In filosofia del diritto "rivoluzione" significa: l'ordinamento implode sotto impulsi giuridicamente amorfi; e salta fuori dal fatto quello che ne prende il posto, fondando se stesso. ">

Il teatro dell’assurdo del cavaliere

In filosofia del diritto “rivoluzione” significa: l’ordinamento implode sotto impulsi giuridicamente amorfi; e salta fuori dal fatto quello che ne prende il posto, fondando se stesso.

In filosofia del diritto “rivoluzione” significa: l’ordinamento implode sotto impulsi giuridicamente amorfi; e salta fuori dal fatto quello che ne prende il posto, fondando se stesso.

Non diremmo tale l´avvento del regime mussoliniano: quel socialista anarcoide, poi uomo d´ordine che forniva squadre agli agrari, ha dalla sua monarchia, esercito, prefetti, magistrati, carabinieri, Vaticano, ceti ricchi, piccoli borghesi; l´ha chiamato Vittorio Emanuele III, 30 ottobre 1922; il governo nascente dura 20 anni, 8 mesi, 25 giorni attraverso molti rimpasti. Lo Stato totalitario escresceva nel rispetto formale dello Statuto. Adolf Hitler conquista il Reich usando meccanismi predisposti dai costituenti (Weimar, quaranta sedute, 6 febbraio-31 luglio 1919). In quattro anni, dal settembre 1930, i tedeschi votano sei volte: il partito nazionalsocialista declina dal 37.3 al 33.1% ma resta il più forte, 196 seggi su 584; adoperando lo stupido vanesio Franz von Papen, caro al moribondo presidente Paul von Hindenburg, lunedì 30 gennaio 1933 l´emergente diventa cancelliere; e in capo a 55 giorni il Reichstag gli vota i pieni poteri. Poiché la riforma contempla leggi emanate dal governo, anche devianti dalla Carta, erano richiesti i due terzi: vota sì il Centro cattolico, presieduto dal teologo monsignor Ludwig Kaas; confidente nella lettera dove Hindenburg attesta una promessa dal dittatore, che non userà quei poteri senza consultarlo; esito trionfale, 441 contro 94. Morto lo pseudogarante, 2 agosto 1934, gli succede l´ex caporale, ormai Führer, e un plebiscito 19 agosto conferma il cumulo delle cariche.

Precedenti su cui meditare nell´analisi politica italiana 2011. Le due persone stanno agli antipodi. Uno non sorride mai: disoccupato, abulico, taciturno, vendeva acquarelli; nel dopoguerra, scopertosi oratore e stregone, scende in politica elucubrando piani d´impero a Est. L´altro ride a quattro ganasce, canta, strimpella, blatera: li chiamavano «bagalùn del lüster» (lucido da scarpe), ma i modi ilari mascherano fredde viscere d´affarista gangster paranoico: epiteti rigorosamente pesati, descrivono dei fatti; ed è miscela terrificante. L´irresistibile ascesa avviene nel mondo finto delle televisioni. La sua formula è sgominare i concorrenti violando ogni regola: le menzogne gli colano come acqua d´una fontana; rampa, traffica, plagia, scrocca, falsifica, corrompe, froda; persi i protettori, salta sul carro professandosi liberale, patriota, uomo pio, defensor crucis et familiae, campione dei valori borghesi, capitano d´impresa. Siamo al diciassettesimo anno. L´avventura hitleriana ne aveva riempiti 12, finendo nel sottosuolo d´una Germania diroccata. Costui ne passa otto e mezzo al governo e v´influiva anche da fuori. S´è intessuto la tela d´una signoria plutocratica: i soldi figliano soldi; dovunque fioriscano grossi affari, non cade nel sospetto temerario chi lo supponga interessato, mentre i livelli intellettuali scendono, quelli della povertà salgono e il futuro italiano appare squallido. Mago nell´arricchirsi, considera in tale chiave la cosa pubblica.
Che l´«omnipotence de la majorité» sia pericolosa, l´aveva notato Tocqueville studiando gl´istituti americani, 1835. L´Italia 2011 è il corpo vile d´una patologia da laboratorio: due assemblee legiferano come anticamera del ricco strapotente; con quel passato aveva conti aperti e se li addomestica; non finisce mai l´elenco delle norme pro domo sua. Gliene stanno combinando tre, nella sede stravagante d´una legge comunitaria: essendosi accorciata la prescrizione, opera un secondo taglio utile agl´incensurati, in spregio all´art. 3 Cost.; affattura l´oblio dei processi pendenti; che svaniscano come non fossero mai nati, manomissione altrettanto incostituzionale; e conta d´intimidire i magistrati esponendoli all´aggressione del sedicente leso (oggi risponde lo Stato, salva rivalsa sull´autore del danno). Mediante revisione della Carta progetta pubblico ministero governativo e azione penale regolata sui beneplaciti delle Camere. Sapendosi molto vulnerabile, tre volte s´era allestita un´immunità, invalida e tale dichiarata dalla Corte. Lo serve una masnada pronta a tutto: quando dallo schermo i corifei rivendicano la «sovranità del Parlamento», lo spettacolo sta tra farsa e guignol; dopo trent´anni d´ipnosi televisiva la platea beve ogni fandonia. Nella gestione del personale politico ha pochi scrupoli: d´un colpo recluta quanti oppositori bastano a impedire la sfiducia; rispetto alle attuali le Camere fasciste erano consessi quasi seri. Lo stile berlusconiano implica feroci selezioni in peius. Qui l´entertainer barzellettiere svela un aspetto comune al tetro pittore d´acquarelli (imbianchino, lo chiamava D´Annunzio): nessuno dei due può fermarsi; puntano diritto col passo del sonnambulo. Avventura rischiosa: uno sprofonda, straccio d´uomo, appena compiuti 56 anni; avendone 19 in più, l´altro vuol insediarsi nel Quirinale, fino al 2020 et ultra, se Iddio lo conserva. Niente d´impossibile nell´Italia catalettica: a sinistra siede chi gli prestava mano; ancora pochi giorni fa dialoganti in pectore trasalivano, quando il guardasigilli baro vantava disegni d´equa riforma organica. La partita finale è un dibattimento: tenta d´impedirlo sollevando Montecitorio; mossa futile, quindi guadagnerà tempo. Le ipotesi penali hanno due nomi cospicui, concussione e prostituzione minorile. Lo scenario d´accusa evoca i Ragionamenti d´Aretino, troupes femminili mercenarie, lenoni, maîtresses, ma lui grida d´essere perseguitato dalla procura milanese, sorda «all´evidenza del ridicolo»: nella sua cultura d´imbonitore esistono ancora i giuramenti purgatori, quindi sulla testa dei cinque figli e sei nipoti giura d´essere innocente; infine, denuncia il solito complotto toghe-comunisti, nel quale convola la Consulta. Pulpiti «equidistanti» deplorano l´accanimento hinc inde (P. L. Battista, Corriere della Sera, 31 marzo 2011): «Siamo sull´orlo del precipizio»; ed è inutile dire quale sia l´uscita giusta, inchinarsi al designato dalle urne, chiudendo gli occhi su persona e gesta. Tocqueville obietterebbe qualcosa. Nel teatro italiano dell´assurdo costoro vestono livrea liberale.

 

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