Criminale supremo

Dopo un processo di due anni e mezzo, dei tre generali croati finiti davanti alla Corte dell’Aja per i crimini di guerra commessi nel corso della guerra fratricida in Jugoslavia dal 1991 al 1995 – Ante Gotovina, Mladen Markac e Ivan Cermak – due, in questi giorni, sono stati giudicati colpevoli e condannati: Gotovina a 24 anni eMarkac a diciotto. Il terzo è stato assolto.

Dopo un processo di due anni e mezzo, dei tre generali croati finiti davanti alla Corte dell’Aja per i crimini di guerra commessi nel corso della guerra fratricida in Jugoslavia dal 1991 al 1995 – Ante Gotovina, Mladen Markac e Ivan Cermak – due, in questi giorni, sono stati giudicati colpevoli e condannati: Gotovina a 24 anni eMarkac a diciotto. Il terzo è stato assolto.

La Corte ha appurato l’esistenza di «un’associazione per delinquere finalizzata alla pulizia etnica della popolazione serba della Krajina» croata, della quale facevano parte anche gli ormai defunti Franjo Tudjman, presidente della Croazia e suo «Supremo», ilministro della difesa Gojko Susak (che salutava le truppe croate con il saluto fascista), il capo di stato maggiore generale Janko Bobetko e il suo successore Zvonimir Cervenko, insieme al Gotovina comandante di tutte le unità militari e di polizia che operavano nella zona di Spalato e nella Krajina. Stando alla sentenza dunque, l’intera Operazione Tempesta, che nei primi sette giorni di agosto 1995 portò alla conquista o «liberazione» della regione croata abitata da popolazioni serbe, la Krajina, sarebbe stata un’azione criminale che porta la firma (anche) del defunto presidente della Croazia al potere dal 1990 al 1999, un crimine pianificato e sistematicamente attuato per costringere la popolazione a fuggire, terrorizzata dalle distruzioni, omicidi, furti e deportazioni: crimini di guerra e contro l’umanità. Gotovina e Markac dovrebbero pagare ora anche per i leader croati che la morte si è presi ma sono riapparsi come convitati di pietra davanti ai giudici dell’Aja.Gotovina, già ufficiale della legione straniera e cittadino francese, ha già scontato 1956 giorni e Markac 1477, contando dal momento in cui finirono in prigione. Il primo si era fatti precedentemente quattro anni di latitanza negli alberghi di lusso delle isole Baleari dove fu acciuffato nel dicembre del 2005. Considerati eroi prima, lo sono ancor più oggi dopo la condanna a pochi mesi dalle elezioni parlamentari – per gli ex combattenti della guerra «patriottica» e con essi per tutta la destra, governo compreso, ma anche la sinistra che si ribella alla motivazione politica della decisione dei giudici. Questi, secondo Zagabria, avrebbero avuto la mano leggera nel giudicare i generali serbi che distrussero interamente la città di Vukovar a cannonate e fucilarono poi i feriti sorpresi in ospedale, mentre l’hanno duramente calcata su Gotovina e camerati che distrussero «soltanto una trentina» di case cannoneggiando Knin quando la popolazione serba era già scappata. La sentenza dell’Aja ricorda però anche i cannoneggiamenti ordinati da Gotovina contro le città di Benkovac, Obrovac eGracac sottoposte a cannoneggiamenti non selettivi, estesi agli interi abitati, per indurre le loro popolazioni ad abbandonare il territorio. Dopo la conquista o liberazione della regione, inoltre, le truppe, le milizie e i terroristi croati continuarono a infierire, saccheggiando, distruggendo con le mine e col fuoco decine di migliaia di case e massacrando circa tremila civili, per lo più ammalati e anziani che non erano riusciti a scappare. Questa mattanza continuò per mesi. Il presidente Tudjman – e chi eseguì i suoi ordini ovvero attuò il piano criminale elaborato a tavolino alla fine di luglio del 1995 in una riunione svoltasi a Brioni nella micronesia di Pola – intendevano eliminare la popolazione serba «per popolarla con i croati, per cui i desideri politici si trasformarono in azioni militari» come si legge nella sentenza. Nella quale non si dice, però, che quella guerra per i croati «patriottica », legittima e legale, fu coordinata da consiglieri militari della Nato. Praticamente la sentenza dei giudici dell’Aja viene letta in Croazia come una condanna dello Stato croato nato, ecco, da un’operazione criminale. In verità, al di là dei crimini compiuti, e ad indicarli furono già in quell’epoca varie organizzazioni croate e internazionali preposte alla difesa dei diritti umani, i passaggi politici nella sentenza sono molto più frequenti di quelli giuridici, come dimostra la ripetuta menzione del defunto “Supremo” Tudjman indicato come ideatore e capo della persecuzione dei serbi in Croazia, capo della “associazione per delinquere” dei vertici politico e militare di Zagabria che «calpestarono il diritto e le convenzioni internazionali ». E la cancellazione di questa formulazione, prima ancora che l’assoluzione dei generali viventi e defunti, è l’obiettivo del governo di Zagabria (le ha dichiarato le premier Jadranka Kosor) nell’appello che sarà presentato al tribunale fra qualchemese. Altrimenti la festa nazionale del 5 agosto che si celebra da un decennio sarà la «Giornata della vergogna». È quindi chiara la ragione per cui il governo di Zagabria, espressione di quell’Hdz fondata e guidata per un decennio da Tujman, poi da quell’Ivo Sanader che da alcuni mesi sta in galera in Austria in attesa dell’estradizione per una serie di gravi reati penali ed ora dall’ex giornalista Jadranka Kosor, si è sentito colpito in pieno da una sentenza pronunciata nel momento in cui il Paese, in piena crisi economica e sociale, ed accingendosi ad entrare nell’Unione europea, vede abbattersi sulla sua strada questo macigno targato tribunale dell’Aja. Come se non bastassero questi nuovi ostacoli, la sentenza ha sconvolto pure i rapporti – faticosamente avviatisi da parecchi mesi alla collaborazione fra Croazia e Serbia grazie alla buona volontà dei rispettivi presidenti Josipovic e Tadic, i quali oggi vengono a trovarsi su posizioni distanti mille miglia, l’uno contro l’altro «armati» per una sentenza definita giusta e conforme alla legge dal capo di Stato serbo e «ingiusta» dal presidente croato. Secondo Belgrado la sentenza dell’Aja starebbe a dimostrare che «ci fu effettivamente un’operazione di pulizia etnica» negli anni Novanta; i croati, invece, si dichiarano vittime dell’aggressione serba e accusano i giudici internazionali di aver equiparato le vittime agli aggressori. Kosor ha annunciato una «forte attività diplomatica». Chi opera in senso contrario a questa linea è un «traditore della patria». Nelle manifestazioni degli ex combattenti della «guerra patriottica» già si fanno i nomi di «traditori», a cominciare da Stjepan Mesic, l’ex presidente della Repubblica che ha accettato nei giorni scorsi la presidenza onoraria dell’Associazione combattenti partigiani. FuMesic a consegnare all’Aja i documenti che accusano il defunto Tudjman e che hanno mandato in galera i due generali croati.

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