Una camera della morte in Ohio

Il rapporto annuale dell'organizzazione segnala 527 condanne a morte eseguite l'anno scorso, ma sono esclusi i dati della Repubblica popolare. Pechino "continua a mantenere il segreto", ma i giustiziati sono "migliaia" ">

Amnesty, esecuzioni in calo nel 2010. Il maggior numero sempre in Cina

Amnesty, esecuzioni in calo nel 2010 Il maggior numero sempre in Cina

Amnesty, esecuzioni in calo nel 2010 Il maggior numero sempre in Cina Una camera della morte in Ohio

Il rapporto annuale dell’organizzazione segnala 527 condanne a morte eseguite l’anno scorso, ma sono esclusi i dati della Repubblica popolare. Pechino “continua a mantenere il segreto”, ma i giustiziati sono “migliaia”

Amnesty, esecuzioni in calo nel 2010 Il maggior numero sempre in Cina Una camera della morte in Ohio

Il rapporto annuale dell’organizzazione segnala 527 condanne a morte eseguite l’anno scorso, ma sono esclusi i dati della Repubblica popolare. Pechino “continua a mantenere il segreto”, ma i giustiziati sono “migliaia”

ROMA – Diminuisce nel mondo il ricorso alla pena di morte e anche nel 2010 il maggior numero di esecuzioni si registra in Cina, il Paese in cui sono state messe a morte più persone che in tutti gli altri 57 in cui la pena capitale è ancora in vigore. Dal rapporto annuale di Amnesty International emerge che sebbene nel 2010 siano stati 23 i Paesi che l’hanno applicata, quattro in più rispetto al 2009, il numero delle esecuzioni è stato di almeno 527, contro le almeno 714 dell’anno precedente. Tuttavia, dal conteggio sono escluse le condanne eseguite in Cina, dove Amnesty ritiene siano “migliaia”.

Il governo di Pechino “continua a mantenere il segreto sul proprio uso della pena di morte”, ma “si ritiene” che siano “migliaia” i giustiziati “per un ampio spettro di crimini, che include anche delitti commessi senza violenza, e attraverso procedimenti estranei ai giusti standard occidentali”.

Secondo il rapporto, le esecuzioni l’anno scorso si sono concentrate soprattutto in due regioni, “Asia e Medio Oriente”, dove “una minoranza di Stati che continua sistematicamente ad applicare la pena di morte è responsabile di migliaia di esecuzioni, sfidando il trend globale contro la pena capitale”.

Tra i Paesi che hanno utilizzato di più il boia, oltre alla Cina figurano l’Iran con “almeno 252” esecuzioni, la Corea del Nord (almeno 60) e lo Yemen (53). Al quinto posto, seguiti dall’Arabia Saudita (27 esecuzioni) si collocano invece gli Stati Uniti, con 46 giustiziati, mentre 110 sono state le condanne capitali inflitte, pari comunque a “un terzo” delle sentenze di questo tipo pronunciate “nella metà degli anni Novanta”.

Un “certo numero di Paesi”, evidenzia ancora Amnesty, “continua a prevedere condanne a morte per delitti legati a droga, crimini economici, relazioni sessuali tra individui consenzienti, blasfemia”. In Iran “una persona è stata messa a morte per un crimine commesso quando era minorenne, 14 persone sono state giustiziate in pubblico”, mentre “sarebbero più di 300” le esecuzioni non ammesse da Teheran di cui però Amnesty ha avuto “credibili” testimonianze, gran parte delle quali provenienti dalla prigione di Vakilabad, a Mashhad. In Guinea Equatoriale, invece, “quattro uomini sono stati messi a morte a una sola ora dalla sentenza emessa da una corte militare”.

Ma il 2010, sottolinea il rapporto, ha registrato anche significativi sviluppi verso “l’abolizione globale” della pena capitale. Il presidente della Mongolia, ad esempio, “ha annunciato una moratoria sulla pena capitale” e per la “terza volta” l’Assemblea Generale dell’Onu si “è appellata ad una moratoria globale contro le esecuzioni”. “Un mondo senza la pena di morte non è solo possibile, è inevitabile. La domanda è, quanto tempo ancora ci vorrà?”, è la conclusione di Salil Shatty, segretario generale dell’organizzazione internazionale per i diritti umani.

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