Comunisti cubani a congresso tra Fidel ed esercito

Dopo dieci anni torna a riunirsi il vertice del Partito-regime

Dopo dieci anni torna a riunirsi il vertice del Partito-regime

Comincia all’Avana il sesto Congresso del Partito comunista cubano, partito unico riunito l’ultima volta dieci anni fa a Santiago, capitale orientale dell’isola. La malattia del Fidel (adesso risanato) fa saltare l’appuntamento 2006, ma il rimandare non aiuta le speranze: modello socialista dello stato padrone in agonia per il gran rifiuto ai consigli cinesi che suggerivano l’ibrido terribile del capitalismo socialista. Fidel non ne voleva parlare e Raul non sa a quali santi aggrapparsi.
Cuba balbetta nella prospettiva che le conclusioni del Congresso rovescino la vita del Paese. Ormai la povertà si è trasformata in una miseria difficile da spiegare a 11 milioni di cittadini tra i più evoluti delle due Americhe: alfabetizzazione, lauree tecniche e scientifiche in concorrenza con Stati Uniti. Ecco la scelta dolorosa annunciata da Raul Castro: cambiare le strutture economiche , aprire alle privatizzazioni tagliando i rami secchi che affogano i bilanci. Perdono il posto un milione e mezzo di dipendenti dello Stato ai quali si promettono permessi ed aiuti per aprire piccole aziende o reti commerciali. La delusione immalinconisce la generazione di chi ha 50 anni. Cresciuta nelle università, impegnata nell’orgoglio del nazionalismo respirato in ogni virgola dell’apprendistato di cittadinanza: ingegneri, medici, scrittori, la classe dirigente che illustra Cuba oltre i confini, viene imbalsamata e non sa che pesci pigliare.
Brontolii, blog pieni di spine: come possiamo diventare contadini o barbieri se la nostra vita è stata programmata in altro modo? Tra le spiegazioni la lotta alla corruzione non diversa da ogni altro Paese latino, ma Cuba è nella vetrina sbagliata mentre a Santo Do-mingo, Panama o Colombia, Paesi amici di Washington, le vetrine sono male illuminate e nessuna esasperazione gonfia la condanna . Uscito di prigione l’ultimo dei 75 detenuti politici che hanno infiammato i liberali d’Occidente, restano i buchi di una libertà di stampa che non c’è e la richiesta dell’opposizione interna consapevole e lontana dai traffici di Miami. Chiedono un altro partito in concorrenza col socialismo proclamato il 16 aprile di 50 anni fa da Fidel. Era la vigilia dell’invasione della Baia di Porci. Oggi Fidel, Raul e ogni vecchio militante sono consapevoli che si apre l’ultimo Congresso della loro generazione. Indispensabile l’ingresso dinuoviprotagonisti,perlopiùin divisa.
RAUL governa con loro: 10 militari tra ministri e vice nel suo governo. Ed è possibile che altri militari finiscano ai vertici: per una transizione non definita se non nel contenimento dei debiti. Gli oppositori seri che dall’interno contestano lealmente il regime, ne sono sconvolti. Manuel Cuesta Morua, meno di 50 anni, intellettuale di colore, socialdemocratico che si é formato in Europa, soprattutto in Italia, fa sapere che “militarizzare la politica è un modo per ingessare l’esistente senza pensare al futuro“. Più o meno le parole dell’ingegner Payà, democristiano ed autore del piano Varela, presentato all’università dell’Avana con Fidel in prima fila che applaude Jimmy Carter entusiasta della proposta. Subito sepolta. Da 8 anni non si parla più di una richiesta “sensata”, parole di Carter: affidare al bipartitismo il futuro del Paese. Il cui cambiamento è quasi quotidiano. Anche lo zucchero, bandiera del volontariato del Che, è un ramo secco: l’Avana lo importa dal Texas; la sua zafra mantiene il commercio solo del fantastico rum. Fuorigioco gli oppositori del passato: Elisardo Sanchez, spia della polizia, medaglia al valore di Castro per le “informazioni strappate agli stranieri di passaggio che bussavano alla sua porta”. La fine del socialismo non sarà un terremoto , ma brucerà sicurezze e memoria di tre generazioni. Le quali hanno sotto gli occhi l’importanza che il governo attribuisce alla mediazione della Chiesa cattolica, cardinale Ortega fino a qualche anno fa considerato avversario pericoloso: in gioventù spedito qualche mese ai lavori forzati. Storie di ieri sopravvissute al Duemila. Non è che dall’altra parte del mare i sentimenti siano diversi: solo rovesciati. Mentre piazza della Rivoluzione festeggia i 50 anni della vittoria alla Baia dei Porci, i reduci ricacciati dalla Baia di Porci vengono accolti al Congresso dagli amici repubblicani con la retorica di chi esalta il coraggio dei “liberatori”. L’assemblea del Partito trascurerà i veleni di questo populismo. Valuterà se la speranza di Obama che al secondo mandato apra davvero le porte a Cuba come Jimmy Carter ha lasciato capire nel viaggio all’Avana prima dell’assise del partito unico. Viaggio per sapere, viaggio per informare, chissà. L’immagine dei colloqui in giardino, sembra uscire dal tempo che fu: Carter e Raul, due camice bianche, pance ormai rotonde, ascoltano la camicia bianca di Fidel che alza il dito con autorità, ormai illusione. Alla fine del Congresso sapremo se questo passato sopravvive o se la speranza è un’altra.

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