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"Ero militante di Potere Operaio e ho pagato tutte le mie colpe"

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“Ero militante di Potere Operaio e ho pagato tutte le mie colpe”

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“Ero militante di Potere Operaio e ho pagato tutte le mie colpe”

LA STAMPA DI VERBANIA DEL 15 MARZO SCORSO PRESENTA UN’INTERVISTA A GIORGIO SCROFFERNECHER

di IVAN FOSSATI da VERBANIA

Giorgio Scroffernecher è l’uomo scelto dal sindaco Marco Zacchera per dare un futuro al Museo del Paesaggio dopo le polemiche dei mesi scorsi e l’abbandono di Philippe Daverio. E’ anche un manager industriale (gruppo Cover) e una persona di fiducia del mondo della filantropia di origine bancaria essendo stato tra i promotori della Fondazione Comunitaria, di cui oggi è consigliere. Ma Scroffernecher ha un passato «scomodo», che pochi conoscevano nel Vco, nell’estremismo rosso post 1968. La «bomba» è scoppiata con un messaggio di posta elettronica inviato a diversi indirizzi del Comune e scritto probabilmente da qualcuno che in questo modo pensava di fermarne l’ascesa pubblica.

Cosa c’è di vero?

«Alla fine degli Anni 60, primi Anni 70, ho fatto parte di Potere Operaio, a Milano. Per questo sono stato imputato nel processo cosiddetto del “7 aprile” sia pur con un ruolo molto marginale, come infatti era stato nella realtà. Sono anche stato condannato per partecipazione a banda armata secondo la lettura politica e giudiziaria che i giudici dell’epoca hanno dato a quella formazione extraparlamentare».

Una ricostruzione che si fatica ad accostare allo Scroffernecher di oggi.

«Sono passati 40 anni! Quando sono stato imputato, era la fine degli Anni 70 e l’inizio dell’epoca dei pentiti, io ero da tempo un imprenditore del tutto disinteressato alla politica ed esplicitamente contrario al terrorismo, che ritenevo una deviazione violenta delle nostre originali idee del ’68. Il pentitismo ha sicuramente contribuito a battere il terrorismo ma ha avuto i suoi effetti collaterali, anche molto dolorosi».

Ha scontato la pena ed è un uomo libero a ogni effetto, però i fatti contestati sono gravi.

«Ho anche conosciuto il carcere, che ho vissuto praticando yoga e meditazione. I carabinieri mi hanno chiamato al telefono per arrestarmi e mi sono presentato spontaneamente. Sapevano chi ero e quanto poco centrassi con quello che succedeva in quegli anni di piombo. Ho pagato senza lamentarmi».

Sperava che il suo passato fosse cancellato e che soprattutto non venisse usato in vicende pubbliche?

«Ho sempre condiviso le mie vicende con le persone a me vicine. Non mi sono mai vergognato della mia storia che ritengo anche la storia di una generazione che desiderava un mondo migliore e che pure ha commesso molti errori. La mia esperienza nel suo insieme è stata per me la lezione più istruttiva e più profonda della vita. Questa storia è un fatto personale perché, infatti, guardandola come ora sta accadendo come un fatto penale non si ha la lettura autentica. E’ evidente che chi ha voluto divulgarla così grossolanamente intendeva ferire e interferire e sinceramente non riesco a spiegarmi tanta malvagità».

Che ruolo ha avuto in quegli anni, a quali azioni ha partecipato?

«La mia storia politica è quella di Potere Operaio. L’imputazione penale vera e concreta che mi corrisponde è quella di aver partecipato a una esercitazione di tiro con la pistola sugli altopiani di Asiago in un tiro a segno improvvisato. Da questo i correlati di implicazione “morale” con i reati dei coimputati, inclusi quelli usciti da Potere Operaio per formare un’altra banda, questa sì terrorista, alla quale non ho mai partecipato».

E’ vero che è stato coinvolto in un sequestro di persona?

«Non ho mai partecipato ad azioni terroristiche di nessun tipo, non ho mai commesso atti violenti contro la persona».

Che rapporti ha avuto con Toni Negri e Cesare Battisti?

«Toni Negri era il leader del mio gruppo e l’ho conosciuto molto bene, diciamo che è stato il mio “cattivo maestro”. Battisti l’ho conosciuto in carcere e posso raccontare che mi ha chiesto di insegnargli a praticare yoga perché era stressato. Certo Battisti era molto diverso da Negri».

Dalle armi alla Fondazione Comunitaria all’associazione «Essere gentile». Rimorsi per le scelte giovanili?

«Non sono mai stato armato. A 24 anni, ed era il 1975, gli anni di piombo non erano ancora del tutto in essere, ero già imprenditore con clienti molto importanti. In ogni caso tutto insegna e attraverso le esperienze dure si impara a vivere e a conoscere il valore autentico di se stessi e delle persone che si incontrano. Non ho rimorsi. Il mondo che avrei desiderato quando avevo vent’anni era certo migliore di questo che stiamo vivendo. Questo non toglie nulla alla negatività terrificante degli anni di piombo che per fortuna hanno avuto l’esito storico che conosciamo».

Continuerà l’impegno con il Museo del Paesaggio o l’uscita di queste notizie cambierà le sue scelte?

«Gli impegni che ho sempre avuto nella società civile, da tanti anni a questa parte, sono semplicemente un modo per offrire quanto ho a disposizione, per talento, disponibilità creativa e operativa. Io resto a disposizione. Capisco bene che certe notizie portate in modo insultante e volutamente denigratorio possono mettere in imbarazzo chi mi ha dato incarichi importanti, e per questo sono molto dispiaciuto. Se mi chiedono di farmi da parte hanno tutta la mia comprensione».

Ne ha parlato con Zacchera?

«Quando mi hanno proposto la candidatura al consiglio del museo ho detto al sindaco dei miei precedenti. Lui mi ha chiesto se avevo ancora dei sospesi, ho risposto che non ne ho più da 30 anni e che quelli vecchi li avevo pagati interamente senza sconti. Lui ha concluso: “E allora tirem innanz“».

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