Al voto il 12 giugno . Acqua sì, nucleare no in piazza i referendari “Il quorum è possibile” . Esultano i promotori: siamo 300 mila . Il caso Enna: con la privatizzazione idrica tariffe più alte e servizio peggiorato. Al corteo pochi politici: Realacci, Vendola, Bonelli, Orlando. Sfilava padre Zanotelli
Al voto il 12 giugno . Acqua sì, nucleare no in piazza i referendari “Il quorum è possibile” . Esultano i promotori: siamo 300 mila . Il caso Enna: con la privatizzazione idrica tariffe più alte e servizio peggiorato. Al corteo pochi politici: Realacci, Vendola, Bonelli, Orlando. Sfilava padre Zanotelli
ROMA – Davanti una ragazza che avanza con il cartello «Chi vuole privatizzare l´acqua deve dimostrare di essere il padrone delle nuvole». In fondo lo striscione di Greenpeace «il nucleare è una pericolosa perdita di tempo». In mezzo il popolo dell´acqua e dell´energia pulita, con l´istituzionalità degli stendardi dei Comuni e delle Regioni e con la fantasia dei gruppi di base: gli attivisti del Wwf sui pattini, le band con le trombe e i tamburi, una coda del Carnevale di Viareggio, tanti cappelli a forma di rubinetto, gocce blu dipinte sui visi.
Ieri pomeriggio il centro di Roma è stato occupato dal movimento per i due sì nel referendum del 12 e 13 giugno a difesa dell´acqua pubblica e per il sì al quesito contro il piano nucleare del governo. La testa del corteo è arrivata a San Giovanni quando la coda era ancora a Termini. Un fiume di persone (300 mila secondo gli organizzatori) e di sigle che riassumono sei anni di capillare costruzione della rete dei comitati per l´acqua pubblica e un percorso più breve, ma molto intenso, per bloccare la costruzione delle centrali atomiche previste dal piano italiano.
In piazza pochi politici (Ermete Realacci, Roberto Della Seta e Fabrizio Vigni per il Pd, Nichi Vendola per la Sel, Leoluca Orlando dell´Idv e il presidente dei Verdi Angelo Bonelli), molti rappresentanti del volontariato (da Emergency a padre Zanotelli), delle associazioni ambientaliste (Legambiente, Wwf, Greenpeace), dei sindacati, di Sos rinnovabili, il movimento dei dipendenti del settore che difende 150 mila posti di lavoro. E una rappresentazione geografica completa dei problemi creati dalla rinuncia alla gestione pubblica dell´acqua e dal fantasma di una ripresa nucleare: nei cordoni del corteo si sono trovati fianco a fianco sindaci di centrodestra e centrosinistra a scambiarsi informazioni sui disastri prodotti dalla privatizzazione forzata. Il guinness della cattiva amministrazione idrica è stato rivendicato dalla delegazione di Enna: con il passaggio ai privati le tariffe sono arrivate fino a 2 euro e mezzo a metro cubo e il servizio è peggiorato.
Le 70 associazioni del comitato “Vota sì per fermare il nucleare” hanno invece sfilato dietro lo striscione «Fukushima, Chernobyl, Three Mile Island: il nucleare sicuro è una bugia». A tenere banco è stata la protesta contro la moratoria decisa dopo l´incidente in Giappone. «Subito dopo Fukushima c´è stata la passerella dei ministri che invitavano ad andare avanti come se nulla fosse», ricordano Della Seta e Vigni. «Solo quando l´Europa ha deciso di frenare sul nucleare è arrivata la correzione di rotta. Ed è arrivata in maniera truffaldina, con un rinvio di un anno nella speranza che la memoria degli italiani sia molto corta».
Se il corteo ha dimostrato che dietro gli oltre 2 milioni di firme raccolte c´è un movimento vivace, restano aperti due problemi. Il primo è la sfida del quorum da raggiungere a giugno («Un´impresa non impossibile, ma molto difficile», ha detto ieri Realacci). Il secondo è la definizione di un progetto in positivo. Negli anni Ottanta l´Italia ha già sprecato, per mancanza di progettazione e di affidabilità del sistema pubblico, una posizione di leadership nelle fonti energetiche pulite. Ora, proprio mentre la via del nucleare si fa sempre più ardua e petrolio e gas sempre più incerti, il governo ha smantellato le politiche di sostegno alle rinnovabili: senza un rapido cambio di rotta che ci spinga in direzione dell´Europa rischiamo le sanzioni di Bruxelles (mancato raggiungimento della quota di rinnovabili) e un deficit energetico.
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