Un paio di giorni fa, intervistato dalla radio statale, l'ambasciatore israeliano a Washington Michael Oren aveva affermato che il suo paese e gli Stati Uniti lavorano per impedire la proclamazione unilaterale d'indipendenza che l'Anp «starebbe pianificando» per il prossimosettembre alle NazioniUnite. ">

Uniti verso «l’indipendenza», Fatah e Hamas ci riprovano

Un paio di giorni fa, intervistato dalla radio statale, l’ambasciatore israeliano a Washington Michael Oren aveva affermato che il suo paese e gli Stati Uniti lavorano per impedire la proclamazione unilaterale d’indipendenza che l’Anp «starebbe pianificando» per il prossimosettembre alle NazioniUnite.

Un paio di giorni fa, intervistato dalla radio statale, l’ambasciatore israeliano a Washington Michael Oren aveva affermato che il suo paese e gli Stati Uniti lavorano per impedire la proclamazione unilaterale d’indipendenza che l’Anp «starebbe pianificando» per il prossimosettembre alle NazioniUnite.

L’altro ieri sera è giunta la conferma che i palestinesi alla fine dell’estate all’Onu ci andranno, uniti e non più spaccati in due, per ottenere il riconoscimento del loro Stato in Cisgiordania e Gaza, con capitale Gerusalemme Est. È anche questa ottica che si deve leggere l’improvviso e clamoroso annuncio del raggiungimento di un accordo Fatah-Hamas per la «riconciliazione nazionale», che verrà firmato mercoledì prossimo al Cairo. Ieri a Gaza il vice ministro degli esteri di Hamas, Ghazi Hamad, cercava di non sbottonarsi rispondendo alle nostre domande, ma non poteva nascondere la soddisfazione per un’intesa che, a prima vista, rimescola le carte in casa palestinese e in una regione attraversata da mesi di proteste e rivolte. «Abbiamo raggiunto il risultato che ci chiedeva il nostro popolo e ora dobbiamo guardare avanti» ci ha detto Hamad sottolineando l’importanza delle relazioni internazionali che riuscirà a instaurare il futuro governo palestinese di unità nazionale, formato da «tecnocrati». I due premier palestinesi, Salam Fayyad (Anp) e Ismail Haniyeh (Hamas), si faranno da parte. Ma non è escluso che il primo torni in campo, per «tranquillizzare» i partner occidentali dell’Anp. AGaza ieri non ci sono stati festeggiamenti pubblicima la gente era fiduciosa che l’accordo contribuirà a renderemeno pesante la chiusura israeliana della Striscia. «Sono ottimista, perché le due parti hanno messo da parte la loro rivalità e hanno agito per il bene di tutti i palestinesi» diceva Abbas, impiegato alministero della sanità. Soddisfatti anche i ragazzi del «15marzo», che ilmese scorso (assieme a tanti coetanei in Cisgiordania) avevano manifestato a favore della riconciliazione nazionale. «Mi fa piacere credere che questo risultato sia anche frutto della nostra mobilitazione», spiega Amr, 23 anni, uno degli attivisti del «15marzo ». Ebaa, 20 anni, ricorda «il sacrificio di Vittorio ». La brutale uccisione due settimane fa dell’attivista e giornalista italiano (ghazawi d’adozione) Vittorio Arrigoni, afferma la ragazza, «ha dimostrato che rimanere paralizzati e prigionieri dell’ansia di potere fa solo il gioco dei nemici del popolo palestinese ». Fatah e Hamas si affrontarono con violenza nelle strade di Gaza nel giugno 2007. Da quel conflitto armato, costato la vita di quasi 200 persone, uscì perdente la fazione guidata dal presidente palestinese Abu Mazen che denunciò «un colpo di stato».Hamas invece parlò di una «azione preventiva » per impedire «a elementi di Fatah» (l’ex «uomo forte» Mohammed Dahlan) di abbattere «con l’aiuto di Stati Uniti e Israele» il governo del premier islamico Ismail Haniyeh e di rovesciare il risultato delle elezioni legislative del gennaio 2006, vinte nettamente dal movimento islamico. Due versioni inconciliabili per quasi quattro anni ma che grazie alla mediazione delle autorità egiziane post-Mubarak, più «neutrali», alla fine sono approdate ad un punto condiviso: la necessità di mettere fine alla divisione tra Cisgiordania e Gaza. MahmoudZahar, ex ministro degli esteri del primo governo di Hamas, ha precisato che l’intesa non include alcun tipo di negoziato con Israele da parte del nuovo governo dell’Anp e tanto meno un riconoscimento del movimento islamico dello Stato ebraico. La trattativa con Israele, se e quando si farà, verrà condotta dall’Olp (che rappresenta tutti i palestinesi, anche i profughi). La stampa palestinese ieri ha diffuso più nel dettaglio alcuni elementi chiave dell’accordo: verrà nominata una commissione elettorale centrale e un comitato di 12 giudici che supervisionerà il voto parlamentare e quello presidenziale forse già nel 2011. Un comitato congiunto di difesa nazionale, sarà a capo delle forze di sicurezza palestinesi, ma Hamas continuerà ad occuparsi di Gaza e l’Anp della Cisgiordania. Verranno liberati i prigionieri politici. Il governo Netanyahu ha già annunciato che non avrà colloqui né contatti con un governo palestinese che include Hamas e gli Usa lasciano intravedere ritorsioni economiche nei confronti dell’Anp. Abu Mazen, il negoziato vuole continuarlo e lo ha detto ieri, ma ora ha deciso di serrare i ranghi di fronte all’impossibilità di raggiungere un accordo con il governo israeliano intenzionato a proseguire la colonizzazione di Cisgiordania e Gerusalemme est.

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