Il partito ha fatto una scelta molto chiara e conseguente: ha appoggiato e difeso le scelte più tradizionaliste e anticonciliari e i vescovi meno benevoli verso l'Islam 

 

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Un libro di Renzo Guolo sul successo del movimento di Bossi

L’alleanza di ferro tra lega e chiesa. Il partito ha fatto una scelta molto chiara e conseguente: ha appoggiato e difeso le scelte più tradizionaliste e anticonciliari e i vescovi meno benevoli verso l’Islam 

 

L’alleanza di ferro tra lega e chiesa. Il partito ha fatto una scelta molto chiara e conseguente: ha appoggiato e difeso le scelte più tradizionaliste e anticonciliari e i vescovi meno benevoli verso l’Islam 

 

Se si confronta la geografia elettorale di oggi con quella dell´era democristiana, si scopre che una trentina di provincie dove la Dc aveva le sue casseforti di voti, da Treviso a Biella e Cuneo passando per tutto l´arco prealpino sono le stesse dove la Lega tiene ora i suoi forzieri. Renzo Guolo parte da qui per rispondere alla semplice domanda: come è stato possibile questo poderoso travaso? E il suo Chi impugna la Croce. Lega e Chiesa (Laterza, pagg. 176, euro 16) è l´illuminante e ben documentata risposta: il partito di Bossi ha perseguito questo obiettivo con costanza e flessibilità, con astuzia e cinismo, trasformandosi da partito neopagano, cultore del Sole delle Alpi, dei miti celtici e del rito dell´ampolla, in partito cristiano capace di impugnare la causa del crocifisso nelle scuole e di fiancheggiare la Chiesa più di ogni altra forza politica. Il legame primario che spiega questo comportamento è quello col territorio, con la dimensione locale, che la Lega condivide con le diocesi e le parrocchie. 

Quando l´anno scorso i due neoeletti presidenti del Piemonte e del Veneto se ne uscirono con una dichiarazione secondo la quale si sarebbero adoperati per impedire aborti, non si trattava di un campanello d´allarme, ma di campane a distesa che annunciavano il compimento di una lunga marcia di conquista del territorio che era stato della Dc. Nonostante le divisioni sull´Unità d´Italia, e sull´immigrazione, lo scambio politico aveva funzionato, sta funzionando: la Lega, alleata con Berlusconi, concede alla Chiesa quel che sembra le prema di più, nel campo della bioetica, della famiglia, delle scuole private. E ne ottiene in cambio consensi determinanti.
Chi conosce la storia della Lega sa certo che questo è il partito di Gentilini, un sindaco (a Treviso, che è anche la città dell´autore) che vorrebbe dare agli immigrati “costumini da leprotti” per l´apertura della caccia, un sindaco che teorizza la difesa della “razza Piave” e del suo “Lebensraum”, ma sa anche che già dal 1994 la scelta della Pivetti come presidente della Camera inaugurava un nuovo corso post-democristiano, che Borghezio è anche il capo di un´organizzazione che si chiama “Padania Cristiana”, che il giornale di Bossi ha una rubrica che si chiama sciur curat (“signor curato”) e si preoccupa di quel che fanno i parroci, come solo il Pci ai tempi di Camillo e Peppone. La Lega insomma ha una politica verso la Chiesa attenta, costante, interventista: ha difeso le posizioni più tradizionaliste, ha preso le parti dei lefebvriani (avendone anche qualcuno nelle sue file), ha appoggiato i vescovi meno conciliaristi e le tesi anti-islamiche dei cardinali Biffi e Maggiolini per una selezione cristiana degli immigrati, e fa campagne per condizionare le nomine di vescovi e arcivescovi. Hanno ottenuto un presule amico a Treviso (Mazzucato), dopo i duelli con mons. Magnoni; ora ci provano a Milano, dopo aver condotto polemiche contro Martini e Tettamanzi. Del primo avversavano la sua ostilità al secessionismo. Del secondo la Padania è giunta a chiedersi: «Cardinale o imam?». Ne sa qualcosa Franco Monaco, già Azione cattolica a Milano, poi deputato della Margherita, diventato un bersaglio della Padania perché vicino a Martini. 
Certo l´azione del Carroccio non è senza contraddizioni, ma persegue il suo scopo “etnocentrico” e localistico con determinazione. Diffidente verso il “Papa slavo” Giovanni Paolo II e i suoi incontri universalistici e interreligiosi di Assisi, la Lega si è trovata in maggiore sintonia con il “Papa tedesco”, l´ex prefetto della fede autore della Dominus Iesus, il documento vaticano del 2000 che sospetta l´ideologia del dialogo come sostituto della missione salvifica dell´unica vera religione. La camicie verdi hanno appoggiato Ratzinger e la sua posizione contro la Turchia nell´Unione europea nel 2004, lo hanno difeso, da Papa in occasione dell´incidente di Ratisbona nel 2006 e si sono disposte a divenire le maggiori beneficiarie del ciclo di Ruini alla Cei. Molta strada ha dunque fatto la Lega da quando Bossi se la prendeva con i «vescovoni con i crocioni d´oro». 
La vivace descrizione che Guolo fa di questa parabola si raccomanda a chi vuole dissipare il presunto enigma della politica italiana: le cose vanno come vanno, anche perché questa disinvoltura manovriera non è bilanciata da alcunché sul versante politico opposto. La sinistra italiana, che è stata capace di scrivere pagine rilevanti della storia nazionale – il compromesso costituzionale del 1947 con Togliatti, il dialogo con i cattolici con Berlinguer, la revisione del Concordato con Craxi – oggi a stento percepisce l´esistenza di un problema: quello della sua politica verso la Chiesa, che si è essenzialmente ridotta al muro contro muro sulle questioni bioetiche ed è priva di margini di manovra.

 

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