proprietà in quel periodo e invitarle a inviare il questionario. Dopo aver raccolto tutte le informazioni, gli ideatori del progetto intendono avviare azioni legali per cercare di ottenere la cooperazione di quei governi che fino ad oggi non hanno voluto collaborare. «Il fine ultimo del Progetto HEART- si legge sul sito web – è di fornire gli strumenti, le strategie e le informazioni necessarie per consentire al governo di Israele, al Progetto HEART e ai suoi collaboratori di garantire giustizia alle vittime ebraiche e ai loro eredi, nonché al popolo ebraico».

I PRECEDENTI – Nel corso degli ultimi decenni diverse organizzazioni hanno cercato di ottenere la restituzione dei beni confiscati agli ebrei durante il periodo nazista. Ad esempio la «Conferenza sui reclami materiali ebraici contro la Germania» si è interessata alle proprietà sottratte dai nazisti in Austria e in Germania, mentre la «World Jewish Restitution Organization», ideata all’indomani del crollo dell’Unione Sovietica, si è concentrato sui beni appartenuti agli ebrei negli ex paesi comunisti. Tuttavia, difficilmente singoli proprietari sono riusciti a ottenere il maltolto.

COMMENTI – Come racconta al Jerusalem Post Bobby Brown, Ceo della «Jewish Agency for Israel», questa settimana sono già stati caricati sul sito web ben 650.000 beni appartenuti alle vittime dell’Olocausto. Brown spera di raccogliere nella lista almeno un milione di proprietà entro la fine dell’anno: «La forza e la determinazione del popolo ebraico nasce dal fatto che nel corso dei secoli essi hanno superato le più orribili esperienze umane. Per questo, noi popolo ebraico, dobbiamo fare tutto quello che possiamo per ottenere un barlume di giustizia che troppo a lungo è stato negato». Natan Sharansky, presidente dell’agenzia semigovernativa, durante la conferenza di domenica scorsa ha ribadito che la restituzione dei beni ai legittimi proprietari è un dovere verso le vittime di questa immane tragedia: «L’Olocausto non è stato solo un genocidio – dichiara Sharansky al New York Times – È stato anche il più grande furto mai avvenuto nella storia».

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