WikiLeaks, un vescovo amico degli Usa “Così il Vaticano approvò Guantanamo”

Dalle carte di WikiLeaks emerge l’entusiasmo per la guerra al terrorismo di Luis Mariano Montemayor

Dalle carte di WikiLeaks emerge l’entusiasmo per la guerra al terrorismo di Luis Mariano Montemayor

La Casa Bianca è preoccupata di avere un largo consenso su Guantanamo, il Vaticano fa resistenze, ma per fortuna c´è un monsignore, entusiasta del pugno di ferro di Bush, pronto a dare informazioni importanti e il suo beneplacito. In un cablo tra i più interessanti dell´ultimo gruppo diffuso da WikiLeaks, che L´Espresso e Repubblica pubblicano in esclusiva, si leggono i retroscena su come si ottenne il silenzio-assenso sugli orrori della prigione in cui, nel 2002, arrivavano in gran numero sospetti Taliban e terroristi.

Nel gennaio di quell´anno l´ambasciatore statunitense in Vaticano è Jim Nicholson, le cui attività per guadagnare Giovanni Paolo II alla causa della guerra contro Al Qaeda sono oggetto anche di altri cablo svelati da WikiLeaks. Nicholson riferisce che nell´ambito delle sue attività alla Santa Sede il dibattito sulla guerra al terrorismo è «diventato uno degli argomenti salienti» e il suo punto di riferimento è monsignor Luis Mariano Montemayor, in quel momento responsabile vaticano per Afghanistan e Pakistan. Il prelato è sollecito nel fornire particolari su come si svolge la discussione sul trattamento dei detenuti, che «potrebbe diventare questione preminente», si legge nel cablo, all´interno del Vaticano, dove «un dibattito teso si è concluso con un solido sostegno, a parte alcune riserve, alla campagna condotta dagli Usa». A convincere i contrari, sempre secondo Montemayor, sarebbe stato il buon esito umanitario dell´intervento in Afghanistan, ma «il modo in cui ora gli Usa decideranno di trattare i detenuti» potrebbe diventare un ostacolo da superare. 
Montemayor nel cablo appare entusiasta dei metodi statunitensi, e il fatto che sia il responsabile per l´Afghanistan è, in pratica, un via libera. Nicholson attribuisce il sostegno di Montemayor alla sua nazionalità e al suo passato, poiché il prelato è argentino e ha vissuto gli anni della dittatura sotto la protezione della polizia, in quanto figlio di un alto ufficiale della Marina la cui famiglia era sotto costante minaccia terroristica. Nel cablo, Nicholson scrive di come Montemayor gli passi anche importanti informazioni su come i russi stanno valutando la vicenda del carcere di Guantanamo. Montemayor riferisce nei particolari una conversazione con un diplomatico russo, Dmitry Shtodin, assai interessato ai metodi Usa di Guantanamo, che potrebbe fare da precedente per il trattamento dei prigionieri ceceni. «Montemayor mi ha detto che il suo interlocutore russo si è stupito della sua mancanza di compassione verso i detenuti», scrive Nicholson, un atteggiamento che invece il diplomatico Usa si spiega così: «In quanto argentino, Montemayor ritiene che gli Stati Uniti siano in acque familiari, legalmente ed eticamente, nel loro approccio a Guantanamo»; non solo, ma aggiunge che il prelato «si è chiesto se i tribunali militari argentini del passato potranno presto vedere i loro equivalenti americani». Oggi il prelato argentino non è più in Italia, nominato nunzio apostolico per il Senegal, mentre Dmitry Shtodin è ancora primo consigliere presso l´ambasciata russa in Italia.

 

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