La lista delle morti in cella si allunga ancora. La scorsa notte un uomo di 58 anni, internato da otto nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa, si è tolto la vita impiccandosi. Sale così a due, in quattro mesi, il numero dei suicidi avvenuti all'interno della struttura campana, nella quale tra l'altro, a fronte di una capacità  ufficiale di circa 180 posti, al momento sono presenti 300 persone. ">

Ospedali psichiatrici giudiziari: la pazzia è non occuparsene.

ospedali psichiatrici giudiziari

ospedali psichiatrici giudiziariLa lista delle morti in cella si allunga ancora. La scorsa notte un uomo di 58 anni, internato da otto nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa, si è tolto la vita impiccandosi. Sale così a due, in quattro mesi, il numero dei suicidi avvenuti all’interno della struttura campana, nella quale tra l’altro, a fronte di una capacità  ufficiale di circa 180 posti, al momento sono presenti 300 persone.

ospedali psichiatrici giudiziariLa lista delle morti in cella si allunga ancora. La scorsa notte un uomo di 58 anni, internato da otto nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa, si è tolto la vita impiccandosi. Sale così a due, in quattro mesi, il numero dei suicidi avvenuti all’interno della struttura campana, nella quale tra l’altro, a fronte di una capacità  ufficiale di circa 180 posti, al momento sono presenti 300 persone. Ignazio Marino, presidente della Commissione d’inchiesta sul servizio sanitario nazionale, parla di “un’altra vittima dell’ergastolo bianco”. Secondo Marino “i primi riscontri effettuati dai Nas tracciano un quadro avvilente: quest’uomo ha preso la decisione di uccidersi subito dopo aver ricevuto la notizia di un’altra proroga della pena, nonostante fosse stato riconosciuto non più socialmente pericoloso. Tutti noi, a partire dal mondo politico, dobbiamo sentire il peso di quanto accade negli Opg: chi sbaglia ha il diritto di sperare nella cura, nella riabilitazione e in un futuro migliore. Ma il degrado, le condizioni di vita incompatibili con il più elementare rispetto della dignità e il rischio di non uscire mai più, compromettono questa speranza”. In Italia esistono sei ospedali psichiatrici giudiziari (Opg): a Napoli, Aversa, Barcellona Pozzo di Gotto, Reggio Emilia, Montelupo Fiorentino e Castiglione delle Siviere. Queste strutture dipendono dal ministero della Giustizia per la parte sulla sicurezza e dalle Asl per quanto attiene all’aspetto sanitario. I detenuti ospitati negli Opg sono persone incapaci di intendere e di volere, autori di reato, condannate ad una misura di sicurezza detentiva. Come è stato denunciato qualche giorno fa nel corso del Forum nazionale per il diritto alla salute delle persone private della libertà personale, sono 388 le persone internate negli ospedali psichiatrici giudiziari che, non essendo “socialmente pericolose”, potrebbero essere dimesse, ma rimangono negli Opg per assenza di strutture alternative. Perché questo accade? La disponibilità economica data dal ministero della Salute per agevolare l’assistenza sul territorio delle persone che potrebbero essere dimesse è pari a 5 milioni di euro. Questi fondi vengono assegnati alle regioni sulla base di un’apposita richiesta con la redazione di un piano per la presa in carico e l’assistenza delle persone. Alcune regioni, come la Lombardia o la Toscana, hanno presentato la documentazione e per questo hanno già avuto l’assegnazione delle risorse richieste. Dei 5 milioni complessivi messi a disposizione dal Ministero, però, sono stati effettivamente erogati solo 3 milioni e 400mila euro. Tante, troppe le regioni che non hanno ancora provveduto a presentare i Piani per accogliere le persone dimissibili. Tra le regioni che non hanno presentato il piano c’è il Lazio, terra nella quale sono ben 41 i cittadini ospitati negli Opg che avrebbero diritto di lasciare le strutture. Intanto, il prossimo 19 aprile parità la campagna  “Stop opg” (da martedì prossimo sul sito www.stopopg.it), per l’abolizione degli ospedali psichiatrici giudiziari, e per dare un volto e un nome alle 1.500 persone carcerate oggi in queste strutture. Tra i promotori della campagna ci sono il Forum salute mentale, l’associazione Antigone e la fondazione Franco e Franca Basaglia.

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