Da eroe della “gauche” a usurpatore ora l’Eliseo ritrova un ruolo in Africa

Nel 2004 l’uomo forte di Abidjan tradì il vecchio alleato per consolidare il suo sistema di potere 

Nel 2004 l’uomo forte di Abidjan tradì il vecchio alleato per consolidare il suo sistema di potere 

C´è stato un tempo lontano, più di trent´anni fa, in cui Laurent Gbagbo, l´usurpatore delle ultime elezioni presidenziali della Costa d´Avorio, l´uomo a causa del quale centinaia di ivoriani stanno morendo in questi giorni, faceva figura di campione della libertà. Oppositore, imprigionato, esiliato, dottorato all´università di Parigi, uomo di cultura e di fede, era l´amico degli intellettuali progressisti ai quali ripugnava la pretesa della Francia di de Gaulle che le ex colonie fosse la chasse gardée, la “riserva di caccia” dei presidenti della Quinta Repubblica.

C´è stato un tempo in cui Laurent Gbagbo, diventato nel 2000 candidato alla presidenza della Costa d´Avorio, ha scimmiottato per i propri fini politici la propaganda più pericolosa della scena ideologica europea, esasperando gli accenti nazionalisti e identitari, sfruttando a suo vantaggio il concetto xenofobo di ivoirité, cioè di identità nazionale ivoriana, che gli consentì allora di eliminare dalla corsa alla presidenza il candidato “nordista” Alassane Ouattara, il suo rivale di oggi, riconosciuto adesso presidente dalla comunità internazionale.
C´è stato un tempo in cui Laurent Gbagbo, ormai ebbro di potere, nel pieno della guerra civile, scelse di recidere nel sangue il legame che ancora lo congiungeva alla Francia, ordinando che venisse bombardata Bouaké, città roccaforte dei ribelli dove stazionavano anche dei soldati francesi. Era il 6 novembre del 2004: nove di quei soldati perirono nei bombardamenti e per rappresaglia la Francia distrusse l´aviazione di Gbagbo. Allora Abidjan fu teatro di disordini e di una vera e propria caccia ai francesi.
C´è stato infine un tempo, ancora molto recente, in cui Laurent Gbagbo, dichiarato sconfitto alle presidenziali del dicembre scorso e rifiutandosi di accettare il risultato elettorale, è stato ostinatamente difeso da esponenti socialisti francesi, in virtù del fatto che il suo partito, il Fronte popolare ivoriano, è pur sempre affiliato all´Internazionale socialista. Così, mentre Martine Aubry, segretario del partito, lo invitava a piegarsi al verdetto delle urne e univa la sua voce a quella del suo predecessore, François Hollande, che nel 2004 aveva dichiarato Gbagbo «infrequentabile», altri lo definivano vittima di ingiusti «sospetti e denigrazioni».
C´è stato un tempo per tutto, ma adesso il tempo di Laurent Gbagbo è finito. E la Francia, che lo accolse esule, che lo difese e lo aiutò dapprima ad affermare il suo potere, oggi è la sua nemesi e gli presenta il conto rimasto in sospeso sette anni fa, bombardando il suo bunker e costringendolo a trattare la resa.
La Costa d´Avorio fu, in anni lontani, davvero la riserva di caccia di una Francia che ancora inseguiva lo status di grande potenza. Un regime stabile e saldamente alleato, un prospero modello di sviluppo economico neocoloniale, basato sulla coltivazione e sull´export di una materia prima, il cacao, destinato ad allietare i consumi di un´Europa affluente. L´uomo che incarnava quel legame, Félix Houphouet-Boigny, il padre-padrone dell´indipendenza ivoriana, era un uomo sorprendente, autoritario, colto, furbissimo, una specie di piccolo de Gaulle d´oltremare. L´odierno ritorno della Francia in Costa d´Avorio non ha nulla a che vedere con quel passato, anche se certamente ne è figlio lontano. È sicuramente frutto dell´odio per il “tradimento” compiuto da Gbagbo nel 2004, ma anche degli obblighi “umanitari” cui la presidenza Sarkozy è costretta dopo il massiccio intervento in Libia, per non essere facilmente accusata di usare due pesi e due misure in due diverse crisi africane. Forse servirà a risparmiare vite umane.

0 comments

Leave a Reply

Time limit is exhausted. Please reload CAPTCHA.

Sign In

Reset Your Password