Una bambina rom appoggiata a un filo spinato. In un campo imprecisato che sembra sempre lo stesso. Il suo sguardo interrogativo rivolto a una Storia senza fine: nelle sue iridi profilandosi i futuri campi di concentramento nazisti dove scompariranno migliaia di zingari.
Una bambina rom appoggiata a un filo spinato. In un campo imprecisato che sembra sempre lo stesso. Il suo sguardo interrogativo rivolto a una Storia senza fine: nelle sue iridi profilandosi i futuri campi di concentramento nazisti dove scompariranno migliaia di zingari.
Nelle fotografie di Jan Yoors (Archivio Yoors, New York), che si possono vedere per la prima volta in Italia nella splendida mostra “Zingari. Il presente eroico”, dal 1° al 26 Aprile alla Sala santa Rita di Roma, siamo ancora prima dell’abisso, in pieni anni ’30. Quando la libertà zingara viaggiava su carovane di legno.
Appena dodicenne, il giovane belga Yoors aveva incrociato nei sobborghi di Anversa il brulicante accampamento dei Rom Lovara. Rimasto affascinato da ragazzi scalzi, fanciulle dalle gonne floreali, notti stellate. Un suono nuovo che lo trascina, con il consenso della sua famiglia, a seguire gli mitici “zingari”. Una persona fuori dal comune, Yoors, guidata dall’intuizione di una libertà diversa. A lui è venuto da pensare vedendo il P’tit Claude dell’ultimo film di Tony Gatlif “Korkoro” (Liberté), quel bambino determinato a tutti costi a crescere da “zingaro”. Proprio come Jan: accettato, diventato rom tra i rom, che viaggerà sei anni con la “kumpania” adottiva di Pulika, di cui ritroverà sempre traccia grazie ai segni segreti lasciati sui sentieri dell’Europa occidentale e orientale.
Grazie a questo tuffo unico nella vita di carovana e alla sua piccola Kodak, abbiamo oggi centinaia di immagini – documenti viventi – dei volti, personaggi, oggetti, feste matrimoni zigani. E tanti cavalli, preziosa fonte dell’indipendenza economica dei rom Lovara. Una conoscenza diretta, dall’interno della loro cultura, che successivamente Yoors, una specie di primo studioso della lingua romanì, descriverà in due affascinanti diari, ormai classici, finalmente tradotti e usciti in Italia per la Editrice Irradiazioni: “Zingari. Sulla strada con i rom lovara” e “Crossing. Diario di sopravvivenza e resistenza al tempo della Seconda guerra mondiale”.
Jan Yoors ci racconta l’estrema libertà di un popolo, per cui le frontiere erano concetto da gagé, che da secoli attraversa i confini, in una libera circolazione modello “Schengen”… ante litteram. Ma già nei libri di Yoors si percepisce il muro della crescente ostilità dei contadini locali, dei controlli di polizia, della convivenza difficile con quei conformisti gagé che vivono senza amare il presente.
Le foto scattate tra il ’34 e il ’39 subiscono una brutale battuta d’arresto: nel 1940 Yoors si arruola nelle Forze Armate inglesi, per poi diventare agente dell’Intelligence britannica e contribuire alla rete di Resistenza anche come agente di collegamento e proprio con il mondo Rom. Tanti rom, infatti, e proprio della sua “kumpania”, svolsero ruoli attivi nella Resistenza, prima di essere catturati quasi tutti dalla Geheime Feldpolizei nel 1943.
Quegli scatti in bianco e nero, quasi “eterni”, sembrano tacitamente ammonire il nostro presente di dilagante intolleranza e retorica “anti-zingari”, espulsioni forzate, impronte digitali e campi del “Piano Nomadi”. Questa mostra per la prima volta fa uscire gli zingari dai pregiudizi, per regalarci un’immagine che si intravede raramente: la loro cultura.
Fotografie: copyright Archivio Yoors, New York
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