Nel giorno in cui Israele ripropone, in dichiarazioni del ministro degli Esteri Avigdor Lieberman, il volto dell’intransigenza, sul riconoscimento di uno Stato palestinese, dagli Archivi di Stato emerge un’anima ebrea travagliata e combattuta: documenti ora pubblicati rivelano che l’impiccagione nel 1962 del gerarca nazista Adolf Eichman fu al centro di un dibattito nazionale, fuori e dentro il governo dell’allora premier Ben Gurion, sull’opportunità o meno di eseguire la condanna a morte pronunciata nel 1961.
Nel giorno in cui Israele ripropone, in dichiarazioni del ministro degli Esteri Avigdor Lieberman, il volto dell’intransigenza, sul riconoscimento di uno Stato palestinese, dagli Archivi di Stato emerge un’anima ebrea travagliata e combattuta: documenti ora pubblicati rivelano che l’impiccagione nel 1962 del gerarca nazista Adolf Eichman fu al centro di un dibattito nazionale, fuori e dentro il governo dell’allora premier Ben Gurion, sull’opportunità o meno di eseguire la condanna a morte pronunciata nel 1961. Eichmann, rintracciato nel 1960 dal Mossad in Argentina, dove si era rifugiato nel ’50 con falsi documenti rilasciatigli in Italia, fu catturato con azione da commando e fu portato in Israele per esservi processato, condannato, giustiziato. La pubblicazione su internet di molti documenti originali da parte degli Archivi di Stato israeliani avviene nell’imminenza del 50° anniversario dell’apertura del processo, l’11 aprile 1961. I testi gettano squarci di luce sulle circostanze della cattura, del giudizio, della condanna e dell’esecuzione di uno dei responsabili dell’organizzazione della cosiddetta “soluzione finale” della questione ebraica, verso la fine della Seconda Guerra Mondiale. Eichmann, che era un ufficiale delle Ss, organizzò i convogli ferroviari che trasportarono ebrei ed altri deportati verso i campi di sterminio. Il processo ad Eichmann “resta – afferma la direzione degli Archivi – una pietra miliare nella storia di Israele e nell’atteggiamento degli israeliani sull’Olocausto”. I testi riguardano anche le ripercussioni diplomatiche dell’irrituale arresto e l’atteggiamento del governo di Ben Gurion sulla copertura mediatica dell’evento, la condanna e l’esecuzione. Proprio all’approssimarsi dell’esecuzione si aprì un dibattito persino aspro sulla opportunità di mettere, o meno, a morte Eichmann. Dirigenti politici come Levy Eshkol e Yosef Burg, filosofi come Martin Buber e Natan Rothenstreich e la “poetessa nazionale” Lea Goldberg erano contrari: gli intellettuali, in extremis, chiesero un atto di clemenza al capo dello Stato Yitzhak Ben Zvi, ma prevalse la linea dell’intransigenza del premier Ben Gurion: Eichman fu impiccato il 31 maggio 1962 e le sue ceneri furono disperse in mare. )
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