Agli uomini non interessa la verità 

I Balcani, Tito, il film «Underground» : Kusturica racconta se stesso

I Balcani, Tito, il film «Underground» : Kusturica racconta se stesso

La ricca esperienza sotto Tito, e in particolare il periodo dopo la sua morte, richiedeva un film tutto per sé. Del resto, anche Ivo Andric aveva creato le sue opere più importanti durante la guerra, pensavo senza alcuna modestia, non solo per la guerra che impazzava davanti agli occhi e infrangeva tutte le illusioni. Quel film si chiamava Underground e non era una biografia di Tito, l’immagine più forte del nostro tragico destino. Il film trattava la tragedia di coloro che credono alla televisione, quindi era sulla propaganda. Quando qualcuno avanzava dubbi su Tito e si chiedeva chi fosse quell’uomo, se si trattasse di una persona reale, un falso zar, di un millantatore come il montenegrino Šcepan Mali, non sognava neppure di porsi tragici interrogativi legati al nostro popolo. È davvero strano che un uomo che nemmeno parlava bene la lingua di coloro che governava non solo fosse glorificato, ma addirittura assurto al rango di divinità. Lì finiva la storia a proposito di Tito, perché si trattava in realtà di una storia su di noi. Non era importante chi fosse e di dove fosse lui, ma chi fossimo noi. A differenza di mio padre, per me Tito non rappresentava un problema psicologico. L’unico legame formale fra me e Tito, l’Organizzazione dei pionieri, era stato sciolto da tempo. Dato che non ero più un pioniere e avevo evitato felicemente la Lega dei comunisti della Jugoslavia, a lui mi rapportavo come appartenessi al popolo ceco. In soggiorno il nostro televisore era coperto di sputi dovuti all’insofferenza personale di mio padre nei confronti del monarca bolscevico, il compagno Tito. Qualsiasi cosa dicesse mio padre di lui, non si potevano trascurare i cinquant’anni di pace ininterrotta. Nei Balcani quella non era una conquista da poco. Tutte le sue concessioni al popolo serbo, e i compromessi fatti, non erano stati realizzati, come fossero crimini, senza la nostra assistenza. Compresi Goli Otok e il Kosovo. I critici dicevano che i suoi successi facevano parte del progresso mondiale e dello stato naturale delle cose e che la sua abilità non aveva avuto alcun ruolo. Io non ero d’accordo con questa affermazione, soprattutto per l’idea di Tito che il successo economico non si può raggiungere senza una risposta alla domanda: «Dove sono in questa storia?» quando si tratta del profitto proveniente dall’economia di guerra. Gli era stato permesso di produrre e vendere armamenti a Paesi in guerra, che poi erano i non allineati, dei quali lui era uno dei leader! Il periodo del suo regno fu l’unico nella storia del nostro Stato in cui i profitti della nostra economia statale ammontavano a qualche miliardo di dollari all’anno. Da quei profitti si creava una classe media che viveva una vita parallela a quella dell’Europa, con gli stessi standard culturali, sportivi e scientifici dei Paesi a occidente delle Alpi. Con tutti questi riconoscimenti, la vita del compagno Tito era, purtroppo, una conferma che non solo i costruttori sono inclini a costruire senza permessi. La vita del maresciallo Josip Broz era una costruzione illegale. Nella Prima guerra mondiale era giunto sul territorio dei Balcani come soldato nemico. Non importa che fosse nato a Kumrovec o al di là dei Carpazi, oppure da qualche parte che non sappiamo neppure dov’è. Come caporale austriaco sparava sui nostri patrioti, in una guerra in cui sopportammo il maggior numero di vittime e dove perdemmo due milioni di uomini. Ex soldato di un esercito austroungarico sconfitto nella Prima guerra, Tito apparve nella Seconda dalla parte dei vincitori, come in una di quelle interminabili serie televisive. Giunse sul nostro territorio dalla Russia, per preparare la resistenza contro i tedeschi. L’ex caporale austriaco sapeva come costruire un bilancino da farmacista fra i russi e gli angloamericani. Durante la guerra i tedeschi diedero la caccia a lui ma anche a Draža Mihailovic. In seguito Tito strappò la foto di Draža da quel libro di storia, in cui rimase solo lui a opporre resistenza ai tedeschi. Non fu mai spiegato come i cetnici avessero potuto collaborare con i tedeschi. Quando mai un traditore della patria se ne sta nascosto in un bosco, piuttosto che nei saloni a bere il tè con l’occupante? Nella corsa per la benevolenza di Churchill il compagno Tito superò Draža Mihailovic, perché nella sua biografia gli inglesi avevano trovato una macchia. Credeva nel panslavismo, i russi gli erano cari, ed era membro di una organizzazione panslavista della Bulgaria. Gli inglesi non glielo perdonarono. Dopo la guerra Tito divenne lo studente più brillante della guerra fredda. Subito dopo la liberazione uccise Draža Mihailovic, un patriota che aveva combattuto contro di lui nella Prima guerra mondiale e nella Seconda aveva fatto parte dell’esercito monarchico venduto dagli inglesi. Oltre a tutto il resto, Tito era la conferma del potere angloamericano nei Balcani e della loro paura di un’influenza russa in Europa. Gli fu sufficiente capirlo e comprendere che razza di leccapiedi fossimo noi, e l’intera faccenda fu, già allora, risolta a metà. Per quanto riguarda la propaganda usata da Tito in Jugoslavia, era simile proprio a quella tratteggiata nel film Underground. Se un intero popolo credeva a un uomo simile e lo seguiva come un capo a dispetto della cadenza del suo eloquio, che rivelava l’indefinita distanza da cui era giunto, perché gli spettatori non avrebbero dovuto credere alla storia di Underground? In quel film il destino gioca con un gruppo di persone rinchiuse in una cantina. Per poterle usare non viene detto loro che la Seconda guerra mondiale è finita. Viene messa in funzione una macchina di propaganda che in quello spazio chiuso è perfettamente efficace. I reclusi credono che là fuori il potere sia nelle mani dei nazifascisti e che un giorno arriverà la libertà. E questa, se si considerano i metodi con cui si governa, non è neppure una grande menzogna. Solo che gli spazi per un’azione del genere non sono altrettanto definiti. Il nazifascismo regna giù nella cantina dove sono rinchiusi quegli uomini che credono che la Seconda guerra mondiale non sia ancora finita, oppure in superficie? L’uomo non potrebbe accettare menzogne così grandi se la menzogna non avesse i suoi anticorpi. Sia nel caso di Tito, sia nella storia di Underground. Gli uomini mentono da quando dicono la verità e difficilmente saprebbero che cos’è la verità se non mentissero. Il problema è che oggi il concetto di verità non è un fatto così emozionante in un mondo in cui gli istinti riproduttivi, secondo Freud, e gli istinti di sopravvivenza, secondo Jung, sono sostituiti dal denaro e dalle merci: oggi sono queste scintille che mettono in moto la macchina umana. È un po’ noiosa quella verità, non si addice alla maggioranza degli abitanti del nostro pianeta, non è un grande tema nelle nostre vite. E nella storia ancor meno.

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